Pnrr e futuro sostenibile, l’Italia migliora ma è ancora indietro
Secondo l’Amundi Sustainable Future Indicator, siamo al 23esimo posto su 27 Paesi. Deludente soprattutto la performance in campo economico. Ma i punti di forza non mancano
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Attese rispettate anche per la Bank of England. Dopo Bce e Fed, la banca centrale britannica ha infatti deciso di non fermarsi e aumentare i tassi di un altro 0,25%, come previsto dagli analisti nonostante le tensioni bancarie. Il costo del denaro passa così dal 4% al 4,25%, a seguito dell’undicesimo incremento consecutivo in 18 mesi, nell’ennesimo tentativo di frenare un’inflazione tornata a correre contro le attese.
Nel comunicato diffuso alla fine del meeting, la BoE ha anche avvertito che “se dovessero emergere prove di pressioni più persistenti, sarebbe necessario un ulteriore inasprimento della politica monetaria”, precisando che il sistema bancario britannico “rimane resistente”. Insomma, stesso modus operandi degli altri istituti centrali, cui si sono aggiunte quasi in contemporanea la Banca centrale svizzera e quella norvegese: la prima ha aumentato il tasso di riferimento di 50 punti base portandolo all’1,5% mentre la seconda ha optato per un ritocco di 25 punti base facendo salire il costo del denaro al 4,25%. Identica anche la motivazione: i dati poco confortanti sull’inflazione.
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“La BoE si è mossa come ci aspettavamo. Una relativa sorpresa è che non ci sia stata grande enfasi, né la dimostrazione di forte preoccupazione, per il recente dato sul sull’inflazione. Può essere una conferma che siamo giunti al picco dei tassi, cosa effettivamente nelle nostre previsioni”, sostiene Karsten Junius, chief economist di Banca J. Safra Sarasin. Un’affermazione che solleva l’implicita domanda sull’opportunità o meno da parte dell’autorità di politica monetaria britannica di rivedere i piani dopo una così netta corsa dei prezzi.
A cambiare le carte in tavola del Monetary policy committee è stato infatti l’indice dei prezzi di febbraio, che ha mostrato un incremento oltre le attese salendo al 10,4%, il livello più elevato tra i Paesi del G7. In aumento è risultato anche il dato core. Un rimbalzo, come notato subito dai mercati, in controtendenza rispetto ai segnali di frenata degli ultimi mesi che avevano lasciato credere in uno stop al 4% da parte della BoE. Stando all’Office for National Statistics, sulla ripresa dei prezzi hanno pesato sia l’aumento del 26,6% delle bollette dell’energia sia gli imprevisti rincari mensili sui generi alimentari, saliti oltre il 18%. Dietro quest’ultimo balzo, particolarmente pesante per le famiglie, la penuria registrata nelle scorse settimane di verdure importante dal Nord Africa e dalla Spagna. Tanto che la percentuale di cittadini inglesi costrette a rivolgersi alle Food Banks ha toccato il 3%.
Per Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm, la Bank of England, come le altre banche centrali, continua a dare priorità alla lotta all’inflazione. E il nuovo aumento dei tassi può essere un segnale di fiducia nel sistema finanziario, in grado di superare le recenti turbolenze che hanno scosso il settore bancario. “Nonostante il dato shock di febbraio, quindi, la BoE è convinta che nel corso dell’anno si assisterà a una riduzione significativa dell’inflazione, dovuta ad un calo sostanziale dei prezzi di gas e petrolio e all’attenuazione delle limitazioni dell’offerta”, osserva.
La BoE ha anche aggiornato le sue stime di crescita: ora il Pil è visto in salita dello 0,4% nel secondo trimestre, rispetto al calo dello 0,4% previsto a febbraio, grazie alle nuove misure di sostegno fiscale presentate nel bilancio del governo. L’inflazione è invece attesa diminuire nei prossimi mesi, anche se a un ritmo inferiore rispetto a quanto pronosticato il mese scorso.
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