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Un Btp avrebbe reso di più. Milano scivola al 20esimo posto al mondo per capitalizzazione: Enel e Eni regine, ma è Amplifon la numero uno per rendimento. Lo studio Mediobanca
Un rendimento medio annuo di appena il 5% da fine 2008. È questo il magro bilancio dell’ultimo decennio di Piazza Affari, secondo quanto emerge dalla 73esima edizione di “Indici e dati” dell’Area studi di Mediobanca. Tradotto significa che 100 euro investiti in Borsa nel 2008 sarebbero diventati oggi 169 euro, vale a dire meno di quanto avrebbe fruttato un analogo investimento in BTp (176,3 euro). Non solo. Dai dati emerge che il listino milanese non ha ancora superato la ferita inferta dalla crisi del 2008, tanto che si sposta il momento dell’ipotetico investimento iniziale all’inizio di quell’anno, i 100 euro si ridurrebbero oggi a 89 euro.
Guardando la classifica dei listini mondiali per rendimento, Milano è al 28esimo posto e supera solamente Lisbona (+4,1% medio annuo) e Madrid (+3,3%). A guidare la graduatoria, Bangkok (+21,1%), seguita da Nasdaq (+20,3%) e Taiwan (+15,6%). Il Nyse è al nono posto (+12,8%), mentre gli altri principali listino europei hanno rendimenti comunque doppi rispetto a Milano: Londra è 16esima (+10,7%), Parigi 19esima (+10,2%) e Francoforte al 20esima (+10,1%).
Analizzando più nel dettaglio la performance dei titoli quotati a Milano, tuttavia, si mette in luce il segmento Star, che con un rendimento del 15,6% medio annuo sarebbe di fatto al terzo posto alle spalle solamente di Bangkok e Nasdaq. Per la media dei titoli Star, quindi, 100 euro investiti a fine 2008 sarebbero diventati 476. Ripartendo le società in base alla dimensione, poi, prevalgono le 70 società a media capitalizzazione, con un rendimento medio annuo del 10,7%, che si traduce in 299 euro finali, mentre le Top 30 registrano un +4,2% medio annuo (155 euro dai 100 di inizio periodo). Quanto ai settori, il più redditizio è’ l’investimento in titoli industriali: +9,1% medio annuo per 255 euro finali, esito superiore a quello delle società assicurative (+3,6%, i 100 euro investiti aumentano a 146) e ancor più a quello delle banche (-4,5%, i 61 euro finali equivalgono a una riduzione vicina al 40% dell’importo di un decennio prima).
Per quanto riguarda i singoli titoli, divisi per settori, Brembo (+29,5% medio annuo) guida i rendimenti del comparto automobili e componentistica, La Doria (+25,4%) gli alimentari, De’ Longhi (+31,1%) il settore moda, prodotti per la casa e la persona, Amplifon (+36,9%) la salute, Cementir (+9,8%) le costruzioni, Cembre (+23,7%) i prodotti e servizi industriali, Snam (+9,7%) il settore petrolio e gas naturale, Reply (+28,8%) il comparto tecnologico, Cairo Communication (+12,2%) quello dei media, la Ss Lazio (+13,8%) quello di viaggi e tempo libero, il Credem (+5,2%) le banche, Banca Generali (+26,1%) i servizi finanziari, Generali (+0,9%) le assicurazioni, Igd (+2,2%) l’immobiliare e Terna (+14%) i servizi pubblici.
Amaro anche il risultato sul fronte capitalizzazione. Piazza Affari scivola infatti al 20esimo posto nella classifica delle Borse mondiali. In base ai numeri a fine settembre, Milano vale 517 miliardi (che salgono a 523 considerando anche l’Aim e a 618 includendo le società con sede all’estero: Cnh Industrial, Exor, Fca, Ferrari, StMicroelectronics e Tenaris), ovvero il 30% del Pil e lo 0,7% della capitalizzazione complessiva dei mercati mondiali. Lo scorso anno Milano era 19esima (518 miliardi, il 30% del Pil e lo 0,8% della capitalizzazione globale), mentre a fine 2008 era 16esima. La riduzione del peso della Borsa milanese sul totale riflette quello complessivo delle piazze europee, scese al 18,8% dal 26,4% di fine 2008. Flessione a cui fanno da contraltare la crescita degli Stati Uniti (al 44,1% dal 35,2%) e, in misura minore, dell’Asia (al 27,2% dal 25,7%).
