La Fed ha chiesto tempo. E ha ragione
“Powell intende comunicare che non siamo alla vigilia di una recessione e che non dobbiamo aspettarci interventi massicci di allentamento monetario”. L’analisi di Franklin Templeton
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E anche negli Stati Uniti Qe fu. Jerome Powell, governatore della Federal Reserve, ha annunciato infatti l’intenzione di avviare un programma di acquisto di titoli di stato Usa al fine di aumentare le riserve bancarie, riducendo così la volatilità dei mercati repo e del nuovo tasso Sofr. Il banchiere centrale si è però ostinatamente opposto a definire questa iniziativa Quantitative easing, utilizzando parte del suo intervento proprio per imprimere bene il messaggio: “Questo non è un Qe”.
“È ovvio che lo è – afferma invece Hendrik Tuch, head of fixed income di Aegon Am -: il Qe è l’espansione del bilancio di una banca centrale effettuata attraverso l’acquisto di asset, punto. Possono essere Mbs, crediti, titoli di stato, bond periferici, prestiti bancari o perfino azioni. Non importa quale sia la tipologia di attivo, l’espansione del bilancio patrimoniale di un istituto centrale è per definizione un Qe e questo è un bene per gli asset finanziari”.
Secondo l’esperto, in questo caso il programma di acquisto è indirizzato a un asset dai rapporti di amore e disaffezione: viene tenuto in considerazione perché i tassi di interesse Usa sono scesi enormemente negli ultimi 12 mesi, ma viene abbandonato perché i detentori di Treasury di lungo termine non sono in grado di ottenere valutazioni decenti nell’utilizzarli come garanzia di prestito con l’oligopolio bancario statunitense.
Ciò che è interessante notare, sottolinea Tuch, è che sia la notizia di quello che, di fatto, è un nuovo Qe, così come l’anticipazione di un nuovo taglio ai tassi di interesse non sono bastati a innescare un rally dell’azionario. “Il mercato si trova ad assimilare un’alluvione di cattive notizie – evidenzia -, specialmente politiche, e servirà del tempo perché queste forze negative si plachino, figuriamoci spegnersi. Lo scorso anno i mercati erano preoccupati da una cosiddetta ‘chiusura dei rubinetti’, oggi invece abbiamo molto più Qe di quanto non ci potessimo aspettare”.
Tuch sostiene che quando i veli che gravano sui mercati inizieranno a sollevarsi, gli effetti delle politiche delle banche centrali si faranno sentire. “Con tutto ciò che sta accadendo, tra notizie politiche e il deterioramento del comportamento dell’amministrazione Trump nei confronti di tutte le principali questioni sul tavolo, quando mancano ancora 12 mesi alle elezioni, rende difficile accendere l’entusiasmo verso gli asset più rischiosi, almeno nel breve termine. Una cosa sembra certa, a livello globale si è riaccesa la febbre da Qe e le banche centrali continueranno a iniettare liquidità nei mercati ancora per molto tempo”, conclude.