7 min
Per Amundi è necessario cogliere opportunità in tutte le classi di attivi, azioni e asset reali in testa. Secondo Robeco l’equity avrà la migliore performance. Janus Henderson e Invesco vedono rosa per i bond
Il bicchiere mezzo vuoto dice che non saranno mesi facili sul fronte della caccia al rendimento. Quello mezzo pieno assicura, comunque, che per chi sa cercare bene le soddisfazioni non mancheranno né sul fronte azionario né su quello dei bond. Certo è che, comunque la si guardi, la situazione non è affatto semplice e tra inflazione, banche centrali, pandemia, immobiliare cinese, nuove tensioni Washington-Pechino, gli investitori rischiano di dover faticare parecchio per conquistare obiettivi minimi.
Chi vede grigio per i prossimi tre anni riguardo alle prospettive di rendimento reale, sono Pascal Blanqué e Vincent Mortier, rispettivamente group chief investment officer e deputy group chief investment officer di Amundi. “Secondo noi – avvertono -, il rendimento annuo reale di un portafoglio costituito per il 60% da azioni e per il 40% da obbligazioni aggregate potrebbe essere attorno allo zero sia negli Usa, sia in Europa”.
Stando ai due esperti, dunque, il rebus è ora come aumentare il potenziale del rendimento reale. “Ciò vorrà dire cogliere le opportunità disponibili in tutte le classi di attivi perché il valore reale ancora presente sui mercati non è abbondante, e quindi gli investitori dovranno mantenere un’ampia rosa di strumenti”, affermano.
Le prospettive per l’azionario…
Per quanto riguarda quindi l’asset allocation, per Blanqué e Mortier continueranno a essere favorite le azioni data l’assenza di alternative. “Non appena l’economia riaccelererà nel Q2/Q3 2022, nell’azionario si passerà probabilmente da una posizione neutrale a una posizione di sovrappeso tattico – precisano -. Nel frattempo, è necessario dotarsi di coperture perché cresce il rischio di errori della politica”. Inoltre, stando ai due esperti, visto che la ripresa si sta estendendo anche ai mercati emergenti, un’area in cui l’allocazione è scesa al di sotto degli obiettivi strategici e il potenziale di rendimento è più alto, gli investitori ritorneranno su questi mercati alla ricerca di valutazioni attraenti.
“Nel complesso – mettono in guardia -, per quanto riguarda le azioni, c’è il rischio di bolle in alcune aree. Non sappiamo quali siano le società che non sono in grado di determinare i prezzi (e che quindi non possiedono una struttura dei costi competitiva), perché sui mercati non è ancora avvenuta una discriminazione su questa base. Gli investitori dovrebbero quindi privilegiare i titoli quality/value, quelli che distribuiscono dividendi e quelli che presentano la capacità sostenibile (non facile da misurare) di determinare i prezzi”.
Anche secondo Colin Graham, head of multi asset strategies e co-head of sustainable multi asset solutions di Robeco, le azioni sembrano rimanere la scelta migliore, ma è probabile che i rendimenti si concentrino più sul breve che sul lungo periodo, quando le banche centrali inizieranno ad alzare i tassi d’interesse. “Per noi – chiarisce – lo slancio economico, i tassi d’interesse e la liquidità volgeranno tutti nettamente a favore degli asset rischiosi, anche se un eventuale lockdown degli Stati Uniti potrebbe indurci a mettere in discussione queste prospettive”.
Dunque, secondo l’esperto, i rendimenti azionari arriveranno più facilmente quest’anno, piuttosto che l’anno prossimo o quello successivo: si concentreranno cioè sul breve periodo. “L’eccesso di liquidità che deteniamo ora si ridurrà sostanzialmente una volta che il ciclo restrittivo si troverà nella sua fase più acuta nel 2023 e 2024. Ed è molto probabile che la Banca d’Inghilterra e anche la Bce si accoderanno alla Fed per una stretta entro il 2023 o il 2024”, spiega.
Insomma, se l’espansione del bilancio rallenta, anche i rendimenti azionari tenderanno sicuramente a concentrarsi sul breve periodo per le stesse ragioni. “Per le azioni, in rapporto alla crescita nominale che sostiene l’azionario e l’obbligazionario, le aspettative di utili sono troppo basse l’anno prossimo – aggiunge Graham -. Pensiamo che le aspettative di utili saliranno nel corso del prossimo anno: attualmente i margini sono elevati, ma inizieranno a scendere quando i costi dei fattori produttivi e in particolare del lavoro inizieranno a salire più avanti nel corso del 2022. Almeno per i prossimi trimestri, quindi, intravediamo effettivamente un maggiore potenziale di rialzo nelle azioni, portando con sé premi al rischio più positivi rispetto a quelli obbligazionari”.
… e quelle per l’obbligazionario
Passando quindi al reddito fisso, secondo Blanqué e Mortier di Amundi, le obbligazioni societarie con rendimenti più alti e una duration breve potrebbero essere la soluzione migliore per contrastare l’inflazione. Ma la selezione avrà un peso determinante perché i tassi di default inizieranno ad aumentare viste le condizioni finanziarie meno favorevoli.
Decisamente più ottimisti John Pattullo e Jenna Barnard, co‑heads strategic fixed income di Janus Henderson, che vedono un terreno più fertile per i rendimenti obbligazionari nel 2022. “Mentre si continua a discutere animatamente sull’esistenza o meno di un passaggio strutturale a un’inflazione più alta, per noi finora i movimenti dei rendimenti obbligazionari, hanno avuto una certa logica: hanno cioè seguito l’impulso ciclico dei dati economici, come rilevato dal tasso di cambiamento anno su anno dei dati”, osservano.
