Usa, Pil meglio del previsto mentre sale il rischio default
Nel primo trimestre l’economia cresce dell'1,3% e batte le attese. Ma lo stallo sul tetto del debito può costare un downgrade del rating minacciano. La view dei gestori
5 min
La settimana della Fed si è aperta in balia delle turbolenze per i mercati europei che, come se non fossero sufficienti le tensioni per la guerra Russia-Ucraina e le attese per un taglio dei tassi Usa di mezzo punto, hanno dovuto fare i conti anche con nuovi dati macro poco rassicuranti e con un ‘flash crash’ a inizio seduta che pare sia partito dai paesi nordici.
Se la scorsa settimana gli attesi dati sul Pil dell’Eurozona hanno certificato il rallentamento della crescita, gli indici Pmi di aprile del manifatturiero del Vecchio Continente hanno confermato il periodo no. Il dato elaborato da Ihs Markit si è infatti attestato a 55,5 punti per l’Eurozona, in calo dai 56,5 punti di marzo, seppure lievemente meglio rispetto alla lettura preliminare e al consenso degli economisti fermo a 55,3 punti. L’attività manifatturiera dell’Eurozona “ha registrato una crescita vicina alla stagnazione, con la produzione solo in leggero rialzo al tasso più lento da giugno 2020”, ha avvertito Chris Williamson, chief business economist di S&P Global.
Nel dettaglio, l’indice dei direttori degli acquisti dell’industria italiana si è attestato a 54,5 punti, peggio delle attese (a quota 55) e in regressione rispetto a marzo (55,8). In Francia, il Pmi si è attestato a quota 55,7 punti, contro una previsione di 55,4 e un risultato in marzo a quota 54,7. Oltre le previsioni, seppure di poco, anche Berlino, dove l’indice si è attestato a 54,6 punti. La previsione era di 54,1 mentre il mese precedente aveva segnato 56,9 punti.
Tra dati macro, inflazione, guerra e banche centrali, anche l’ottimismo degli investitori professionali italiani precipita a un soffio dai minimi storici, con il ‘Sentiment Index’ che registra un valore pari a -51,5, in ulteriore calo rispetto ai valori dei mesi precedenti. Al sondaggio, svolto da Cfa Society Italy in collaborazione con Il Sole 24 Ore Radiocor presso i suoi soci tra il 20 ed il 30 aprile 2022, hanno partecipato 34 intervistati. Ebbene, il 56% ritiene negativa la situazione attuale dell’economia italiana mentre il 44% prevede una condizione stabile.
In termini di aspettative sui prossimi sei mesi, il 15,2% prevede un miglioramento delle condizioni macroeconomiche (-2% rispetto al mese scorso), il 18,2% condizioni invariate (-7,5% rispetto a febbraio) e il 66,7% prevede un peggioramento (+9,5% rispetto al mese scorso). La differenza tra coloro che risultano ottimisti sulle prospettive dell’economia italiana, rispetto ai pessimisti è pari a -51,5, un valore che rappresenta appunto il ‘Cfa Society Italy – Radiocor Sentiment Index’ per il mese di maggio 2022. Il dato scende ulteriormente di circa 11,5 punti rispetto alla precedente rilevazione, segnalando il pessimismo degli operatori finanziari sulle prospettive dell’economia italiana per le conseguenze della guerra Russia-Ucraina. Il valore risulta prossimo al minimo assoluto della serie storica, registrato a novembre 2018 (-55 punti) ed al valore minimo registrato a marzo 2020 (-53,8).
Diventa poi ulteriormente nera anche la view sul prossimo semestre per l’Eurozona mentre, seppure negative, si stabilizzano le previsioni per gli Usa. Il tasso di inflazione, già su livelli elevati, è visto aumentare nei prossimi sei mesi in Italia ed in Europa e stabilizzarsi Oltreoceano. Tornano inoltre negative le attese sui mercati azionari italiani, europei e americani, mentre sulle valute prevalgono le aspettative per un continuo apprezzamento del dollaro e dello yen a scapito dell’euro.