Tornando a Milano, le società quotate sull’Mta sono 231, con un saldo negativo di tre unità’ nel corso dell’anno (5 ingressi e 8 delisting). Dal 2008 il saldo è negativo di 73 unità. Nel 2019 è invece cresciuto il mercato Aim, che ha visto 24 ingressi e 14 uscite. Per quanto riguarda la classifica mondiale per capitalizzazione, invariate le prime posizioni, che vedono nell’ordine Nyse, Nasdaq, Tokyo, Shanghai, Euronext, Hong Kong e Londra.
Enel ed Eni si confermano regine di capitalizzazione. I due colossi pubblici guidano la graduatoria stilata dall’Area studi di Mediobanca. Rispetto a fine 2008, Enel guadagna così due posti (era terza), mentre Eni ne perde uno abbandonando la prima posizione. Al terzo posto c’è Intesa Sanpaolo (era seconda), al quarto e al quinto Generali e UniCredit (invariate). Chiudono la top10 Atlantia (era nona), Snam (era ottava), Poste Italiane (non era quotata), Terna (era 19esima) e Telecom Italia (era sesta). Escono invece dalle prime dieci posizioni Mps (dieci anni fa era settima, oggi 51esima) e Ubi Banca (dal decimo al 38esimo posto).
Nel dettaglio, però, dei rendimenti, è Amplifon a vincere, mentre dal 1938 a oggi Generali e Caltagirone si confermano gli unici due titoli a battere l’inflazione. Dal 2008 a fine settembre 2019 Amplifon ha reso il 36,9% medio annuo ed è seguita in classifica da De’ Longhi (+31,1%), Banca Generali (+30%), Brembo (+29,5%), Reply (+29%), Recordati (+28,8%), Txt E-Solutions (+25,8%), La Doria (+25,4%), B&C Speakers (+23,3%) e Diasorin (+23,2%). Sono 68 i titoli, sui 177 quotati per l’intero periodo (poco meno di 4 su 10), ad aver reso più del BTp, mentre il rendimento e’ stato positivo per 6 titoli su 10 (102 su 177). Tra le prime 25 società per rendimento quasi il 60% appartiene al segmento Star. Allargando l’orizzonte di analisi, Mediobanca conferma che dal 1938 a oggi solo Generali (+14,1% medio annuo) e Caltagirone (+10,9%) hanno battuto il +9,9% dell’inflazione. Tra i titoli presenti (pur con diverse incarnazioni) a Piazza Affari da allora, Intesa Sanpaolo, Cir e Leonardo fanno segnare tutte +8,7%, Italmobiliare +7,8%, Aedes +7,8%, Mittel +7,1%, Telecom Italia (ex Stet) +6,8%, Telecom Italia (ex Sip) +6,6%, UnipolSai (ex La Fondiaria Vita) +6,6% e UnipolSai (ex La Fondiaria Incendio) +5,1%.
Infine un focus sugli aumenti di capitale. Nell’ultimo decennio le società quotate a Piazza Affari hanno raccolto 95 miliardi in aumenti di capitale. Di questa cifra, il 70% è andato alle banche (il 26% all’industria) e il 29% alla sola UniCredit. Un altro 19% è andato a Mps, l’8% all’Enel, il 7% a Intesa Sanpaolo, il 6% a Banco Bpm e il 4% a Saipem. Il massimo storico di aumenti si è toccato nel 2017 (22,6 miliardi). Nel decennio, in ogni caso, le banche hanno perso peso in termini di capitalizzazione, scendendo al 20% dal 26% e cedendo spazio al settore industriale (al 70% dal 63%). Sostanzialmente stabili le assicurazioni (oggi al 10% dall’11% di dieci anni fa).