Intervista a Paolo Paschetta, country head Italia di Pictet Asset Management. Intelligenza artificiale, demografia, cambiamento climatico. Quali forze secolari modelleranno il futuro (e gli investimenti)
Ci avviamo verso la parte conclusiva del 2023. Un anno contrassegnato da una crescita dell’azionario molto concentrata su mega e big cap e un mercato del reddito fisso ancora dominato dalle banche centrali.
Nella riunione estiva di Jackson Hole si è lasciato intendere che la lotta all’inflazione a colpi di rialzi dei tassi sia destinata a continuare. La Bce ha recentemente confermato questo assunto, mentre la Fed è attesa ad una pausa secondo la maggioranza degli analisti.
Paolo Paschetta, country head Italia di Pictet AM
Quali sono le vostre previsioni sulla crescita globale e come il quadro macro sta influenzando il vostro posizionamento sui mercati?
Giunti a ridosso dell’ultimo trimestre dell’anno, ci troviamo a commentare un periodo che ancora si conferma di non facile lettura. In Europa, il mese di agosto ha decretato il deterioramento del quadro macro: alla debolezza del settore manifatturiero (specie in Germania), hanno fatto seguito la decelerazione del settore dei servizi e i dati sull’inflazione ancora stabilmente al di sopra del target BCE. La decisione di Francoforte di alzare nuovamente i tassi nel meeting di settembre ha ribadito l’impegno a impedire ad ogni costo che l’inflazione possa sfuggire di mano, ma ha anche aperto la strada a una fase di pausa. Analogamente, negli Stati Uniti riteniamo che il ciclo dei rialzi sia alle battute finali. Il rientro dell’inflazione procede in modo lineare e anche il mercato del lavoro conferma che il ribilanciamento è a uno stadio oramai avanzato. Queste dinamiche confermano quanto crediamo da inizio anno, ovvero un atterraggio morbido per l’economia americana, sebbene non sia da escludere un rallentamento nei prossimi mesi.
I megatrend complessivamente considerati hanno vissuto un momento di flessione nel 2022. Come si sono comportati quest’anno e su cosa state puntando in particolare?
A sorprendere i mercati nella prima metà dell’anno sono state prevalentemente le società industriali e tecnologiche che, dopo un 2022 pesante, hanno registrato i maggiori guadagni. La parola Intelligenza Artificiale è stata la più calcata durante le call con gli azionisti, tecnologia emergente capace di impattare non solo sulle realtà del comparto tecnologico, ma sull’intero sistema produttivo globale. La performance dei principali listini statunitensi è stata trainata dai cosiddetti “Magnifici Sette” Nvidia, Apple, Microsoft, Amazon, Meta, Alphabet, Tesla, che hanno rappresentato oltre la metà della performance MSCI World. Come investitori di lungo periodo, crediamo che ciò che abbiamo visto durante gli scorsi mesi sia rappresentativo di come essere in grado di intercettare trend di lungo periodo e dare fiducia ad aziende innovatrici con bilanci solidi e capacità di generare ritorni interessanti sia la chiave vincente anche in periodi di incertezza o scarsa visibilità.
L’intelligenza artificiale è sicuramente il trend più in vista al momento date le potenzialità mostrate, in particolare negli ultimi mesi. Allo stesso tempo il quadro regolamentare è ancora insufficiente, tanto da spingere alcuni protagonisti di questa industria a pensare a pause nella ricerca per capire come gestire i rischi connessi. Come interpretate il settore da un punto di vista di investimento e come usufruite di questa tecnologia internamente? Quali sono inoltre i comparti del tech maggiormente interessanti a vostro avviso?
L’emergere dell’intelligenza artificiale (IA) generativa ha catturato l’attenzione e ha rivitalizzato l’interesse degli investitori per la tecnologia. Ricordiamoci però che l’IA è solo una delle molte stelle dell’universo digitale in continua espansione: essa, infatti, fa parte del sottoinsieme del deep learning, che a sua volta è un sottoinsieme del machine learning, che a sua volta è solo uno dei molti aspetti alla base della digitalizzazione del nostro mondo. Per gli investitori questo significa che le opportunità sono molto più ampie e tangibili di quanto si senta sulla bocca di molti. Lo sviluppo della digitalizzazione, di cui al momento ne abbiamo saggiato solo un pezzetto, necessita ancora di tempo e traguardi, ma soprattutto di diversificazione.
Tra le aree di interesse individuiamo sicuramente quelle del digitale, della robotica e della sicurezza, con lo sviluppo di software sempre più performanti, la diffusione di robot, hardware e macchine industriali di precisione e l’investimento nella protezione dei dati, dei servizi e delle persone.
Il cambiamento climatico affianca l’intelligenza come forza dirompente che modellerà il mondo di domani. Come l’industria del risparmio gestito, e in particolare Pictet AM, agisce per mitigarne impatti e rischi?
La tecnologia è un ottimo alleato della lotta al cambiamento climatico, agevolando e velocizzando l’adozione di soluzioni efficaci. Un esempio ci arriva dal mercato delle utility e dal tema della transizione verso le energie pulite: il mondo punta con forza sulla decarbonizzazione del sistema energetico globale, in quanto potenzialmente in grado (assieme all’elettrificazione del trasporto su strada e all’edilizia) di dimezzare le emissioni globali di gas serra. Le emissioni Scope 1 del settore utility (quelle derivanti dalle sue attività e dalle risorse possedute o controllate, come l’anidride carbonica prodotta da una centrale elettrica a carbone) rappresentano le emissioni Scope 2 di altri settori (quelle risultanti dall’energia da questi acquistata). Se un’azienda acquista quindi elettricità da una utility elettrica green, le sue emissioni Scope 2 saranno uguali alle Scope 1 dell’utility stessa. Questo ciclo virtuoso, fatto di scelte consapevoli, sta portando le utility a essere un segmento in rapida crescita e di alta qualità.
In Pictet investiamo nei servizi di pubblica utilità che mostrano un impegno chiaro nella transizione energetica attraverso l’allocazione dei loro investimenti, ad esempio 1) impegnando almeno l’80% della spesa in conto capitale per la crescita nelle rinnovabili e in tecnologie come reti elettriche, elettromobilità o stoccaggio dell’energia, 2) con un grado di purezza dell’energia pulita dell’azienda (ovvero il peso delle energie rinnovabili e delle reti elettriche come percentuale del suo valore aziendale) superiore al 33% e 3) con una esposizione combinata a qualunque tipo di attività legata a carbone, petrolio e nucleare inferiore al 20% del valore aziendale.
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