Inevitabile dunque che salga l’attesa per mercoledì e per le parole del presidente della Fed, Jerome Powell, visto procedere al secondo aumento dei tassi Usa del 2022 dalla maggior parte degli investitori. Ad agitare gli analisti è la possibilità che la Fed possa alzare il costo del denaro di 75 punti base in giugno per arginare la galoppata dell’inflazione.
“Dal primo rialzo di 25 punti base avvenuto in marzo, l’inflazione è salita di 60 punti base ed è ora all’8,5%. La guerra in Ucraina, inoltre, ha avuto un forte impatto sulle materie prime, aggiungendo ulteriori pressioni inflazionistiche – osservano gli analisti del team strategie di credito globale di Algebris -. Di conseguenza, nelle ultime settimane la Fed ha optato per un cambio di rotta, e un rialzo di 50 punti base è ormai dato per scontato. Qualche funzionario della Fed ha indicato la possibilità di una mossa da 75 punti base, che tuttavia non sembra per il momento probabile. Il mercato sta prezzando un incremento di 52 punti base per la prossima riunione, motivo per cui mosse più ‘audaci’ sono ampiamente scontate”.
Per gli esperti Algebris anche la stretta quantitativa è destinata a iniziare, ma la traiettoria per la riduzione del bilancio è già stata indicata nei verbali di marzo. “Il vero focus del mercato è sul ritmo futuro – puntualizzano -. I futures sui tassi ora prevedono 10 rialzi nel 2022 e più di 2 rialzi per riunione nei prossimi 3 incontri. Il dato dell’inflazione di marzo includeva molti elementi che indicavano un suo potenziale picco, tra cui il contributo negativo dell’energia e un marcato calo dei prezzi delle auto usate. In conclusione, la Fed potrebbe mantenere un atteggiamento hawkish, ma non abbastanza marcato da sorprendere il mercato al rialzo”.
Anche Franck Dixmier, global cio fixed income di Allianz Global Investors, è convinto che Powell annuncerà un aumento dei tassi di 50 punti base e una riduzione delle dimensioni del bilancio a partire da giugno. “Di fronte a un’inflazione che continua a sorprendere al rialzo, la Fed deve recuperare il tempo perduto e agire rapidamente e con forza”, osserva, aggiungendo che l’alto grado di incertezza sui futuri shock inflazionistici, legati in particolare all’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia, rende però difficile l’esercizio di previsione. “Tuttavia, è probabile che resti alta la volatilità sui mercati dei tassi di interesse”, precisa.
Secondo Jeffrey Schulze, investment strategist di ClearBridge Investments (Franklin Templeton), potrebbe essere molto vicino l’arrivo del Fed call, con la banca centrale Usa che cerca di raffreddare l’economia adottando un’impostazione politica più aggressiva alla luce dei bassi rischi di recessione nel breve termine. “Per contrasto – spiega – con le condizioni monetarie più rigide che nel passato avevano indotto la Fed a fare un passo indietro, il contesto attuale potrebbe dare luogo a condizioni monetarie non sufficientemente rigide e a una stretta ulteriore nei prossimi mesi. Ciò significa che difficilmente una correzione del mercato potrebbe portare a un cambiamento della politica della Fed, come era avvenuto nel 2015 e 2018, considerando che una correzione moderata dovrebbe aiutare la Fed a realizzare i propri obiettivi nel contesto attuale.
“Inoltre – conclude Schulze – se continuerà il rally del mercato la Fed potrebbe essere incoraggiata ad essere ancora più aggressiva nel suo irrigidimento, e di conseguenza si avrebbe il Fed call. Mentre nove o più rialzi dei tassi in meno di un anno sembrano drastici, in una prospettiva storica sono un colpo meno duro e allineati alla media del primo anno nei cicli di irrigidimento passati”.
.
Vuoi ricevere ogni mattina le notizie di FocusRisparmio? Iscriviti alla newsletter!
Registrati sul sito, entra nell’area riservata e richiedila selezionando la voce “Voglio ricevere la newsletter” nella sezione “I MIEI SERVIZI”.