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Secondo Aipb e Kpmg, gli over 65 in Italia saranno quasi 20 milioni nel 2040. E la consulenza d’alta fascia è tra i settori che verranno più impattati. Carenza di lavoratori e successioni difficili i rischi. Ma nella pianificazione a lungo termine si cela un tesoro
Con le aspettative di vita media destinate a raggiungere i cento anni entro il 2050, la sfida della transizione demografica si fa sempre più incalzante per molte branche dell’industria finanziaria italiana. Soprattutto per la consulenza d’alta fascia, che si ritrova gestire per la prima volta cinque generazioni di clienti. Ma se questo fenomeno cela numerose insidie, non si può negare che una società più anziana sia anche foriera di opportunità. È quanto emerso della presentazione dell’ultimo rapporto di Associazione Italiana Private Banking e Kpmg, nel quale si evidenzia come il settore sia desideroso di cavalcare il nuovo trend ma abbia bisogno di alcuni accorgimenti per non cadere: primo tra tutti, riconoscere una maggiore centralità alla pianificazione patrimoniale.
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La piramide demografica cambia. E non è solo un male
A inquadrare il fenomeno è stato Giulio Dell’Amico, Head of Asset & Wealth Management di Kpmg, che ha mostrato quali implicazioni avrà la progressiva inversione della piramide demografica sul sistema talia. “Su 59 milioni di persone a fine 2023”, ha detto, “gli over 65 superano già i 14 milioni e arriveranno a sfiorare i 19 milioni entro il 2040”. In pratica, sostiene l’esperto, nel giro di 15 anni un terzo della popolazione si troverà in età pensionabile. Una tendenza problematica ma non per questo priva di risvolti positivi. Se infatti da un lato il Paese rischierà la “carenza di persone in età lavorativa”, con le famiglie che in media hanno solo 1,2 figli e le persone nella fascia 15-64 anni destinate a ridursi da 37,5 a 32,6 milioni, dall’altro l’aspettativa di vita media passerà da 83 a 84,5 anni e una porzione sempre più ampia della vecchiaia si svolgerà senza problemi di salute o limitazioni delle attività quotidiane. Questo vuol dire, ha spiegato Dell’Amico, che siamo alle porte di una vera e propria longevity economy: “Con 1,5 miliardi di produzione e 1,3 miliardi di spesa, gli over 50 varranno la metà al Pil e il 75% ai consumi”. Non solo. L’esperto prospetta infatti anche un circolo virtuoso legato al capitale umano, cioè una dinamica nella quale la società tutta potrà beneficiare del contributo di un numero crescente di donne e uomini in grado di apportare conoscenze ed esperienze di grande valore.
Banker con le attenne dritte
Gestendo i patrimoni di quasi 700mila famiglie e il 38% della ricchezza finanziaria investibile, con un’età media della clientela pari a 60 anni e l’80% degli AuM gestiti riconducibile a over 55, il private banking è in prima linea tra le realtà che dovranno adeguarsi al nuovo paradigma. E gli stessi operatori ne sono consapevoli. Secondo un sondaggio condotto proprio da Aipb, il 52% dei banker considera la longevità un fattore molto importante per la propria attività e più del 60% vi si approccia nell’ottica di fidelizzare il cliente attraverso le successive generazioni o diventare interlocutore dell’intero nucleo familiare. Un approccio peraltro coerente con quanto sostenuto dall’utenza, che nell’81% dei casi dice di pensare spesso al futuro sia pur con priorità diverse: dalla salute (61%) alle entrate (60%) fino alle nuove sfide professionali (35%) o alla gestione di esigenze abitative (20%).
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Ma c’è del lavoro da fare
Eppure, il lavoro da fare per allineare l’offerta a quella che sarà la futura domanda è ancora molto. Come spiegato dal presidente Andrea Ragaini, il primo passo consiste nel promuovere l’educazione finanziaria per far sì che i diretti interessati agiscano per tempo e con lungimiranza. “Dell’81% che pensa al domani”, ha infatti notato il numero uno dell’Associazione, “chi si è davvero attivato e ha pensato a soluzioni per la gestione di lungo periodo è solo il 20%”. Inoltre, anche se clienti private si sentono attivi e in grado di produrre reddito fino a 69 anni, spetta ai professionisti assumere un ruolo più centrale nell’aiutarli a tradurre in pratica i loro slanci e rendere “di qualità” la coda della vita. Ecco quindi che diviene fondamentale una pianificazione patrimoniale olistica capace di mettere al centro la soddisfazione dei bisogni e dei progetti non solo individuali: “Tutti gli interpellati sostengono di averne bisogno ma appena il 35% non sembra percepire l’esistenza”, ha detto Ragaini, precisando come solo il 28% degli operatori abbia individuato e sviluppato approcci o servizi specifici per la longevità mentre gli altri continuano a usare meccanismi di ingaggio focalizzati esclusivamente sulla progettazione della successione.
Non solo pianificazione: anche la successione tra le sfide
In relaziona alla pianificazione, l’industria deve poi affrontare un’altra importante criticità: il 69% dei clienti attuali tra i 65 e 74 anni non coinvolge i figli nella gestione del patrimonio. Un problema rilevante, specie se si pensa che la stessa Aipb stima una passaggio di ricchezza nell’ordine dei 180 miliardi di euro entro il 2028 e dei 300 miliardi entro il 2033. “Si tratta di una delle cause per cui, nel momento del cambio generazionale, il 77% di chi raccoglie il testimone non conferma il private banker di famiglia”, ha detto Ragaini. Che ha spiegato come la soluzione più efficace sia quella di “fidelizzare quanto prima le persone e i componenti del loro nucleo famigliare”. Formazione su aspetti specifici (46%), supporto di esperti (44%), piattaforma dedicata (43%) ma anche creazione di team multigenerazionali alcuni aspetti individuati come al raggiungimento di questo obiettivo dagli stessi professionisti, che in due su tre pensano di poter fare meglio o addirittura (14%) non si sentono adeguati a trattare il tema.
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La sfida per gli asset manager
La presentazione dello studio è stata anche l’occasione per discutere di come la transizione demografica impatterà su un altro pezzo della filiera: il risparmio gestito. Un confronto che ha assunto la forma di un panel con protagonisti diversi rappresentanti dell’industria. Per Francesca Sesia, chief operating officer di BlackRock Italia, è necessario gli operatori lavorino su quattro ambiti: “Rendere più automatico e accessibile l’investimento, in particolare quello pensionistico e assicurativo; innovare gli strumenti finanziari per renderli più semplici; passare da una logica di product placement a una di finance planning. Filippo Battistini, head of Business Development Retail & Wholesale di Allianz Global Investors, si è detto convinto che la chiave di volta stia invece nel fare formazione e nella capacità di indirizzare i capitali dei clienti con prodotti tematici: “Si tratta di strumenti con uno story telling interessante che può fare da traino”, ha detto. Opinione condivisa Paolo Proli, co-general Manager and Executive Board Member di Amundi SGR, che ha sottolineato anche l’importanza di rilanciare i Pir “inserendoli ad esempio nel welfare aziendale”.
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