La carica delle big heritage
Le large cap europee del lusso sono proprietarie di marchi esclusivi e storici, con un posizionamento unico tra le preferenze dei consumatori. Ma lo stock picking resta essenziale
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“Nonostante le sfide di questo inizio d’anno non cambieremo il nostro stile quality growth”, ad affermarlo è Gabriella Berglund, branch manager di Comgest Italia. Da inizio anno i risultati dei fondi del gruppo hanno sottoperformato a causa del ciclo di asset. Comgest si concentra su tecnologia, healthcare e consumo. Nei primi mesi del 2022, a causa dell’inflazione e della crisi Russia-Ucraina, sono le materie prime ad aver registrato le migliori perfomance: sulle quali Comgest però non è esposta. “Si tratta di un anno di sfide, ma anche di opportunità” ha concluso Berglund.
Il vecchio continente è al centro di un momento di forte incertezza. Tuttavia, ci sono dei driver di crescita che continuano ad avere un trend rialzista. Si tratta di società iperscalabili del cloud, i fornitori di contenuti streaming e le società di pagamenti elettronici. “Mentre”, specifica Alistair Wittet, gestore azionario Europa di Comgest, “i combustibili fossili, i tradizionali operatori bancari e i negozi fisici di vendita al dettaglio stanno dimostrando di avere una tendenza sempre più al ribasso”.
Secondo il report “Single Market for investment funds” del 2022, firmato dalla Corte dei Conti Europea, a fine 2020 “il valore patrimoniale netto (net asset value – NAV) dei 64.000 fondi di investimento domiciliati nell’UE era pari a 18.800 miliardi di euro, il che rende l’UE il secondo mercato più grande al mondo, dopo gli Stati Uniti, per i fondi di investimento in termini di patrimoni gestiti”. Si legge ancora: “tra il 2011 e il 2020 il valore patrimoniale netto è aumentato del 119 % (ossia di oltre 10.000 miliardi di euro)”.
Ma la pandemia prima e la crisi Russia-Ucraina dopo hanno contribuito all’effetto attrito sulla crescita dei fondi. “Ci troviamo di fronte a tre sfide importanti” ammette Wittet, “in materia di ambiente, catena di approvvigionamento e pressioni inflazionistiche”.
Al momento, infatti, come conferma il report della Cce, la questione ambientale si biforca: da una parte l’aumento del costo delle materie prime; dall’altra il rispetto della normativa Sfdr. Il report avverte che “in concomitanza con i crescenti obblighi normativi per quanto riguarda la presa in considerazione delle informazioni Esg, fa aumentare il rischio di greenwashing, allocazione inefficiente del capitale e vendite improprie di prodotti”.
A questo va aggiunto il rischio di stagflazione (inflazione in aumento e bassa crescita).“Ci sono dei driver anche in questo caso”, specifica Wittet, “che salvaguardano da uno scenario simile”. Si tratta dei luxury goods, ancora una volta dell’healthcare e dell’innovazione digitale, “come Ermes, Asml, Luxottica”, conclude Wittet.
“I mercati asiatici sono stati deboli da inizio anno e negli ultimi 12 mesi” afferma Bhuvnesh Singh, gestore azionario Asia (Ex Japan) e India di Comgest. La tiepida performance dei mercati asiatici è a causa della Cina: “una combinazione di restrizioni legate al Covid, una stretta politica monetaria/fiscale e un giro di vite normativo sulle aziende di nuova generazione hanno portato a un sentiment debole dei consumatori e a problemi significativi per il settore immobiliare con un’eccessiva leva finanziaria”.
Il colosso asiatico trascina le economie emergenti dell’area. Lo stesso però risente adesso del conflitto Russia-Ucraina, “che ha smorzato ulteriormente l’andamento dei mercati”.
In Cina, lo scorso 4 marzo sono cominciati i lavori delle due sessioni 2022 dell’Assemblea nazionale del popolo, ovvero il Parlamento cinese e della Conferenza politico-consultiva del popolo cinese. I lavori si sono chiusi lo scorso 13 marzo con una conferenza stampa del premier Li Keqiang, che nell’occasione ha presentato il Rapporto sull’attività del Governo, comunicando l’obiettivo di crescita per il 2022. Il governo cinese prevede un rallentamento, con il Pil al +5,5% per il 2022, comunque maggiore rispetto alle previsioni degli analisti.
Per questo Singh specifica: “le recenti dichiarazioni dei governi suggeriscono che anche le pressioni normative potrebbero diminuire in futuro”. Prevedendo che l’andamento degli utili potrebbe cambiare “con la ritardata riapertura dell’economia cinese e una politica monetaria e fiscale relativamente più accomodante”.
“Il covid ha avuto un impatto maggiore in Giappone rispetto agli altri Paesi” afferma Chantana Ward, gestore azionario Giappone di Comgest. “È stato esposto a diverse sfide, come la fluttuazione dello yen”.
Secondo i dati della Bank of Japan, il Paese è cresciuto del 5,4% annualizzato in ottobre-dicembre 2021, dopo aver contratto un 2,7% rivisto nel trimestre precedente. A febbraio però il governatore della Boj, Haruhiko Kuroda, aveva evidenziato come l’escalation delle tensioni in Ucraina potesse risultare un rischio per le previsioni della banca centrale di una moderata ripresa economica.
“Anche in Giappone abbiamo assistito alla grande rotazione settoriale che ha favorito lo stile value rispetto al growth” specifica Ward. “Questa rotazione è avvenuta in Giappone come sugli altri mercati” continua. L’assenza di inflazione in Giappone e la politica di tassi di interesse pari a zero “e il controllo della curva dei tassi riconfermato venerdì 18 marzo”, dovrebbero essere indicazioni di un arresto della rotazione.
In ogni caso per Ward, anche in Giappone è possibile individuare dei driver che al netto delle previsioni incerte continueranno a seguire un trend al rialzo. Si tratta di aziende che hanno a che fare con i seguenti settori: gaming, ridesharing, guida autonoma, veicoli elettrici, tecnologia medica, semiconduttori e fintech. Se a queste indicazioni si aggiunge la riapertura delle frontiere giapponesi per la prima volta in due anni, “gli investitori”, conclude Ward, “possono sperare in una forte ripresa economica nel 2022”.
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