Durante la tavola rotonda a margine dell’Osservatorio Pir di Assogestioni, De Bellis (Equita) e Randone (Intermonte) hanno formulato le stime per i prossimi cinque anni
Luigi De Bellis, co-responsabile ufficio studi Equita
Dopo la prima parte del 2020 inevitabilmente segnata dal Covid-19 per i Pir si prospetta un 2021 all’insegna del rilancio dal punto di vista della raccolta.
È quanto emerso durante il dibattito svoltasi a margine della presentazione dell’Osservatorio Pir di Assogestioni (qui una sintesi del report) che ha visto protagonisti Luigi De Bellis, co-responsabile ufficio studi Equita, e Andrea Randone, responsabile della ricerca sulle Pmi di Intermonte Sim.
Andrea Randone, responsabile della ricerca sulle Pmi di Intermonte Sim
“Dopo la pandemia è cambiato il modo con cui gli investitori esteri guardano all’Italia. Il commitment fra politiche monetarie e fiscali è un caso unico nella storia e questo supporterà, a nostro avviso, l’andamento dei mercati azionari. Inoltre, l’accordo sul Recovery fund rappresenta un elemento di discontinuità rispetto al passato in quanto segna un passo decisivo verso una maggior integrazione dell’Europa ed elimina un importante tail risk che in passato ha pesato sul mercato italiano”. Così De Bellis motiva la view moderatamente positiva della casa d’investimenti rispetto al mercato europeo, all’interno del quale – secondo l’esperto di Equita – le Pmi italiane hanno grandi spazi di crescita”.
“La crisi ha riportato tutti i Paesi sullo stesso livello mentre la liquidità del mercato ha guidato il rimbalzo dei mercati”, sottolinea Randone di Intermonte. Ecco perché ora ci sono “le condizioni per essere ottimisti – spiega l’esperto. Questo è più vero per alcuni settori piuttosto che per altri, ma in generale siamo convinti della capacità delle aziende italiane di essersi rese resilienti alle condizioni avverse dettate dalla pandemia, anche nel caso in cui si ritardi nel trovare un vaccino in tempi rapidi”.
Il ruolo dei Pir
I dati sviscerati dall’Osservatorio Pir di Assogestioni vanno in questa direzione. Per Randone i riscatti sui prodotti Pir-compliant nel primo trimestre sono stati contenuti: “Questo mi lascia pensare che la logica di lungo periodo sottostante al prodotto Pir sia stata ben recepita dagli investitori. Coloro che non sono fuggiti sui minimi di mercato ma hanno mantenuto in piedi l’investimento non solo hanno evitato che la batosta Covid si tramutasse in qualcosa di più ma hanno anche beneficiato del rimbalzo dei mercati a partire dal secondo trimestre”.
De Bellis attribuisce il calo nella raccolta nel primo trimestre a “scelte conservative da parte dei sottoscrittori”. “La pandemia – continua l’esperto di Equita – ha favorito l’interesse per una diversificazione a livello internazionale e così gli investitori hanno lasciato un po’ da parte il tema dell’azionario domestico”.
La ripartenza passa da Aim Italia
Ad oggi, secondo l’Osservatorio Assogestioni, i Pir pesano meno del 2% sul totale degli asset gestiti in fondi aperti . “Questa percentuale rende l’idea di quanto spazio abbiano le Pmi innovative per crescere nelle asset allocation dei sottoscrittori” attraverso l’investimento in Pir, sostiene De Bellis.
Nessuna bolla sulle Pmi italiane
De Bellis sgombera il campo dai timori che sulle Pmi italiane ci sia un effetto bolla. “Oggi il mercato tratta a 13,5 volte il PE 2021 che è leggermente sopra la media storica pre-covid e su quella a 10 anni. Non ci sembrano multipli elevati in valore assoluto, considerando il livello particolarmente basso dei tassi d’interesse e in quanto basate su stime non particolarmente aggressive, ossia un livello di utili inferiore di circa il 15% rispetto al 2019. Lo stesso si può dire confrontando le Pmi nostrane con quelle europee”.
Randone si sofferma sul possibile ruolo di Aim Italia come incubatore di sviluppo delle Pmi: “Rappresenta un passaggio per le imprese che poi vogliono crescere e approdare sul mercato regolamentato. Per noi che facciamo ricerca è un lavoro gravoso poiché il reporting finanziario di queste società generalmente è meno dettagliato rispetto a quello predisposto dalle società del mercato principale, oppure esistono delle realtà imprenditoriali talmente uniche che si fatica a trovare dei comparable su altri mercati che possano aiutare a inquadrare il settore più rapidamente”.
