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Per i gestori il rischio finanziario di un default è limitato e quello economico è gestibile dalle autorità politiche e monetarie. Sui mercati, occhio alla volatilità e alle possibili occasioni
Dopo un lunedì nero a livello globale, i mercati sembrano tirare il fiato e inquadrare meglio i timori per le ripercussioni di un probabile default di Evergrande, il gigante immobiliare cinese. A placare gli animi è stata anche S&P, secondo cui Pechino non fornirà “alcun supporto diretto” al property developer. Per gli analisti Usa, infatti, il governo sarebbe costretto a intervenire solo se ci fosse un contagio di vasta portata che causasse il fallimento di molti importanti sviluppatori, ponendo rischi sistemici all’economia. Ma con tutta probabilità non sarà così e“gli effetti negativi diretti sui progetti di altri importanti player sarebbero gestibili, anche in uno scenario predefinito”, mentre le banche sarebbero in grado di gestire il colpo. Dunque non vi sarà alcun bailout: Evergrande non è ‘too big to fail’, anche se sarebbe la più grande bancarotta aziendale nella storia del Dragone.
Resta il fatto che un fallimento del gruppo cinese di ripercussioni, anche se non alla Lehman Brothers, ne avrebbe. E che questa situazione è la spia di un business model del settore che per anni si è basato sulla combinazione di alta leva finanziaria e prezzi delle case in rialzo. “Quando il governo cinese ha deciso di limitare, in maniera improvvisa, il leverage del settore e la crescita dei prezzi, i real estate developers sono entrati in stress finanziario, soprattutto Evergrande, tra i più indebitati con circa 300 miliardi di dollari di debiti”, spiega Gabriele Foà, co-portfolio manager Algebris Global Credit Opportunities Fund.
Inevitabile quindi che le limitazioni imposte dal governo si estendano ad altri developers con alta leva finanziaria, e che il crollo dei prezzi dei bond renda difficile il rinnovo del debito in scadenza. “All’interno del settore sarà dunque possibile vedere altre situazioni sotto stress. Il mercato però sta già prezzando uno scenario di stress settoriale, e anche gli emittenti con rating più alto (BB) offrono ora rendimenti in dollari al di sopra del 10%”, sottolinea il portfolio manager.
Detto questo, il rischio finanziario è probabilmente limitato. Secondo uno studio di JP Morgan, i prestiti del settore bancario a Evergrande rappresentano lo 0,2% dello stock di prestiti totale, e l’intero settore rappresenta il 7%. “Inoltre – aggiunge Foà -, i policymakers cinesi hanno ampio spazio di supporto al settore bancario, tramite una elevata capacità di estendere liquidità e un alto livello di riserve). Infine, l’esposizione al settore da parte delle grandi banche americane e europee è limitata. Alcuni fondi hanno esposizione più rilevante ma anche capacità più elevata di gestire volatilità”.
Diversa la questione, invece, per il rischio economico, potenzialmente più elevato dal momento che il settore rappresenta circa il 15% del Pil del Dragone. “Se lo stress dovesse dunque estendersi a molti altri player del settore il rischio di un rallentamento sarebbe tangibile, con forti conseguenze sull’economia globale”, avverte il portfolio manager, secondo cui comunque un forte rallentamento troverebbe rapidamente la reazione delle autorità cinesi. “In estate – argomenta -, la Pboc ha cominciato a espandere la politica monetaria ai primi segnali di rallentamento nei dati. Lo spazio fiscale e monetario in Cina è maggiore che nei principali Paesi avanzati, e una reazione a sostegno dell’economia potrebbe non tardare ad arrivare”.
Non vede un rischio Lehman neppure il team Cee & Global Emerging Markets di Raiffeisen Capital Management, secondo cui tutto indica che le priorità di Pechino sono la minimizzazione delle onde d’urto e i danni collaterali per i fornitori, i clienti, il sistema bancario e le imprese di costruzione. “Lo scenario di una ‘detonazione controllata’ sembra ancora il più probabile, con l’inevitabile avvertimento che ci potranno sempre essere complicazioni impreviste ed effetti a catena in tali costellazioni – spiegano gli analisti -. Tuttavia, le condizioni sono abbastanza buone affinché il sistema finanziario e il mercato immobiliare ne escano senza grossi danni”.
D’altra parte, il governo sta cercando da molto tempo di ridurre o prevenire l’eccessivo indebitamento delle società immobiliari, sia per la preoccupazione per la stabilità del sistema finanziario, sia al fine di rallentare la tendenza al rialzo dei prezzi immobiliari, e per gli esperti di Raiffeisen Capital Management ‘pagare la cauzione’ rappresentata da Evergrande manderebbe il segnale sbagliato al mercato.
Ciò non toglie che la crescita del credito e l’attività edilizia potrebbero risentirne, con corrispondenti conseguenze negative per l’economia e i prezzi delle materie prime. “Lo scenario più probabile, tuttavia, rimane che il credito e lo stimolo fiscale guadagneranno slancio verso l’alto nel quarto trimestre e che l’economia cinese si riprenderà nella prima metà del 2022”, affermano.
Intanto il mercato ha cominciato a correggere, ma per Foà i livelli delle valutazioni sono tutt’altro che interessanti, soprattutto sul credito. I principali indici globali hanno corretto 2-3%, ma partendo dai massimi degli ultimi 12 mesi. Il credito ha allargato di circa 10bp, e gli emittenti di qualità minore hanno perso circa 1-2 punti. L’equity europeo e americano continuano a trattare, rispettivamente, a 21 e 16 volte gli utili, 20-30% sopra la media storica. Il credito americano e europeo scambiano allo spread più basso degli ultimi cinque anni. “Le valutazioni rimangono dunque tutt’altro che interessanti, a eccezione del mercato cinese, epicentro del problema – conclude -. Il rischio di contagio sistemico resta dunque basso, ma la volatilità non ha ancora generato un entry point interessante sulle principali asset class. Manteniamo dunque un posizionamento cauto e pronto a prendere le opportunità che il mercato ci dovesse offrire”.
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