Piazza Affari da record nel 2021
Assosim: Ftse Mib +23% ai massimi dal 2008, Ftse Italia Star +44,70%, miglior risultato della sua storia. Obbligazionario in difficoltà. Fineco in testa nell’azionario, Akros e Intesa nei bond
4 min
Da quando Vladimir Putin ha dato avvio all’assalto dell’Ucraina, Piazza Affari è stata tra le borse che hanno pagato il prezzo più alto. Colpa soprattutto della dipendenza italiana dalle materie prime russe e ucraine e della forte predominanza delle banche sul listino. Anche se le indiscrezioni sul fatto che Bruxelles sta studiando l’emissione di Eurobond di guerra e la notizia delle aperture di Pechino per “trovare insieme” una soluzione al conflitto hanno ridato fiato agli indici, il bilancio del conflitto per Milano resta pesantissimo.
Venerdì scorso l’Ftse Mib ha chiuso con un tracollo del 6,24% a 22.464 punti, bruciando 36 miliardi in un solo giorno, per un totale di quasi 84 miliardi andati in fumo dal primo attacco russo all’Ucraina. Dalla chiusura dello scorso 23 febbraio, l’indice ha ceduto il 13,45% e il 19,63% da inizio anno, riportandosi sui livelli del gennaio del 2021. Un tracollo, insomma, che preoccupa ancora di più gli investitori data l’impossibilità di fare previsioni nel contesto attuale.
Mentre gli investitori fanno i conti con la situazione eccezionale dovuta alle manovre di Putin, un altro campanello d’allarme suona oggi per Piazza Affari. Stando infatti a una ricerca condotta da Intermonte in collaborazione con la School of Management del Politecnico di Milano, il capitale della borsa italiana soffre di un’altra, costante erosione: quella dovuta ai delisting.
Negli ultimi 20 anni, dal 2002 al 2021, a Milano le ammissioni sono state 448 (la maggior parte sul mercato non regolamentato Egm, l’ex Aim Italia) mentre i delisting sono stati 336 (la maggior parte sul listino principale Exm, l’ex Mta). Il saldo netto è comunque positivo e, a dicembre scorso, è stata superata la soglia record di 400 quotate, 407 per l’esattezza, con una mutazione del profilo del mercato azionario più orientato verso le small cap.
Ma i tanti delisting hanno causato un’importante perdita di capitalizzazione per Piazza Affari, superiore, negli ultimi 5 anni, a 55 miliardi euro, mangiandosi così quasi un quarto della crescita dei corsi azionari dello stesso periodo. Un fenomeno, questo dello spopolamento, che gli esperti indicano come globale e che viene attribuito alla sempre maggiore concorrenza del private equity e agli investitori istituzionali (grazie alla enorme abbondanza di dry powder e dei bassi tassi di interesse degli ultimi anni).
Passando all’analisi delle performance operative e di mercato delle società entrate in Borsa negli ultimi 10 anni, dalla ricerca emerge che le matricole sono spesso società con crescita del volume d’affari e della marginalità: nell’arco di dieci anni si osserva un rendimento assoluto mediamente positivo sia per il listino principale (si arriva a +31,7% dopo 3 anni) sia per Egm (+20%).
Quattro i cluster individuati dagli esperti delle società uscite: Sconfitte, Prede, Ristrutturande e Pentite. Le Prede, ossia quelle acquisite da soggetti esterni, spesso esteri, hanno registrato un flusso record nel 2021. Evidenziano buoni ratio di bilancio e rendimenti positivi. Hanno quindi attratto l’attenzione di primari investitori e gruppi industriali: la quotazione può essere una vetrina per attirare possibili compratori.
Anche il flusso delle Pentite, le quotate che hanno detto addio al listino per decisione interna, è aumentato negli ultimi anni. Spesso il delisting è avvenuto passando attraverso un’Opa. Queste società mostrano crescita di volume d’affari, di utili e marginalità: in alcuni casi quindi l’abbandono del listino sembra una manovra opportunistica per ritirare le proprie azioni dal mercato a buon prezzo, considerando quindi Piazza Affari come una porta scorrevole dalla quale entrare e uscire per convenienza.
Le Sconfitte sono invece le imprese delistate inevitabilmente perché fallite o perché hanno subito un dissesto finanziario o sono state escluse dal mercato per mancanza dei requisiti: come prevedibile, queste hanno mostrato performance operative e di mercato molto deludenti. Il gruppo delle Ristrutturande, infine, comprende società riassorbite in altri gruppi quotati per una logica di riorganizzazione societaria interna, quindi rimaste comunque nel perimetro della Borsa.
Ad eccezione delle Prede, stando alla ricerca, in tutti gli altri casi di delisting il bilancio per gli investitori che avevano aderito alle Ipo è abbastanza deludente. Il premio offerto nelle Opa volontarie molto spesso è nei fatti uno sconto a scapito di investitori e mercato.
.
Vuoi ricevere ogni mattina le notizie di FocusRisparmio? Iscriviti alla newsletter!
Registrati sul sito, entra nell’area riservata e richiedila selezionando la voce “Voglio ricevere la newsletter” nella sezione “I MIEI SERVIZI”.