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Il settore toccherà quota 11 mila miliardi dollari entro il 2025. Merito anche degli investitori individuali, sempre più attratti da questi fondi. Dai risparmiatori italiani arriveranno 13,5 miliardi
Undicimila miliardi di dollari entro il 2025 dai 5.300 attuali. Il private equity è pronto a spiccare il volo, grazie non solo agli investitori istituzionali ma anche a quelli individuali che, da qui a cinque anni, allocheranno in questa asset class risorse 2,4 volte maggiori rispetto ad oggi, sfiorando i 1.200 miliardi.
È quanto emerge dallo studio “The Future is Private. Unlocking the Art of Private Equity in Wealth Management” realizzato da Boston Consulting Group in collaborazione con iCapital, stando al quale il private equity è pronto per diventare un settore non più solo appannaggio degli istituzionali, a cui fa capo oltre il 90% dei 5.300 miliardi di dollari gestiti attualmente da questi fondi, ma sta raccogliendo sempre di più l’interesse dei privati.
Se quindi la ripresa economica favorirà ulteriormente l’espansione di alcune classi di investimento, asset alternativi in primis, diventa evidente come per i wealth manager si stia aprendo una grande finestra di opportunità per soddisfare i propri clienti, anche collaborando con le fintech più promettenti. Soglie di accesso minime elevate, liquidità limitata, processi complessi di sottoscrizione e gestione e difficoltà di accesso ai migliori fondi che finora hanno limitato l’eccesso agli investitori individuali ormai non sono più un problema.
Mercati privati, la carica degli investitori individuali
La revisione delle normative sugli investimenti in materia, come ad esempio quella legata alle soglie minime di investimento per clientela individuale, insieme al progresso tecnologico, stanno infatti abbattendo gran parte delle barriere d’ingresso ai mercati privati. È così anche gli investitori privati potranno cogliere opportunità di investimento in asset class che negli anni hanno dimostrato ritorni rilevanti nel medio-lungo periodo e benefici di diversificazione del portafoglio. Dunque, stando allo studio, ammonteranno a 1.200 miliardi di dollari le allocazioni degli individuali nel private equity nei prossimi 5 anni.
“Oggi banche e wealth manager hanno l’opportunità di facilitare l’accesso degli investitori individuali al private equity. Così facendo, i wealth manager potranno aiutare gli investitori a diversificare maggiormente i propri portafogli e a migliorare significativamente il loro potenziale di rendimento. Dall’altro, espandendo i loro servizi nell’offerta private equity, prodotto a valore aggiunto e con buone marginalità, sia le banche che i wealth manager potranno alleviare parte della pressione sui margini che stanno vivendo in questo momento sui prodotti più tradizionali”, spiega Edoardo Palmisani, managing director, partner di BCG e co-autore dello studio.
“Stiamo assistendo ad una rilevante creazione di ricchezza al di fuori dei mercati pubblici, dovuta al fatto che le società rimangono private più a lungo – sottolinea Marco Bizzozero, head of international di iCapital -. Di conseguenza, e tenuto conto dei maggiori benefici in termini di rendimento e diversificazione, molti gestori patrimoniali stanno facendo dei mercati privati una priorità strategica fondamentale. La tecnologia e la formazione giocheranno un ruolo fondamentale nel supportare i wealth manager nel rispondere alla crescente domanda di incorporare gli investimenti nei mercati privati in un portafoglio diversificato dei loro clienti”.
Private equity, raddoppio entro il 2025
In particolare, secondo lo studio, a fine 2020, si stima che la ricchezza finanziaria globale abbia raggiunto un valore record complessivo pari a 250mila miliardi di dollari, registrando un aumento dell’8,3% durante il corso del 2020. Un trend destinato a consolidarsi anche in futuro, quando la ripresa economica favorirà ulteriormente l’espansione del mercato e di alcune classi di investimento in particolare, come appunto gli asset alternativi.
Tra quest’ultime, rientrano anche i fondi di private equity, già cresciuti da 2.400 a 5.300 miliardi tra il 2015 e il 2020 che, stando alle previsioni, nei prossimi cinque anni arriveranno a raddoppiare il patrimonio in gestione, raggiungendo un valore complessivo di 11 mila miliardi. E appunto, a favorire questa crescita saranno in parte gli investitori individuali, il cui contributo ai fondi crescerà di 2,4 volte tra il 2020 ed il 2025, quando sfiorerà i 1.200 miliardi.
Nei prossimi 5 anni l’esposizione degli investitori individuali agli alternativi salirà di 4.000 miliardi. Con i tassi di interesse ai minimi, i clienti dei wealth manager sono infatti alla ricerca di asset diversi da bond e azioni, capaci di generare rendimenti superiori e risultati costanti. Il private equity è in grado di soddisfare entrambe le richieste. Oltre che ai clienti il private equity conviene anche ai wealth manager, in quanto fornisce una preziosa fonte alternativa di ricavi in un’epoca di elevata pressione sulle commissioni di gestione e di conseguenza sui margini.
Dai risparmiatori italiani 13,5 miliardi nei fondi di private equity
Il maggiore apporto a questo aumento arriverà da investitori americani e cinesi. Anche gli investitori europei giocheranno un ruolo sempre più rilevante nel panorama dei fondi di private equity. Sebbene su scala minore, i singoli risparmiatori italiani aumenteranno il proprio contributo a questa asset class entro il 2025, quando arriveranno a detenere 13,5 miliardi nei fondi di private equity.
Accedere ai fondi di private equity non è, però, un’impresa semplice. Questi fondi hanno taglie minime di investimento fra i 5 e 10 milioni, che continuano ad essere inarrivabili per molti investitori individuali, nonché relazioni molto solide con gli istituzionali che da decenni sostengono la loro raccolta. Tuttavia, stando al report, diverse startup stanno lavorando per democratizzare l’accesso anche ai gestori più esclusivi. Le fintech, insomma, potranno accelerare il fenomeno.
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