L’amministratore delegato della banca dialoga con FocusRisparmio del futuro della consulenza tra fattore umano, innovazione digitale e profili di responsabilità. Tra questi la gender equality, al centro di un importante progetto.
Paola Pietrafesa, amministratore delegato di Allianz Bank FA
Il primo trimestre dell’anno è stato caratterizzato da grande volatilità, portata da fattori esogeni (principalmente la guerra in Ucraina), ma anche da cambiamenti nel quadro macroeconomico (principalmente inflazione e banche centrali). Un nuovo choc dopo quello causato dal Covid nel 2020. Due anni davvero intensi per il rapporto tra consulente e cliente.
Che bilancio tracciate? C’è stato un rafforzamento della relazione e una maggiore consapevolezza della necessità di un orientamento al lungo periodo? Ne stiamo uscendo rafforzati come industria?
Quello che sta succedendo ora è molto diverso rispetto a quello che abbiamo vissuto due anni fa. Quello a cui stiamo assistendo è una volatilità di mercato che non vedevamo dal 2008. I clienti iniziano a trasferire una forte tensione per il prolungarsi di tale situazione che ormai riusciamo a percepire chiaramente. La solidità del brand, elemento che in questi momenti conta molto, e la vicinanza al cliente ci hanno permesso di proseguire con numeri di raccolta positivi anno su anno da inizio 2022. Un grande risultato in questa fase.
Il processo evolutivo delle reti di consulenza e private banking vive una tensione fra tecnologia e fattore umano. Quali sono i principali driver del cambiamento del modello di business di Allianz Bank FA?
Il titolo del Salone del Risparmio 2022 “Umano, responsabile, digitale” sintetizza perfettamente i principali driver di crescita del mondo del risparmio gestito nei prossimi 20 anni. Per noi l’uomo è sempre stato al centro, il digitale uno strumento imprescindibile per innovare e per quanto riguarda la responsabilità, l’offerta di strumenti valutabili sotto il profilo ESG diventa fondamentale.
A fine 2021 avete annunciato la partnership con Winning Women Institute per lo sviluppo di un modello di analisi di Gender Equality. Come procede questo progetto, quali sono i numeri più significativi da cui siete partiti e come si inquadra nel vostro complessivo approccio al tema della diversity?
Abbiamo circa 500 figure femminili all’interno della nostra rete che conta circa 2.000 unità. Una percentuale in fondo non bassa per un mondo che nasce prevalentemente maschile. Per migliorare, come necessario, la situazione del sistema è necessario porsi delle domande sull’origine di questa disparità, che non registriamo ad esempio nelle banche. Le ragioni sono molte: tra queste la protezione, pensiamo alla maternità e alla tranquillità derivante da un rapporto di lavoro dipendente, e l’alto numero di spostamenti, sono con ogni probabilità le principali.
Come Allianz Bank FA stiamo concentrando il nostro lavoro su due direttrici. La prima è quella di costruire pacchetti che la banca sponsorizzerà per assicurarsi che avere una vita professionale piena non rischi trasformarsi in un sacrificio della dimensione personale, o viceversa. Il secondo aspetto è quello della certificazione, che abbiamo voluto indirizzare non sul personale dipendente ma sulla rete di consulenti, consapevoli che è proprio lì dove è più necessario oggi porre la nostra attenzione. Il nostro obiettivo è quello di definire un percorso di “gender equality” che non servirà solo a noi ma a tutto il sistema.
Il framework normativo europeo è pensato per le grandi aziende. L’amministratore delegato della società auspica un ripensamento dello stesso in ottica di sostenibilità anche per le piccole e medie imprese che al momento, nonostante siano in possesso di risorse minori rispetto alle società più strutturate, sono costrette a seguire le direttive con affanno
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