Pil: l’Italia chiude il 2020 a -8,8%, ma è meglio delle attese
Il quarto trimestre registra un calo del 2%. E il saldo dell’anno del Covid supera quanto scritto nella Nadef. Anche l’Eurozona batte le previsioni a ottobre-dicembre: -0,7%
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Bene ma non abbastanza. Per l’Eurozona le buone notizie arrivate dal fronte dei servizi non sono sufficienti ad allontanare lo spettro di un inizio 2021 con il segno meno. Gli indici Pmi hanno infatti battuto il consenso, ma hanno comunque registrato un nuovo calo per via delle restrizioni legate al coronavirus. L’Area euro sembra quindi inesorabilmente avviata verso un altro trimestre di contrazione del prodotto interno lordo.
Il Pmi composito, nella lettura finale di gennaio, si è attestato a 47,8 punti dai 49,1 di dicembre, un dato che è comunque al di sopra del preliminare e del consenso a quota 47,5. L’indicatore finale relativo al settore dei servizi è invece sceso a 45,4 punti rispetto ai 46,4 del mese precedente, al di sopra però dei 45 del preliminare e delle stime.
Nel dettaglio dei singoli Stati, il Pmi servizi definitivo della Germania di gennaio è sceso a 46,7 punti rispetto ai 47 di dicembre, deludendo leggermente il consenso a 46,8. L’indice servizi della Francia si è invece fermato a quota 47,3 dai 49,1 del mese precedente, sopra le attese di 46,5 punti. Infine a livello italiano, la lettura del Pmi servizi si è attestata a 44,7 punti dai 39,7 di dicembre, stracciando il consenso degli economisti di 39,3 punti.
“Come previsto l’economia dell’Eurozona ha subito un difficile inizio d’anno poiché gli sforzi fatti per contenere la diffusione del Covid-19 hanno continuato a colpire l’attività economica, specialmente nel settore terziario”, spiega Chris Williamson, chief business economist di Ihs Markit. L’esperto evidenzia che “la crescita del manifatturiero ha di nuovo compensato parte della debolezza del terziario, anche se la produzione di beni ha registrato un rallentamento dell’espansione a causa della diminuzione della domanda e dei ritardi delle forniture, spesso legati alla pandemia”. Pertanto, avverte, “è presumibile aspettarsi una contrazione del Pil nel primo trimestre, anche se con l’attuale andamento il tasso sarà probabilmente modesto rispetto ai crolli cui abbiamo assistito nella prima metà del 2020”.
“Con le misure di contenimento che probabilmente limiteranno l’economia dell’Eurozona nei prossimi mesi e forse fino al secondo trimestre e vista la lentezza del processo di vaccinazione, l’attenzione si concentrerà sulla necessità di politiche fiscali e monetarie di sostegno, soprattutto per prevenire nuovi tagli occupazionali nei settori colpiti maggiormente quali l’accoglienza, i viaggi, il turismo e la vendita al dettaglio”, prosegue Williamson. “Molte aziende, con l’aumento dei costi, hanno subito un’atro duro colpo, con prezzi di acquisto saliti sui massimi da due anni e con conseguente restringimento dei margini. In molti casi, tuttavia, questo rispecchia la mancanza di capacità produttiva di breve termine e il ritardo dei trasporti, fattori che nei prossimi mesi dovrebbero attenuarsi, contribuendo così ad alleviare tali pressioni sui costi”, conclude il capo economista di Ihs Markit.
Quanto al nostro Paese, per Lewis Cooper, economista di Ihs Markit “all’inizio del 2021, il terziario italiano è rimasto avvolto nella morsa della contrazione, anche se il calo di gennaio è stato molto più lieve rispetto a quelli degli ultimi mesi del 2020”. Sempre a gennaio, prosegue l’esperto, “il flusso di nuovi ordini è di nuovo diminuito, ma similmente, al tasso più lento in quattro mesi”. Gli ultimi dati “hanno tuttavia evidenziato un livello più forte di fiducia da parte delle aziende che, grazie alla distribuzione del vaccino al momento in atto, sperano in un prossimo allentamento delle restrizioni che possa rilanciare l’economia e la domanda finora frenata”, sottolinea. Ciononostante, avverte però l’economista, “il settore dei servizi naviga ancora in acque molto difficili, e con le restrizioni ancora in essere, sembra improbabile che la domanda riacquisti il suo pieno vigore. Anche se i dati si stanno muovendo nella giusta direzione, siamo ancora lontani da qualsivoglia ripresa”.
Intanto sale leggermente l’inflazione nella Zona euro. L’indice dei prezzi al consumo a gennaio, secondo la lettura preliminare, è aumentato dello 0,9% su base annua, nettamente più del +0,3% stimato dal consenso. Il dato è anche in forte accelerazione rispetto al -0,3% di dicembre.
Sempre stando a Eurostat, l’indice dei prezzi core, che esclude le componenti dell’energia, degli alimenti e dell’alcool, è cresciuto dell’1,4% su base annuale, anche in questo caso ben oltre le stime (+0,4%) e il dato del mese precedente (+0,2%).
E torna il segno più anche in Italia. Lo certifica l’Istat, le cui stime preliminari certificano che a gennaio l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, al lordo dei tabacchi, ha registrato un aumento dello 0,5% su base mensile e dello 0,2% su base annua (dal -0,2% di dicembre). L’inflazione torna positiva, spiega l’Istituto di statistica, prevalentemente per l’attenuarsi della flessione dei prezzi dei beni energetici, sia nella componente regolamentata sia in quella non regolamentata, e, in misura minore per il calo meno pronunciato dei prezzi dei trasporti. L’inflazione acquisita per il 2021 è pari a +0,4% per l’indice generale e a +0,2% per la componente di fondo.
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