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L’articolo è pubblicato su FocusRisparmio Magazine di maggio-giugno 2022, disponibile in versione digitale al seguente link.
La raccolta degli operatori attivi nel mercato italiano è più che raddoppiata rispetto all’anno precedente, attestandosi a 987 milioni di euro, contro i 551 milioni del 2020
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Da una parte le imprese, che hanno bisogno di diversificare i canali di finanziamento rispetto alla sola banca; dall’altra gli investitori, a caccia di quei rendimenti difficili da conseguire con titoli di stato ed emissioni obbligazionarie delle società più note. Questo spiega la crescita del private debt che lo scorso anno ha raggiunto livelli record.
Il mercato italiano
Secondo un report elaborato da Aifi (associazione italiana del private equity, venture capital e private debt), svolta in collaborazione con Deloitte, nel 2021 sono stati investiti complessivamente nel mercato italiano del private debt 4,6 miliardi di euro, includendo l’attività degli operatori attivi in questo segmento (2,2 miliardi), le piattaforme di digital lending (689 milioni), il distressed debt (1,5 miliardi, considerando complessivamente operazioni single name e acquisto di pacchetti di crediti Utp) e gli investimenti dei fondi di fondi (187 milioni).
Considerando solamente i primi, vale a dire gli operatori attivi nel “core” private debt, nel corso dell’anno l’ammontare investito è stato pari a 2.214 milioni di euro, quasi il doppio rispetto al 2020 (1.153 milioni). Il numero di sottoscrizioni si è attestato a 275 (+28% rispetto alle 215 del 2020), distribuite su 142 società (127 nel 2020, +12%).
I soggetti domestici hanno realizzato il 90% del numero di operazioni, mentre il 72% dell’ammontare è stato investito da operatori internazionali. Il 56% delle operazioni ha riguardato la sottoscrizione di obbligazioni, mentre il restante 44% finanziamenti. Con riferimento agli obiettivi delle operazioni, nel 2021 il 51% degli interventi ha avuto come scopo la realizzazione di programmi di crescita, mentre nel 38% dei casi si è trattato di debito a supporto di operazioni di buy out. A livello geografico, a fare meglio di tutte è la Lombardia, dove è localizzato il 40% delle società oggetto di investimento, seguita da Veneto ed Emilia-Romagna (entrambe 10%).
Con riferimento ai settori di attività, al primo posto con il 23% del numero di imprese si trovano i beni e servizi industriali, seguito dal manifatturiero – alimentare, con il 16%. Inoltre, il 56% delle società target ha meno di 250 dipendenti. “La crisi ha dato l’opportunità al tessuto imprenditoriale sano di investire sulla crescita consolidando l’attività attraverso anche il supporto del private debt”, sottolinea Innocenzo Cipolletta, presidente di Aifi…
E’ possibile leggere l’articolo integrale alle pagine 68-69 di FocusRisparmio Magazine di maggio-giugno 2022, disponibile in versione digitale al seguente link.
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