Risparmio gestito: febbraio senza scosse. Prosegue l’appetito per gli azionari
Sostanzialmente piatta la raccolta di febbraio, mentre pesa la volatilità dei mercati sulle masse. Prosegue lo slancio dei fondi azionari (+3 miliardi da inizio anno)
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L’ottava edizione del rapporto Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane, curato da Nadia Linciano (coordinatrice), Valeria Caivano, Daniela Costa, Monica Gentile e Paola Soccorso, è stato presentato il 26 gennaio scorso.
Come ogni anno, il lavoro di ricerca è ricco di dati e di spunti interpretativi di fondamentale importanza per gli operatori del settore finanziario e del risparmio gestito.
Nell’ultima edizione del rapporto si trovano numerose conferme dei dati e delle tendenze già emerse in passato alle quali vengono però aggiunte nuove evidenze, più approfondite, delle caratteristiche della popolazione degli investitori in Italia. Alcuni di questi aspetti, a volte in contrasto con alcune opinioni correnti, meritano specifiche considerazioni e riflessioni.
Il tasso di risparmio nel 2022 prosegue la discesa verso livelli più coerenti con le medie storiche dai valori eccezionalmente elevati che si erano rilevati nel corso della Pandemia Covid. Si sostiene spesso che l’Italia sia un paese di risparmiatori, dove la formazione del risparmio è strutturalmente elevata. E’ una narrazione che trae origine da dati lontani nel tempo: in realtà, dal 2009 ad oggi, il tasso di risparmio in Italia risulta inferiore alla media europea. Il volume di risparmio generato non è abbondante come in passato e ciò non è irrilevante ai fini dell’analisi delle scelte di investimento che si orientano, sempre di più, verso obiettivi conservativi in presenza di una notevole avversione verso il rischio.
Nelle classifiche internazionali che misurano il grado di financial literacy degli investitori, l’Italia occupa spesso posizioni di retroguardia. La ricerca Consob conferma che il livello di conoscenze dei risparmiatori italiani rimane del tutto insoddisfacente.
Tuttavia, il rapporto mette in evidenza che le conoscenze di base nel biennio 2021-2022 mostrano un incremento quantificabile in una variazione di circa 3 punti percentuali dei relativi indicatori. L’indice (Unadjusted) passa da un livello di 60 ad un valore di 63. Siamo quindi su valori ancora insufficienti anche se un progresso di tre punti in un anno non è da sottovalutare.
Una delle nuove informazioni aggiunte nell’ultima edizione del rapporto consente di analizzare la variabilità dell’indicatore che rappresenta le conoscenze di base anche rispetto all’esperienza in materia di investimenti (misurata in anni di partecipazione ai mercati finanziari).
Ci si attende che da un’attività di investimento condotta negli anni ne consegua un’accumulazione di conoscenze (learning by doing). Il merito del lavoro di ricerca di Consob è di aver dato conferma di questa aspettativa, fornendone però una misura quantitativa: gli investitori che partecipano ai mercati finanziari da più di tre anni evidenziano una maggiore conoscenza di base pari a 12 punti.
Senza voler mettere in secondo piano le proposte di introdurre l’educazione finanziaria nelle scuole, si può affermare che una partecipazione ai mercati finanziari, assistita da un’adeguata assistenza e consulenza da parte degli intermediari, può costituire un motore per accrescere nel medio termine il livello delle conoscenze di base degli investitori, puntando ad un traguardo, non lontanissimo, del 75-80% (rispetto all’attuale 63%).
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Circa il 40% degli investitori italiani partecipa ai mercati finanziari da più di 10 anni, mentre il 23% dichiara di aver acquistato attività finanziarie per la prima volta nel triennio 2020-2022 (definiti i “nuovi investitori”).
L’esperienza negli investimenti, approssimata con il numero di anni di partecipazione ai mercati finanziari, costituisce un fattore importante per la segmentazione degli investitori, poiché a essa si associano più di frequente talune caratteristiche distintive.
In particolare, nel confronto con i ‘nuovi investitori’ (che investono al massimo da tre anni) quelli più “esperti” mostrano più elevate conoscenze finanziarie di base (53% versus 39% del sotto-campione dei nuovi investitori), conoscenze dei prodotti finanziari (50% versus 23%) e dei rischi finanziari (30% versus 20%); maggiori conoscenze in materia di finanza sostenibile (61% versus 46%), maggiori conoscenze digitali (53% versus 43%) e un più diffuso ricorso alla consulenza (39% versus 26%).
Tali considerazioni sono particolarmente utili in questa fase nella quale la Commissione europea si prepara ad avviare una modifica della Direttiva Mifid: con ogni probabilità, la nuova proposta dovrebbe prevedere una più articolata classificazione della clientela “retail”, introducendo una categoria di clienti “informati”, intermedia tra il cliente retail ed il professionale.
L’esperienza maturata negli investimenti incide anche nella scelta dei servizi e degli strumenti finanziari da parte degli investitori. I prodotti di risparmio bancari e postali sono tipicamente preferiti da coloro che investono da meno di 3 anni (59%); tale preferenza tuttavia decade al 42% tra gli investitori che partecipano ai mercati finanziari da più di 10 anni.
Per converso, esaminando gli stessi due gruppi di investitori, la preferenza nei confronti dei fondi di investimento sale dal 16% al 41%. Medesimo fenomeno si osserva per le gestioni di portafoglio e per l’investimento nelle azioni quotate.
Al contrario, l’investimento in criptovalute è relativamente preferito da chi investe da poco tempo.
Il processo di apprendimento da parte degli investitori, derivante dalla partecipazione ai mercati, sembra quindi “spingere” il cliente a soluzioni di investimento gestite e più diversificate.
Nel campione esaminato l’orizzonte temporale di investimento si attesta tra 3 e 5 anni nel 35% dei casi ed è superiore a 5 anni per il 32% degli intervistati. Il 39% degli intervistati ha come obiettivo la protezione del capitale, il 27% la crescita, mentre il 18% mira a generare una rendita periodica; il 16% non sa indicare il proprio obiettivo.
Anche su questo aspetto la rilevazione fornisce risultati molto diversi in funzione dell’esperienza maturata negli investimenti. Chi investe da meno di tre anni privilegia un orizzonte di breve termine (meno di tre anni) nel 50% dei casi, molto più frequente rispetto investitori con maggiore esperienza di investimento (27%). Al contrario, l’investimento con un orizzonte di più lungo termine (più di 5 anni) è preferito dal 34% degli investitori dotati di maggiore esperienza (contro il 28% dei nuovi investitori).
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La rilevazione dell’esperienza in materia di investimenti è una delle variabili, insieme alla conoscenza, oggetto del processo di profilazione di rischio previsto dalla Direttiva Mifid. Le evidenze fornite dal rapporto della Consob consentono di assegnare, tra le variabili di profilazione del cliente, una maggiore enfasi e importanza all’esperienza maturata dal cliente.
Anche sotto il profilo della normativa relativa alla classificazione dei clienti, sarebbe opportuno che il legislatore prendesse atto che nel grande mondo della clientela “retail” esistono profonde differenze ed è quindi opportuno prevedere livelli di tutela e regole di condotta differenziati in funzione della tipologia del cliente.
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