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La crescita del terzo trimestre segna +4,9% e fa tornare quella dei nove mesi a +0,7%. Macquarie stima +2% per l’intero 2020. E per i gestori è tempo di puntare sull’equity cinese
Il termometro Pil segnala che la Cina è ufficialmente guarita dal Covid. La conferma è arrivata dalla pubblicazione dei dati relativi al terzo trimestre dell’anno che, seppure lievemente inferiori alle stime degli analisti, evidenziano come l’economia di Pechino abbia allungato il passo nella fase post pandemica mettendo a segno una crescita del 4,9% su base annua, in aumento sul 3,2% dei tre mesi precedenti, e del 2,7% su base congiunturale.
Il dato fa sì che, mentre il resto del mondo si accinge a tornare in terapia intensiva, l’economia cinese archivi ogni indizio del virus, con la crescita di gennaio-settembre che torna positiva e segna un rialzo dello 0,7%. Dopo lo storico tonfo a -6,8% di gennaio-marzo, Pechino ha infatti ritrovato la fase espansiva salendo del 3,2% ad aprile-giugno e, appunto, del 4,9% a luglio-settembre. Quest’ultimo dato, anche se inferiore al 5,2% atteso dagli analisti (il dato congiunturale è più basso dell’11,5% precedente e del 3,2% stimato alla vigilia), rimarca un passo della ripresa post pandemia consolidato: la Cina è l’unico Paese indicato dall’Fmi in crescita nel 2020, a +1,9% secondo le stime diffuse la scorsa settimana.
Non solo: positivi sono anche tutti gli altri indicatori. La produzione industriale segna un rialzo annuo del 6,9%, in accelerata sul 5,6% di agosto, mentre le vendite al dettaglio salgono a settembre del 3,3%, contro il +0,5% di agosto, segno che sono i consumi al momento il vero motore del Paese.
Ora, secondo le previsioni degli economisti di Macquarie, il Pil cinese potrebbe aumentare di circa il 5,5% su base annua nel quarto trimestre e raggiungere un picco del +15% nel primo trimestre del 2021. Dati che, stando agli esperti, indicano come il Paese sia sulla buona strada per registrare una crescita del Pil del 2% quest’anno e dell’8,5% il prossimo. “I dati economici di settembre della Cina sono stati incoraggianti, poiché la produzione industriale è tornata ai livelli visti a dicembre 2019”, affermano gli economisti, secondo cui ora il governo sta adottando un approccio politico attendista e non dovrebbero esserci stimoli significativi.
Dopo la diffusione dei dati, i listini cinesi hanno chiuso in lieve ribasso, “un po’ delusi” rispetto alle attese, secondo Iris Pang, chief economist greater China di Ing. Tuttavia per l’esperta “il mercato dovrebbe recuperare queste perdite quando avrà il tempo di digerire la sostanza del rapporto sul Pil invece di limitarsi alle prime apparenze”. Nello specifico, infatti, il “grande balzo delle vendite al dettaglio mostra che i consumi si sono ulteriormente stabilizzati e vi sono state anche prove di una maggiore spesa da parte delle imprese”, spiega Pang, che sta rivedendo “le previsioni del Pil cinese all’1,7% dallo 0,7% per l’intero 2020, mentre la previsione per il 2021 è rivista al rialzo al 7,0% dal 3,5%”.
Guarda più lontano Giacomo Calef, country manager di Notz Stucki, secondo cui la Cina è ora il posto in cui investire anche in virtù del fatto che Pechino sta cercando di sfruttare questo vantaggio per restringere il divario con altri Paesi industrializzati, Usa in primis, incrementando la propria posizione di potenza economica nel contesto globale.
“Secondo i dati ufficiali del 2019, il saldo del Pil Usa al 31 dicembre scorso era pari a circa 21mila miliardi di dollari e quest’anno potrebbe scendere del 4,3% circa in base alle ultime stime del Fondo Monetario Internazionale. Nel caso della Cina, invece, il Pil al 31 dicembre 2019 si attestava a circa 14mila miliardi e, si presti attenzione, quest’anno dovrebbe vedere una crescita dell’1,8%”, sottolinea l’esperto, che ricorda come questa settimana sono usciti i dati delle importazioni a settembre, che hanno raggiunto livelli record salendo del 13,2% nel mese, rappresentando un chiaro segnale di ripresa economica.
Una ripartenza che per Calef è dovuta anche ad una ripresa degli spostamenti interni. “Mentre le compagnie aeree di tutto il mondo stanno lottando per rimanere a galla dopo che i governi sono stati costretti a dover chiudere le frontiere, una ripresa dei voli domestici in Cina ha migliorato il sentiment nei confronti del settore, con oltre 13 milioni di passeggeri che hanno viaggiato durante la recente Festa Nazionale della Repubblica Popolare – osserva ancora -. Si pensi che addirittura la China Southern Airlines, una delle principali compagnie aeree cinesi, giovedì ha aperto sottoscrizioni per 16 miliardi di yuan ($ 2,4 miliardi) delle sue obbligazioni convertibili, con l’obiettivo di raccogliere un ammontare significativo di capitali freschi per il proprio business”.
Pertanto, nell’ottica di migliorare la diversificazione delle proprie posizioni in portafoglio, per Calef si potrebbe valutare “una moderata esposizione verso l’equity cinese dato che, oltre ad essere rappresentato dalla forza del settore tecnologico, da inizio anno sta ottenendo dei guadagni importanti: l’indice di Shanghai, che raggruppa le principali società cinesi per capitalizzazione, sta totalizzando il +9% circa”, conclude.
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