Per i due esperti di Janus Henderson ci vorranno diversi anni prima di capire definitivamente se l’attuale tendenza dell’inflazione derivante dal Covid sia di natura transitoria o meno. E a causa dei cambiamenti strutturali nell’economia globale sarà probabilmente sempre più difficile trovare la crescita in futuro. “Nel frattempo – sostengono -, prevediamo una forte decelerazione dei dati sulla crescita e sull’inflazione a partire dal secondo trimestre 2022, che potrebbe portare i rendimenti obbligazionari ad abbassarsi nel secondo-terzo trimestre del prossimo anno”.
Secondo Pattullo e Barnard i segnali ciclici puntano a rendimenti dei titoli di Stato più bassi nel 2022. “Prendendo in esame i due motori della crescita economica, Stati Uniti e Cina, è improbabile che l’impulso fiscale visto nella pandemia si ripeta l’anno prossimo, mentre l’economia cinese sta già rallentando rapidamente. Eppure, potremmo trovarci di fronte a un ambiente in cui i banchieri centrali potrebbero frenare un po’ troppo e aumentare i tassi. Questa soluzione abbasserebbe i rendimenti delle obbligazioni a lungo termine”, evidenziano.
I mercati del credito invece sono piuttosto piatti al momento, ma per i due esperti il loro prezzo è ragionevole, dato che la volatilità e i default sono stati straordinariamente bassi sul mercato nel 2021.” Tuttavia, le curve di rendimento dei titoli di Stato più piatte non sono di buon auspicio per questo segmento e terremo quindi un occhio vigile”, raccomandano. Nel complesso, per Pattullo e Barnard ci saranno opportunità da sfruttare nei titoli di Stato all’inizio del prossimo anno. “Le aspetteremo pazientemente sui mercati del credito. A nostro avviso, il 2022 si prospetta un ambiente molto più fertile per le obbligazioni”, assicurano.
Vedono rosa per il reddito fisso anche gli esperti dell’Henley Fixed Interest Team di Invesco, secondo cui sebbene nel caso in cui emerga un quadro maggiormente inflazionistico le obbligazioni potrebbero soffrire, il quadro non è così netto. “Per i portafogli che affrontano tale mercato con liquidità e una posizione a basso rischio in termini di duration e credito, ci potrebbero essere delle opportunità da cogliere. Negli anni possono registrarsi varie false partenze. I rendimenti non hanno mai raggiunto i livelli pre-crisi finanziaria e, sebbene siamo tutti probabilmente stanchi della prognosi ‘stavolta è diverso’, vi è la sensazione che potremmo essere in procinto di vivere un periodo interessante”, argomentano. Per gli esperti Invesco, la maggiore sfida emergerà dai titoli di Stato, anziché dai mercati del credito: vi sono buone ragioni, infatti, per ritenere che l’inflazione possa caratterizzare il panorama in maniera diversa rispetto a quanto osservato per molti anni.
“Nel breve termine – spiegano -, è per noi essenziale esaminare i dati economici mensili alla ricerca di segnali indicanti che l’inflazione non sta diminuendo e si ripercuote sui salari. Nelle ultime settimane i rendimenti dei Treasury Usa sono saliti, il che potrebbe offrire piccole opportunità tattiche qua e là. Vorremmo tuttavia osservare un adeguamento decisamente più netto sui mercati obbligazionari prima di essere disposti ad aumentare significativamente il rischio di duration”. Sui mercati del credito, invece, la strategia a breve dell’Henley Fixed Interest Team di Invesco prevede il mantenimento di un profilo di rischio basso e la ricerca di valore relativo per ogni singola obbligazione. “Un segmento che abbiamo di recente rafforzato è quello dei titoli bancari subordinati, che presentano date di richiamo più brevi e tassi d’interesse rivisti al rialzo”, fanno notare.
Nel lungo termine, gli esperti Invesco restano fedeli al loro approccio all’investimento, che prevede di incrementare il rischio di credito e di duration laddove il rapporto rischio-rendimento diventi favorevole. “Ciò è più facile a dirsi che a farsi in quanto i mercati offrono valore interessante nel momento di massimo rischio percepito. Naturalmente, il rovescio di tale medaglia è mantenere la disciplina di riduzione del rischio, anche quando il rischio percepito è molto basso e i rendimenti non offrono molto”, sottolineano.
Asset reali favoriti
Infine, secondo Blanqué e Mortier di Amundi, i veri favoriti il prossimo anno potrebbero essere gli attivi reali, perché possono rivelarsi utili in termini di protezione dall’inflazione. E le opportunità non mancano.
“Riguardo al settore del private debt, i tassi variabili disponibili su questo mercato e il premio sulla liquidità potranno essere utili nell’individuare delle opportunità più resilienti ai possibili aumenti dei rendimenti core in un mercato in cui cresce la domanda di finanziamenti. Anche gli investimenti nelle infrastrutture stanno dando un contributo positivo alla dinamica economica in un contesto di opportunità legate alla transizione energetica: si tratta inoltre di un’asset class che in genere fornisce una buona protezione contro l’inflazione. Il private equity è fondamentale per finanziare la ripresa e per cercare rendimenti potenziali più alti. Anche il settore immobiliare potrebbe offrire opportunità selettive nella fase di ripresa”, concludono i due esperti.
.
Vuoi ricevere ogni mattina le notizie di FocusRisparmio? Iscriviti alla newsletter!
Registrati sul sito, entra nell’area riservata e richiedila selezionando la voce “Voglio ricevere la newsletter” nella sezione “I MIEI SERVIZI”.