I Pir alternativi e il ruolo delle reti
Dal 2020 i Pir tradizionali sono affiancati dai Pir alternativi, “due strumenti che si completano fra loro a vantaggio di una platea più ampia di investitori”, spiega Alessandro Rota, direttore dell’ufficio studi di Assogestioni, introducendo l’Osservatorio.
“Il Pir alternativo è certamente lo strumento del futuro perché in un contesto di rendimenti bassissimi come quelli che vediamo oggi andare a cercare Alpha in asset class alternative rispetto a quelle tradizionali è una via quasi obbligata per i gestori”, racconta De Bellis. “E’ però un prodotto che va spiegato adeguatamente al cliente e questo compito ricade anche sulle reti di consulenza finanziaria”, sottolinea l’analista di Equita.
E fra le reti questa consapevolezza è ben radicata. Dell’importanza di far camminare parallelamente Pir tradizionali e alternativi ha parlato anche Ennio Doris, presidente di Banca Mediolanum (leader del mercato Pir con più di 3,5 miliardi di asset in gestione su questi strumenti), nel corso della terza edizione di Ripartitalia di ClassCnbc.
“I Pir alternativi sono importantissimi – riconosce Doris – ma il cuore della rivoluzione sono i Piani individuali di risparmio approvati che investono fino a 30 mila euro all’anno su società principalmente quotate”. “Quindi – ha aggiunto – non bisogna dimenticare i Pir tradizionali, il cui mercato si è un pochino fermato dopo alcune modifiche legislative nel 2018 e 2019” e lancia una proposta per farlo ripartire: “ora per ripartire questo mercato sarebbe utile portare la possibilità di investire in questi strumenti da 30 mila a 60 mila euro. Questo provocherebbe uno shock che può far ripartire alla grande i Pir tradizionali”.
Nell’introdurre i lavori dell’Osservatorio, Alessandro Rota ha osservato che uno dei principali meriti dei Pir tradizionali è stato quello di aver fatto riscoprire la categoria Azionario Italia ai risparmiatori italiani. “I Pir hanno ridato dignità ai prodotti d’investimento che credono nell’Italia e nel suo patrimonio imprenditoriale”, ha detto il direttore dell’ufficio studi di Assogestioni, riconoscendo anche il merito di aver creato un filone dentro al quale si inseriscono perfettamente i Pir alternativi. “E’ un segno della vitalità dell’idea, nata negli uffici di Assogestioni una decina di anni fa e oggi ancora viva e in espansione, a beneficio dell’economia reale italiana”.
Le stime degli esperti
“Ritengo che i Pir alternativi – almeno dai primi feedback raccolti – siano un prodotto che possa avere successo in quanto si rivolge a una clientela complementare a quella dei Pir tradizionali. Gli investitori ora vanno educati a questo nuovo paradigma anche alla luce della formula del fondo chiuso che vincola a un orizzonte di lungo periodo”, chiosa Randone.
Secondo il capo della ricerca sulle small cap di Intermonte, i Pir alternativi potrebbero raccogliere fino a 1,5-1,8 miliardi entro il 2022, ma precisa: “Si tratta di stime preliminari: bisogna vedere come evolve la situazione d’incertezza dettata dal coronavirus che potrebbe pesare, almeno inizialmente, sulla raccolta del 2021”.
L’ufficio studi di Equita è invece meno conservativo e stima flussi per 2-3 miliardi all’anno fino ad un raggiungimento di 10-15 miliardi in cinque anni.
Dei 16,7 miliardi investiti in Pir, 7,7 sono in azioni di imprese italiane, 5,8 in obbligazioni corporate italiane e i restanti 3,2 miliardi sono ripartiti in cash, titoli di Stato o titoli esteri
Al via le modifiche al regolamento e un nuovo segmento riservato agli investitori professionali. Aim Italia si rifà il look e ammicca al mondo dei Pir alternativi
Nel triennio 2020-2022 l’Osservatorio AIM individua 126 titoli potenziali target dei nuovi Pir. Atteso un incremento del numero di Ipo del 30% medio annuo
Iscriviti per ricevere gratis il magazine FocusRisparmio