Le aspettative d’inflazione crescono: rischio o opportunità? Con rendimenti in risalita si può pensare di ridurre il peso dell’azionario. Ecco come si muovono gli esperti
Lorenzo Pagani, responsabile del team di gestione dei portafogli governativi europei di Pimco
L’approvazione del pacchetto di stimoli fiscali da 1.900 miliardi di dollari negli Stati Uniti rende più concreto lo scenario reflazionistico prospettato da più parti fin dall’inizio dell’anno.
Lo conferma la survey condotta da Bank of America fra i fund manager che vede, per la prima volta da un anno a questa parte, l’inflazione farsi largo fra i principali rischi monitorati dalle case di gestione nel 2021.
Uno scenario come questo complica la vita dei gestori di reddito fisso (se i rendimenti delle obbligazioni salgono i prezzi scendono, ndr) e li spinge a diversificare le strategie guardando alle scadenze più brevi, agli emittenti di più bassa qualità e verso l’universo delle obbligazioni indicizzate all’inflazione.
“Le obbligazioni indicizzate all’inflazione presentano un insieme unico di caratteristiche di rendimento, rischio e correlazione che differiscono dalle obbligazioni convenzionali. I portafogli pertanto possono beneficiare della maggiore diversificazione che deriva da una combinazione di obbligazioni nominali e indicizzate all’inflazione migliorando così il profilo di rischio/rendimento”, spiega Lorenzo Pagani, responsabile del team di gestione dei portafogli governativi europei di Pimco.
I migliori gestori Reddito fisso globale a 12 mesi
Fra i gestori che negli ultimi 12 mesi hanno navigato meglio lo scenario descritto sopra troviamo infatti strategie basate su un approccio opportunistico ma che sottintendono un lavoro di gestione attiva molto meticoloso. Gli indicatori aggiustati per il rischio, infatti, sono mediamente alti per la selezione.
Prendendo come esempio l’indice dei prezzi al consumo dell’area Euro, il tasso implicito dell’inflazione di pareggio a cinque anni su un orizzonte quinquennale (5y5y) basato sul mercato degli swap sull’inflazione attualmente si colloca intorno all’1,4%, il che significa che il mercato prevede che fra il 2026 e il 2031 l’inflazione media sarà di 60 punti base inferiore all’obiettivo d’inflazione della Bce.
“Anche senza che gli investitori prendano posizione sulla direzione dell’inflazione futura, la probabilità di maggiore volatilità dei prezzi introdotta dal poderoso quantitative easing della banca centrale dovrebbe aumentare il valore di convessità delle obbligazioni indicizzate all’inflazione in ragione dell’opzione incorporata”, sostiene Pagani.
Un altro rischio che vale la pena di considerare è la scarsità dell’offerta di obbligazioni indicizzate all’inflazione. “Le emissioni di questi titoli sono infatti molto inferiori a quelle dei titoli sovrani nominali e i governi potrebbero ridurle ulteriormente se cominciassero a preoccuparsi dell’inflazione. Il rischio in sostanza è che dopo che l’inflazione ha rialzato la testa tende a essere molto più difficile coprirsi rispetto ad essa”, chiosa il fund manager di Pimco.
Rendimenti, focus sul 2%
Ulrich Kaffarnik, board member e capital market strategist di DJE Kapital
Nel suo sondaggio mensile relativo a marzo 2021, BofA rileva che 2-2,5% è il range del rendimento decennale Usa sopra il quale i fund manager si aspettano una possibile correzione delle Borse.
“Con un rendimento di circa il 2% gli investitori possono iniziare a pensare di ridurre il peso delle azioni e tornare al reddito fisso”, sostiene Ulrich Kaffarnik, board member e capital market strategist di DJE Kapital.
Per ora il 2% è lontano – il rendimento dei Treasuries si attesta intorno all’1,4% dopo un record a 1,6 all’inizio dell’anno.
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