I giovani italiani investono di più
Gli italiani hanno spese maggiori e risparmiano meno. Ma il 37% investe di più. Tra i giovani la percentuale sale al 51%, e aumentano quelli che pensano alla pensione
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Un equilibrio precario tra assistenzialismo, politiche del lavoro insufficienti e squilibri derivanti da invecchiamento della popolazione, bassi livelli occupazionali, eccessive deroghe alla riforma Fornero. È questa la fotografia scattata al sistema pensionistico italiano dal Centro Studi e Ricerche di Itinerari Previdenziali, che ha presentato alla Camera dei deputati la decima edizione del suo rapporto annuale sul settore. Un evento cui ha preso parte, oltre al presidente Alberto Brambilla, anche Marco Osnato, a capo della Commissione Finanze di Montecitorio.
“A oggi il sistema previdenziale nazionale appare sostenibile in termini di spesa e promette di esserlo anche tra 10-15 anni, quando le ultime frange dei baby boomer nati dal Dopoguerra al 1980 si saranno ritirate. Ma per preservare questo stato delle cose è indispensabile un intervento della politica volto a eliminare le storture che si stanno manifestando negli ultimi anni e a ridurre i costi dell’assistenza”, ha spiegato Brambilla.
Prima fra tutte, c’è la dinamica crescente nel numero di pensionati. Dallo studio di Itinerari emerge infatti come i percettori dell’assegno previdenziale siano tornati ad aumentare dopo aver registrato un calo ininterrotto tra il 2009 e il 2018: +0,36% la variazione annua nel 2021, per un totale di quasi 16.000.100 persone. E se è vero che l’Italia, con il suo 23,8% di over 65 sul totale della popolazione, si conferma il Paese più vecchio in Europa, non si può comunque negare come ad alimentare ci sia qualcosa di più della pura demografia. Ne è convinto Brambilla, che sottolinea la rilevanza tutti quei regimi eccezionali introdotti dal 2014 per anticipare l’uscita dall’età lavorativa: da Quota 100 all’APE sociale passando per Opzione Donna.
Collegato al numero di pensionati in aumento è quello, ugualmente sopra la media, delle prestazioni erogate: nel nostro Paese sono attualmente 22.758.797. “In pratica”, evidenzia il professore, “parliamo di una prestazione ogni 2.592 abitanti, ovvero una per famiglia o, in altri termini, una e mezzo per ogni singolo pensionato”. Considerando la riduzione della popolazione residente (-274.878), il valore risulta sì in calo rispetto alle ultime rilevazioni ma salirebbe a quota 2,1 per individuo se si tenesse conto anche di Reddito di cittadinanza e trattamenti assistenziali erogati dagli enti locali.
Non appare migliore lo scenario che si presenta sull’altro versante del campo: quello del lavoro. Sebbene nel 2021 il numero degli occupati sia tornato sopra i 22,8 milioni di unità e le ore di cassa integrazione siano calate di oltre un terzo, l’Italia si conferma infatti tra le nazioni peggiori a livello internazionale. Secondo i dati Eurostat al 2021, il nostro Paese è agli ultimi posti sia per occupazione complessiva (58,2% contro 68,4% della media europea), sia per occupazione femminile (del 14% il gap rispetto al resto del continente), sia per quella giovanile (17,5% a fronte di un 32,7% a livello comunitario). Poco meglio il tasso di impiegati tra i ‛senior′, dove la differenza con la media Ue è di ‛soli′ sette punti percentuali.
Ecco spiegata l’entità particolarmente preoccupante del rapporto tra attivi e pensionati, valore fondamentale per la tenuta di un sistema pensionistico a ripartizione come quello italiano, che per il nostro Paese si attesta in calo dall’1,436 del 2019 all’attuale 1,4215. “La cifra”, spiegano da Itinerari Previdenziali, “non solo resta piuttosto distante quell’1,5 che rappresenta la soglia minima per la stabilità di medio-lungo termine ma promette di rimanere pressoché immutata per il biennio 2023-2024”.
C’è poi il tema della spesa assistenziale, cui lo Stato destina oggi oltre 250 miliardi di euro. Mentre l’andamento dei costi per le prestazioni previdenziali si mantiene tutto sommato stabile (+3,54 miliardi rispetto al 2020), si conferma sempre più difficile da sostenere il costo delle attività assistenziali a carico della fiscalità generale: dal 2008, quando ammontava a 73 miliardi, l’incremento è stato di oltre 71 miliardi a quota 144 miliardi di euro, con un tasso di crescita annuo di oltre il 6%. Non solo. Nel 2021, sommando tutte le tipologie di trattamenti ascrivibili alla categoria, si arriva a una stima di 7 milioni di prestazioni, vale a dire il 44% dei circa 16 milioni di pensionati totali: una cifra che non pare rispecchiare le reali condizioni del Paese. A maggior ragione se viene confrontata con i dati Istat, che mostrano come il numero di persone in povertà sia in costante e progressivo aumento.
In altre parole, non solo stiamo spendendo troppo ma stiamo anche spendendo male. Tra gli ingredienti che il rapporto elenca per interrompere questo circolo vizioso, ci sono innanzitutto prevenzione e innalzamento dell’età pensionabile, che resta tra le più basse d’Europa con 63 anni contro una media di 65, ma anche politiche attive del lavoro. Itinerari Previdenziali suggerisce inoltre una corretta separazione tra previdenza e assistenza, evidenziando come il vero problema del Paese sia la scelta dei governi di allocare misure a sostegno delle famiglie o volte a contrastare l’esclusione sociale sotto il capitolo pensioni. Resta da sciogliere anche un importante nodo legato alla fiscalità. Come spiega Brambilla, “l’Italia è quinta nel mondo per livello di protezione e al terzo posto per rapporto tra spesa sociale e Pil ma siamo anche il Paese dove metà della popolazione paga appena il 3% di tutta l’Irpef (meno di 5 miliardi) mentre, per garantire la sola spesa sanitaria, altri concittadini, in particolare il 12,95% che dichiara redditi da 35mila euro in su, devono versare ogni anno 58 miliardi”. “A breve si riprenderanno le discussioni su legge delega fiscale e saremo pronti a dare segnali prettamente politici su come aiutare la classe media”, ha annunciato Osnato. Che ha concluso: “Importante sarà anche cercare di favorire fiscalmente la previdenza integrativa perché possa integrare in maniere efficace quella di base”.
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