Crescita, l’Italia c’è. Via alle politiche sul capitale umano
La ripresa è “certificata” dal Centro Einaudi nel suo XXII Rapporto sull’economia globale. A spingere l’economia italiana è soprattutto il giro di boa del debito pubblico
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La parola d’ordine per il futuro? Sostenibilità. Ne è convinto Carlo Bonomi, presidente Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza, intervenuto a Milano giovedì 25 gennaio in occasione della presentazione del XXII Rapporto sull’economia globale e l’Italia realizzato dal Centro Einaudi in collaborazione con Ubi Banca. “Nel documento di quest’ anno non si parla più di crisi, ma di crescita – ha spiegato Bonomi – Una crescita strana però, che porta tanti squilibri. Per questo è necessario un’economia sostenibile per cercare di colmare le diseguaglianze”.
Anche Letizia Moratti, presidente del consiglio di gestione Ubi Banca, chiede di “ripensare al modello economico basandosi sulla sostenibilità finanziaria, sociale ed ambientale. Per affrontare questa sfida le banche possono giocare un ruolo importante attraverso la qualità del credito, premiando le aziende solide che hanno un piano industriale robusto”.
Focalizzandosi sull’Italia, invece, Mauro Deaglio, curatore del Rapporto, ha parlato dei progressi fatti in questi anni: “Il tasso di crescita del debito pubblico è sceso e quello del Pil è salito. Da due-tre anni siamo in una zona in cui il tasso del debito è pari a quello del Pil. Se il tasso del Prodotto interno lordo riuscisse a superare quello del debito avremmo svoltato. Abbiamo fatto passi in avanti e potremmo riuscirci già da quest’anno. Nel frattempo l’occupazione è ripartita. Abbiamo avuto da gennaio 2104 a novembre 2017 un milione di posti di lavoro in più”. Anche se “sono dei posti di lavoro non sempre a lungo termine. Per averli ci vorrebbe un’economia con delle prospettive di crescita che non si fermano a 18-24 mesi”. Discrete notizie anche dall’industria. Deaglio riconosce “la ripresa degli ultimi anni, non ancora sufficiente però per raggiungere i Paesi europei più avanzati”. Secondo l’economista, “l’Italia riuscirà ad avere un futuro economico stabile nel quadro europeo, se crescerà tra il due e il 2,5% all’anno per i prossimi dieci anni”. Un tasso del genere rivitalizzerebbe tutta l’economia: “Avremmo una diminuzione del tasso del debito sul Pil e rientreremmo nella media europea dei debiti e otterremmo un aumento dai 250mila ai 300mila occupati in più all’anno: in dieci anni risolveremmo il problema dell’occupazione”. La ricetta per ottenere una tasso di crescita così importante? “Ci vuole il turbo delle opere pubbliche. Le infrastrutture, scuole su tutte, sono ridotte in pezzi. Abbiamo creato un sistema che blocca lo sviluppo delle opere pubbliche: le salvaguardie per impedire le infiltrazioni criminali e mafiose sono doverose, ma se applicate senza un criterio si ferma tutto. In ogni caso, riconosce Deaglio, la realtà si presenta più dura: “Nei prossimi anni, secondo le stime attuali, l’Italia crescerà meno dei Paesi europei più sviluppati: con un tasso dell’1,6 per cento – conclude amaro – non andiamo da nessuna parte”.