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Studio BCG: per il 70% dei limited partner le imprese sostenibili possono ottenere valutazioni più elevate. I maggiori passi avanti nell’adozione delle rinnovabili e nella diversity&inclusion
Il private equity fa bene anche alla sostenibilità. Le aspettative degli investitori stanno infatti spingendo l’adozione di energie rinnovabili, la diversity&inclusion aziendale e le strategie per il Net Zero delle imprese in portafoglio. È quanto emerge dal rapporto annuale di Boston Consulting Group, nel quale si certifica come il settore, che ormai gestisce oltre 8.700 miliardi di dollari di asset, abbia un’influenza sempre più decisiva anche sui temi ambientali e sociali.
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Aziende sostenibili possono avere valutazioni più elevate
Gli esperti BCG notano come il private equity si stia rivelando un attore chiave nella transizione green, con un orientamento verso risultati tangibili in ambito ESG e nell’integrazione di questi fattori nelle strategie di investimento da parte degli asset manager. E i progressi più significativi si registrano in aree come l’adozione di energie pulite o la diversità di genere ai vertici delle aziende. Per Elisa Crotti, managing director e partner del gruppo di consulenza, non siamo solamente di fronte a una risposta alle sfide ambientali ma anche a un riflesso delle nuove priorità degli investitori. Un sondaggio condotto tra i membri dell’Edci rivela infatti che per il 70% dei limited partner le aziende capaci di gestire efficacemente i temi di sostenibilità possono ottenere valutazioni più elevate. “Non è un caso che il 40% di essi abbia già destinato fondi specifici a investimenti climatici”, sottolinea Crotti. Aggiungendo che il tema è importante anche per i general partner. “L’85% degli LP intervistati dalla nostra analisi prevede infatti di attribuire maggiore priorità alle questioni legate alla sostenibilità nei prossimi tre anni”, evidenzia.
Net Zero, i progressi ci sono ma la strada è lunga
Nonostante i progressi, lo studio rimarca come il cammino verso il Net Zero rimanga lungo e difficile. Prova ne è il fatto che appena il 22% delle aziende private partecipate da fondi di private equity abbia una strategia di decarbonizzazione, contro il 29% delle quotate. Tuttavia, dove questi programmi sono presenti, i risultati si raggiungono più rapidamente: le aziende interessate stanno infatti riducendo le emissioni a un ritmo significativamente superiore di quello tenuto dalla loro corrispettive quotate. In questo senso, l’adozione delle rinnovabili è un esempio emblematico. Tra le società analizzate, l’utilizzo di energia da fonti pulite è salito nel 2023 rispetto al 28% del 2022 e ha portato la quota mediana al 30%. Inoltre, la riduzione del divario nell’impiego di questo tipo di risorse fa bene sperare: la percentuale di imprese private che ne hanno incrementato l’uso di almeno il 25% è salita rispetto allo scorso anno raggiungendo il 12% (+2%), rispetto al 6% delle pubbliche. A livello geografico rimangono però forti disparità: le realtà del Nord America sono infatti ancora molto indietro rispetto alle loro controparti europee. In media, le aziende del Vecchio Continente (contando anche quelle che non utilizzano affatto le rinnovabili) ricavano il 22% della propria energia da fonti pulite, contro appena l’1% d’Oltreoceano, che lo scorso anno ha registrato addirittura uno 0%.
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Diversità e lavoro: una marcia in più per il private equity
Il report evidenzia progressi significativi anche sul fronte sociale. Il 77% delle aziende partecipate ha oggi almeno una donna nella leadership, contro il 64% delle corrispettive pubbliche. Tuttavia, il divario nei consigli di amministrazione resta evidente: 61% contro 89%. Il private equity si distingue poi nella creazione di nuovi impieghi: nonostante gli impatti delle pressioni economiche globali sul mercato del lavoro, nel 2023 le imprese private hanno generato quattro nuovi assunti ogni cento dipendenti mentre le pubbliche si sono fermate a uno.
Un punto di svolta
Per BCG, i numeri dimostrano come il private equity sia a un punto cruciale del percorso verso la finanza etica: l’integrazione di questi temi nelle strategie aziendali, infatti, non è più solo un’opzione ma una necessità per creare valore e mantenere la competitività. Man mano che le iniziative ESG all’interno del settore continueranno a maturare, gli esperti credono che una migliore raccolta e trasparenza dei dati consentirà di ottenere informazioni preziose sia per gli allocatori sia i gestori e le società in portafoglio. In questo modo sarà possibile “massimizzare il proprio impatto e trasformare la sostenibilità in un vantaggio competitivo”, conclude il rapporto.
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