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Daniel Sullivan (Janus Henderson) afferma che gli investimenti in risorse naturali possono avere un impatto non solo nel raggiungimento degli obiettivi sostenibili, ma potrebbero anche essere ottimi asset di investimento
Abbracciare la rivoluzione verde significa anche investire nella giusta direzione. Come fa notare Daniel Sullivan, head of Global Natural Resources di Janus Henderson, “la COP26 ha portato a nuovi impegni e iniziative che dovrebbero vedere il mondo notevolmente cambiato entro il 2030 e sostanzialmente decarbonizzato entro il 2050”, e di conseguenza ha implementato anche “i finanziamenti per questa enorme transizione” che “riguardano tutti i livelli della società, con governi, aziende, città, comunità e individui che giocano un ruolo significativo”.
L’impronta di tale cambiamento è registrata dal report di Cerulli Associate, dal titolo Embracing Change and Seeking Impact, pubblicato a dicembre 2021. Secondo l’indagine, gli investimenti Esg a livello istituzionale europeo si sono attestati, a settembre 2021, attorno ai 6.200 miliardi di euro netti, con un aumento del 69% rispetto allo stesso periodo del 2016. In questo scenario, l’investimento in risorse naturali si configura come una sfida e un’opportunità.
Minerali e foreste
“Nel 2021 gli investimenti globali nella transizione energetica a basse emissioni di carbonio hanno raggiungo i 755 miliardi, in aumento rispetto ai 595 miliardi di dollari nel 2020 e ai 264 miliardi di dollari nel 2011” scrive il report Energy Transition Investment Trends 2022 di BloombergNEF. “Questa cifra include gli investimenti in diversi progetti, come le energie rinnovabili, stoccaggio, infrastrutture di ricarica, produzione di idrogeno, nucleare, progetti di riciclaggio e CCS”.
“All’interno dell’ampio universo degli investimenti nelle risorse naturali” afferma Sullivan a proposito del settore, “abbiamo identificato tre aree potenzialmente attraenti in cui operano leader del settore e innovatori che lavorano per crescere in modo sostenibile e contribuire allo sforzo di decarbonizzazione”.
Si tratta di società legate ai metalli necessari per l’elettrificazione dei veicoli, al passaggio dai combustibili fossili alle energie rinnovabili e aziende dedite all’innovazione dell’agricoltura, “dato che la popolazione globale dovrebbe crescere di oltre il 20% entro il 2050”.
Tra le diverse strade che le istituzioni mondiali intraprenderanno per raggiungere l’obiettivo, ci sono anche le contromisure messe in campo “per contrastare le emissioni animali; come ad esempio, aziende che producono additivi per mangimi che inibiscono la produzione di metano (il secondo gas più inquinante dopo il carbonio, secondo la Commissione Europea, ndr )”, sostiene Sullivan.
Inoltre, nel settore agricolo, “ci sono opportunità per investire in grandi risorse naturali” fa sapere Sullivan, “come le foreste, sempre più riconosciute come serbatoi di carbonio che possono assorbire grandi quantità di anidride carbonica dall’atmosfera terrestre”. E spiega: “essere pagati per assorbire il carbonio potrebbe generare entrate significative, ma la vera opportunità è quella di utilizzare questa risorsa rinnovabile nell’industria e nell’edilizia”. Concludendo: “aziende del genere sono ben posizionate in questa catena del valore per allineare profitto e pianeta”.
Secondo lo studio di BloomergNEF, “il settore più grande nel 2021 è stato quello delle energie rinnovabili, che ha attratto 366 miliardi di dollari per nuovi progetti e sistemi su piccola scala (+6,5% rispetto a 2020), ma il settore dei trasporti elettrificati è cresciuto più velocemente fino a 273 miliardi di dollari (+77%)”. L’indagine ipotizza anche che i prossimi maggiori settori di spesa saranno il calore elettrificato e l’energia nucleare. E lo conferma lo stesso Sullivan affermando che “dal punto di vista degli investimenti, i produttori di metalli elettrici, cioè quelli necessari per l’elettrificazione dei trasporti, come il rame, il nichel e il litio, appaiono interessanti”.
Lo studio sottolinea poi come “energia pulita ed elettrificazione (comprendente energie rinnovabili, nucleare, energia stoccaggio e trasporto elettrificato e calore) abbiano rappresentato la stragrande maggioranza degli investimenti” raggiungendo i 731 miliardi di dollari. “Idrogeno, cattura del carbonio, stoccaggio hanno raggiunto un totale di 24 miliardi di dollari di investimenti”, si legge ancora. A riprova del fatto che il settore delle risorse naturali non è solo fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi, ma si profila anche come una buona frangia di mercato a cui guardare.
Verde, o quasi
Eppure, nonostante l’importanza di tali asset e la rinnovata curiosità degli investitori, il report di Cerulli evidenzia ancora delle zone d’ombra. “Una grande percentuale (65%) dei gestori patrimoniali intervistati da Cerulli” si legge, “non affronta i rischi della biodiversità. Solo il 35% degli intervistati se ne fa carico”. E sottolinea che anche “quelli che hanno un chiaro approccio alla biodiversità nelle loro politiche in genere mancano di impegni specifici”.
Anche Morningstar, in un articolo del 21 marzo 2022, fa sapere che la situazione nei fondi di investimento è sbilanciata verso i prodotti art.9, spiegando: “gli investitori hanno continuato a versare denaro nei fondi “dark green” (verde scuro), cioè quei comparti che rientrano nell’ambito dell’articolo 9 del regolamento europeo SFDR. D’altra parte, i fondi considerati come articolo 8 (detti anche fondi “verde chiaro”) hanno perso 4,4 miliardi di euro a febbraio”.
Sia per le risorse naturali, ma più in generale per gli investimenti sostenibili vale, infine, la view del Forum per la Finanza Sostenibile, tratteggiata nel report del 2021, Gli investimenti sostenibili in Italia, alla luce anche degli ultimi avvenimenti geopolitici nel cuore dell’Europa: “gli operatori finanziari possono assumere un ruolo centrale nel riorientare i flussi finanziari, integrando i fattori di sostenibilità nelle proprie politiche di investimento”. “Facendo della trasparenza un requisito primario” si legge, “gli interventi normativi dell’UE potranno favorire gli investimenti nelle attività effettivamente sostenibili”. Contribuendo in modo significativo al raggiungimento degli obiettivi preposti e “aiutando a contrastare i fenomeni del greenwashing e del socialwashing”.
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