MiFID 2… Anni dopo: cosa c’è, cosa manca. Il verdetto dell’industria
A due anni dall’entrata in vigore gli effetti della normativa sono ancora difficili da interpretare. E una parte degli operatori spinge per la revisione di alcuni aspetti tecnici
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“Dal punto di vista della relazione professionista-cliente, nulla è cambiato. I migliori professionisti tra i consulenti finanziari, i private banker e i gestori bancari dedicati al segmento affluent hanno saputo anticipare e gestire eventuali criticità derivanti dalla ricezione dei tanto temuti rendiconti recapitati tra giugno e settembre”.
Parola di Nicola Ronchetti, fondatore e a.d. di FINER Finance Explorer, think tank e istituto di ricerca in ambito finanziario, che FocusRisparmio.com ha raggiunto per fare il punto della situazione sull’industria del risparmio e della consulenza finanziaria nel 2020.
A due anni dall’entrata in vigore della direttiva MiFID II cosa emerge dai dati FINER in termini di evoluzione dello scenario?
I dati rilevati dai monitoraggi continuativi di FINER relativamente alle reazioni negative registrate dai clienti dalle tre diverse figure professionali alla lettura dei rendiconti sono molto chiari: 2% di reclami per i clienti dei consulenti finanziari, 4% per i clienti dei private banker (con un picco del 6% per i clienti delle banche private specializzate) e 6% per i clienti dei gestori bancari dedicati alla clientela affluent (fonti: FINER® CF Explorer, PB Explorer, Bank Manager Explorer, base campionaria: 7.173 professionisti).
Certamente la percentuale di lamentele triplica passando da una figura professionale all’altra, ma si tratta comunque di valori percentuali molto contenuti, che nella maggior parte dei casi ha richiesto solo qualche spiegazione in più e non ha certo causato la fuga dei clienti che qualcuno temeva.
Sulla base delle vostre rilevazioni, si può però affermare che – se i migliori consulenti finanziari e banker sono passati indenni dall’esame della MiFID II – altrettanto non si può dire di chi lavora dietro le quinte…
Assolutamente. MiFID II ha infatti generato un’accelerazione nei processi di ottimizzazione dei costi di cui ne hanno fatto la spesa sia le figure interne meno specializzate – si pensi alle migliaia di esuberi bancari – sia le Sgr terze che hanno dovuto rivedere al ribasso le loro fee.
Nel 2020 arriverà una revisione della MiFID. Sotto la lente, tecnicalità della normativa come costi e diffusione dei dati di mercato, regole di protezione dell’investitore e ricerca sulle piccole e medie società. Qual è la sua interpretazione di questa notizia?
Certamente MiFID II come tutte le normative cogenti ha indotto effetti indesiderati e collaterali.
Il primo, più evidente e paradossale è che MiFID II ha causato un aumento significativo dei costi in capo alla distribuzione e alle Sgr che va esattamente nella direzione opposta alla logica della normativa.
Un altro effetto conseguenza del primo è che la richiesta di riduzione delle fee di gestione da parte dei distributori alle Sgr terze, a fronte di un promesso aumento delle masse è stato quasi totalmente disatteso.
Addirittura in qualche caso si è assistito da parte di qualche distributore poco lungimirante a una vera e propria riffa dove l’unico elemento determinante pare sia stato il costo e non la qualità della gestione. Quando un’industria rincorre il prezzo più basso a prescindere dalla qualità del prodotto significa che sta covando in sé un germe pericolosissimo.
Quindi la direttiva necessita effettivamente di rettifiche, come ha di recente sottolineato il ?
Certamente MiFID II ha bisogno di correttivi che vadano a valorizzarne le logiche fondanti, cioè la corretta profilazione del cliente e la sua continua revisione in ragione del rapporto rischio rendimento, evitando l’eccesso di burocrazia e l’aumento dei costi i cui effetti vanno invece nella direzione diametralmente opposta.
Quali saranno i punti di forza del modello di wealth management vincente che emergerà nei prossimi anni?
Il combinato disposto degli effetti di MiFID II, dei tassi zero e della concentrazione dei player del mercato ha indotto le reti dei consulenti finanziari e le banche più efficienti a cercare nuove soluzioni per i clienti in un’ottica di gestione complessiva del loro patrimonio.
I temi della protezione, dell’efficienza della gestione anche con fondi passivi ed Etf, degli investimenti illiquidi, sono quelli che terranno banco in futuro.
Inoltre i servizi, detti aggiuntivi, diventeranno in realtà sempre più centrali con il progressivo invecchiamento della popolazione, pensiamo alla previdenza integrativa, al passaggio generazionale e all’ottimizzazione fiscale.
Non dimentichiamo poi che la ricchezza in Italia, più che in altri paesi europei, deriva per oltre il 50% da attività imprenditoriali medio piccole, spesso all’alba di un passaggio generazionale o frutto della cessione delle stesse.
In altri termini, in Italia, pur a fronte di uno stock di ricchezza consistente non si generano nuovi flussi di ricchezza e questo se da un lato rappresenta un limite strutturale per il nostro paese, dall’altro è un’occasione unica per chi gestisce clienti con ingenti patrimoni per sensibilizzarli a far sì che gli stessi vengano gestiti in modo ottimale e non erosi dall’incuria del tempo.
Chi paga il conto della riduzione dei margini, un altro degli “effetti collaterali” di MiFID II?
La riduzione dei margini è una realtà inconfutabile: le rendicontazioni non hanno fatto altro che anticipare questa tendenza. A farne la spesa saranno quasi certamente i professionisti del risparmio con portafogli sotto la media, poco preparati, avversi al cambiamento e le banche o le reti che non hanno compreso l’importanza di affrontare la riduzione dei margini con un ampliamento dell’offerta e con una forte motivazione dei propri uomini.
Come si è evoluto il ruolo di consulenti e banker e quali sono i nuovi obiettivi dell’advisory finanziaria?
Il lavoro del consulente finanziario non è mai stato così stimolante: molte delle rendite di posizione si stanno sciogliendo come neve al sole.
Le reti dei consulenti finanziari stanno acquisendo quote sempre maggiori di clienti private e HNWI (High Net Worth Individual). Il segreto del loro successo? Innanzitutto il loro innato desiderio di intraprendere, di acquisire spazio in un settore che si sta trasformando dopo anni di immobilismo. Poi la loro macchina: come i migliori piloti di formula 1 possono contare su un motore all’avanguardia e su un team che crede in loro.
Le piattaforme digitali sono il vero punto di forza dei consulenti finanziari, nel senso che liberano dalle incombenze della gestione ordinaria dei clienti che affligge le banche tradizionali, per consentire di focalizzarsi sulla qualità del servizio.
Lo stare tutti i giorni a contatto con i clienti, ascoltandoli e la formazione continua completano il quadro di una figura professionale destinata a mietere nuovi successi.