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Risorse leggermente inferiori al calcolo di gennaio. Governance a due livelli e cabina di regia al Mef. Meno di due mesi per finalizzare il piano, effetti sul Pil oltre il 3%
Il Recovery Fund per l’Italia significa 191,5 miliardi, con le risorse che dovrebbero arrivare a partire dalla fine dell’estate. I tempi sono stretti, il dialogo col Parlamento dovrà essere serrato e il coordinamento spetterà al Mef, con l’obiettivo di riuscire a sfruttare questa opportunità storica per superare i divari e le debolezze strutturali del Paese. È questo in sintesi il programma del ministro dell’Economia, Daniele Franco, per quanto riguarda il Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che ci permetterà di ottenere e mettere a frutto i fondi Ue.
Il fedelissimo di Mario Draghi illustra la sua tabella di marcia nel corso di un’audizione davanti alle commissioni di Camera e Senato, la prima in veste di numero uno del Mef, interrotta per oltre mezz’ora appena dopo l’avvio a causa di un problema di connessione. Il Recovery Plan “rappresenta certamente una priorità per il governo, per il Paese e ovviamente per il Mef, questo primo incontro spero che sia l’inizio di un dialogo durevole e intenso perché abbiamo davanti a noi un percorso molto rapido e intenso e su questo dobbiamo interagire strettamente”, esordisce Franco, sottolineando come il Next Generation Ue sia anche un passaggio storico nella costruzione del bilancio europeo comune.
Risorse
Quanto alle risorse, queste saranno disponibili alla fine dell’estate con i pre-finanziamenti al 13%. Si tratta, secondo le previsioni, di “circa 196 miliardi a prezzi correnti, 69 sotto forma trasferimenti, 127 sotto forma prestiti”. Tuttavia, Franco chiarisce che gli ultimi dati e il regolamento europeo che prende a riferimento il Pil del 2019, portano “a una stima dell’entità delle risorse per circa 191,5 miliardi, leggermente inferiore a quella indicata a gennaio”. Si tratta comunque, precisa, di “una occasione molto importante, che rende possibile affrontare in modo coordinato e con rilevanti mezzi alcuni problemi strutturali”. Per il ministro, se l’attuazione del Piano avrà successo, ci consegnerà “un Paese più prospero, più sostenibile, con una Pubblica Amministrazione più efficiente”.
Governace
Per la gestione, Franco prevede “una governance robusta e articolata nella fase di attuazione degli interventi”. Compiti e responsabilità saranno suddivisi su due livelli: “Stiamo considerando la costituzione di una struttura centrale di coordinamento presso il Mef a presidio e supervisione dell’efficace attuazione del piano”, che sarà “affiancato da una unità di audit indipendente”. A livello di ciascun ministero, invece, si sta considerando la “creazione di presidi di monitoraggio e controllo sulle misure di rispettiva competenza con il compito di interagire con i soggetti attuatori”.
Tempi
E non c’è tempo da perdere. “I tempi sono stretti: abbiamo meno di due mesi per finalizzare il piano, per questo la definizione non può subire battute d’arresto”, avverte l’ex ragioniere dello Stato, spiegando che si parte dalla bozza attuale e si sta procedendo con l’analisi dei contenuti verificando le strategie e con il disegno delle misure di riforma più urgenti. “Dobbiamo definire un piano metodologicamente unitario e coerente con gli obiettivi”, scandisce, si tratta di una “sfida ambiziosa” anche perché “l’effettiva erogazione delle risorse sarà subordinata al conseguimento di obiettivi intermedi e finali” che vanno definiti “fin da subito definiti in modo chiaro, realistico e verificabile”.
Per quanto riguarda invece il piano presentato a gennaio dal precedente governo, “alcune parti” vanno rafforzate, e “occorre tarare i nostri progetti sulle risorse effettivamente disponibili”. Inoltre “nelle prossime settimane dovremo riflettere sul rapporto fra progetti a legislazione vigente e nuovi progetti e vedere se la distribuzione fra i due canali di intervento debba restare quella indicata o debba essere soggetta a cambiamenti”, evidenzia il ministro.
Obiettivi
Passando agli obiettivi, per Franco fa fede il discorso di Draghi alle Camere. “Produzione di energia da fonti rinnovabili, abbattimento dell’inquinamento di aria e acqua, rete ferroviaria veloce, reti di distribuzione di energia per i veicoli ad alimentazione elettrica, produzione e distribuzione di idrogeno, digitalizzazione, banda larga e reti di telecomunicazione”. Obiettivi che “saranno soggetti a vincoli concreti attraverso precisi criteri di ammissibilità” in base alle tre linee guida dell’Ue: digitalizzazione, conversione ecologica, inclusione sociale.
Imprescindibili, poi, le riforme che dovranno accompagnare gli investimenti del Recovery. “Occorre tenere a mente la tensione fra l’obiettivo di ridisegnare in modo organico la cornice regolamentare delle aree di interventi, e i tempi molto molto serrati. Bisogna essere molto, molto pragmatici”, sottolinea Franco, spiegando che due interventi sono particolarmente importanti, da un lato la riforma della pubblica amministrazione e dall’altro quella della giustizia. Inoltre “una terza area molto importante di riforma di forma riguarda gli interventi di semplificazione normativa trasversale”, aggiunge. Quella fiscale, invece, pur essendo “una delle priorità di questo governo” visto il livello “relativamente alto” dell’imposizione fiscale e delle aliquote in Italia, non verrà affrontata nell’ambito del piano italiano di ripresa e resilienza.
Per il titolare di via XX Settembre, proprio grazie alle riforme l’impatto sul Pil può andare oltre quanto previsto dal governo precedente. La simulazione d’impatto del Pnrr contenuta nella Nadef, che ipotizzava una +3% acquisito stabilmente nel corso degli anni, “non teneva conto dei possibili effetti delle riforme, che ove si realizzassero darebbero un impatto economico che potrebbe essere più elevato – conclude Franco -. La simulazione dei colleghi del Mefn isolava l’effetto del Piano, che comunque non è piccolo dato che è permanente”.
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