Un terzo della ricchezza italiana è in mano agli over 65. Ma gestire i portafogli non basta più: per Massari (Aipb) i consulenti dovranno diventare i ‘navigatori’ della longevità. Ecco come
Antonella Massari, segretaria generale di Aipb
Un terzo della ricchezza italiana è in mano a persone over 65. Basterebbe questo dato per capire quali opportunità – e quali cambiamenti – si profilano all’orizzonte dell’industria del wealth management. A fare il punto è la segretaria generale di Aipb, Antonella Massari, secondo cui riconoscere nella consulenza patrimoniale uno strumento per affrontare i temi posti dall’invecchiamento della popolazione e dall’allungamento dell’aspettativa di vita rappresenta contemporaneamente un beneficio per la società e un grande occasione per gli addetti ai lavori.
Complessivamente le famiglie italiane detengono 3.450 miliardi di euro di ricchezza finanziaria investibile. Di questa, il 31%, ovvero 1.080 miliardi di euro, fa capo a famiglie il cui decisore ha più di 65 anni. La generazione che comprende la fascia d’età inclusa tra i 45 e i 65 anni detiene 1.400 miliardi di euro (40% del totale) e sarà la prossima a doversi occupare di come affrontare la propria longevity.
Non solo. Dalle recenti ricerche di Aipb sulle famiglie benestanti emerge che le generazioni più giovani condividono con gli over 65 la preoccupazione per la trasmissione del patrimonio, ma non quelle per il futuro. “Gli over 65 sono meno sensibili, probabilmente poiché si sentono ancora tutelati da due pilastri, la famiglia e l’attuale sistema di welfare, che dal loro punto di vista rappresentano un’assicurazione”, osserva la Massari.
Nella prospettiva della longevità, inoltre, il 46% del campione sotto i 54 anni dichiara che la maggiore preoccupazione è la tutela delle fonti di reddito. Percentuale che aumenta al 50% per gli under 44. Condivisi sotto i 54 anni i timori per la salute, che è una priorità per il 43%. Infine, per un terzo del campione circa, la costruzione di un futuro solido costituisce un problema da affrontare subito.
“Affrontare in maniera efficace le problematiche legate alla longevità significa tenere conto della complessità dei nuovi assetti sociali e familiari e impone una conoscenza intima del cliente e delle sue esigenze in costante evoluzione – avverte quindi la Massari -. Una caratteristica, quest’ultima, che è una prerogativa dei consulenti finanziari che si sono guadagnati nel tempo la fiducia dei propri clienti con relazioni che nella media hanno una durata di 15 anni e si fondano su confronti con cadenza mensile”.
Per la numero uno dell’Associazione italiana private banking c’è una consapevolezza che accomuna i professionisti del wealth management e riguarda l’evoluzione inevitabile che il loro compito ha avuto negli anni: da semplici gestori di portafogli, a fornitori di fiducia di servizi extra-finanziari in grado di gestire, conciliandoli, cicli di vita privati e professionali.
“Questo passaggio significa considerare il patrimonio da parte della clientela non come l’unico strumento che deve essere sempre a disposizione per far fronte alla copertura di rischi inattesi, ma come mezzo da gestire per far fronte in misura preventiva, ad esempio, ai problemi pratici legati all’età che avanza come l’autosufficienza, la solitudine, l’adeguatezza abitativa, la garanzia di una rendita adeguata”, spiega la Massari, secondo cui la messa a punto di soluzioni per queste eventualità lascerebbe più spazio per investimenti di lungo periodo, con un minor grado di liquidità ma con rendimenti sicuramente più elevati. E allo stesso tempo libererebbe l’investitore dall’ansia generata dalle fluttuazioni dei mercati finanziari.
“Per fare questo – avverte – , il consulente dovrebbe assumere il ruolo di ‘navigatore’ della longevità, aiutando le famiglie a trovare le risposte alle domande che più le preoccupano e proponendo il giusto mix tra soluzioni, finanziarie e non, che il settore ha a disposizione”.
Ma purtroppo, come sottolinea la numero uno dell’Aipb, sembra troppo poco il tempo dedicato negli incontri periodici tra il cliente e il consulente ad argomenti diversi da quelli strettamente finanziari e che riguardano in maniera più ampia le prospettive della famiglia (solo due volte su 10) e la pianificazione complessiva della ricchezza (una volta su 10).
“Affinché il consulente diventi mediatore culturale sulla gestione del patrimonio in un’ottica di lungo periodo e infra-generazionale – sottolinea -, gli sarà richiesto uno sforzo non indifferente, sul quale dovrà avere il pieno sostegno dalle strutture centrali in termini formativi e di prodotti, perché si renderà necessario passare dal parlare di finanza al parlare di persone”.
Insomma, il private banking sarà chiamato ad aiutare il cliente a ragionare e ad acquisire consapevolezza, in modo sereno e ponderato, sul futuro che lo aspetta e sui momenti che potrebbero incidere nella vita futura sua e della sua famiglia. “La pensione è, infatti, solo uno dei tanti step e non per forza determina il passaggio da attività ad inattività. Ci sono poi tutti i temi di salute, i progetti di vita, l’assetto familiare e altri ancora. Un vero e proprio cambio di paradigma: la finanza dovrà diventare il mezzo e non il fine”, conclude la Massari.
Banche e intermediari attraversano questa fase consapevoli che si tratta di un’occasione unica per l’evoluzione del proprio business model e che si trovano nella posizione migliore per coglierla
L’amministratore delegato del Gruppo spiega a FocusRisparmio il significato strategico della nascita di Ersel S.p.A. Dall’integrazione fra Ersel SIM e Banca Albertini e i piani per la crescita futura, sia in termini di base di clientela che di organico.
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