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Quali lezioni imparare da un anno “per molti versi catastrofico” per i mercati, nell’intervista a Simone Rosti, country head Italia di Vanguard. “È in queste fasi che si allenano le doti di buon investitore e si costruiscono le basi per i rendimenti futuri”, afferma
“In un contesto di inflazione i costi sono ancora più importanti. Sono l’unica granitica certezza quando si investe e mantenerli bassi significa fare il primo passo per controbilanciare la perdita di potere d’acquisto determinata dall’innalzamento dei prezzi”.
Un puntuale riferimento all’impatto dei costi dei prodotti di investimento sui ritorni di lungo periodo degli investitori non può mancare nel momento in cui si dialoga con Simone Rosti, country head Italia di Vanguard. Sulla necessità di contenimento di questa variabile la società statunitense ha costruito un percorso di crescita che ha portato a costruire un colosso da 6.700 miliardi di dollari (dato al 30 settembre 2022) di masse gestite con più di 30 milioni di clienti in tutto il mondo.
“Soprattutto in contesti di alta volatilità come l’attuale rimaniamo ancorati ai nostri quattro principi cardine: obiettivi chiari, asset allocation bilanciata, disciplina e ovviamente costi bassi”, spiega Rosti, richiamando altri momenti di crisi dei mercati come il 2001, il 2008 e il 2011, per sottolineare come gli anni di crisi siano i migliori per investire, dove ad essere premiata è la capacità di farsi guidare da una visione di lungo termine.
“Questi quattro principi distintivi del nostro modo di fare asset management orientano il nostro servizio di supporto ai clienti”, afferma Rosti, identificando nella disciplina la caratteristica più utile ma anche più difficile su cui improntare la propria azione di investitori nell’attuale contesto di mercato.

Simone Rosti, country head per l’Italia di Vanguard
Guardando agli ultimi mesi come si sono comportati, dunque, gli investitori? Quali evidenze emergono dal vostro punto di osservazione sulla composizione dei portafoglio?
Il 2022 stato un anno catastrofico da molti punti di vista per i mercati, con in particolare i bond che hanno subito un impatto tra i più duri della loro storia. Nonostante questo, siamo convinti che il ruolo di equilibratore di portafoglio del reddito fisso sia destinato a rimanere.
Inoltre, c’è una buonissima probabilità che la componente obbligazionaria inizi a dare soddisfazioni nei prossimi mesi. Ci si è lamentati per molto tempo e in modo diffuso della compressione dei tassi e dell’impossibilità di investire sull’obbligazionario se non con una spinta più tattica. Ora i tassi generano opportunità concrete su reddito fisso e la componente corporate tornerà ad essere un pilastro della strategia di investimento.
In linea generale, emergono senza dubbio le soluzioni globali, come dimostrato dai flussi europei altamente concentrati nel mondo degli Etf sui global equities. Gli investitori, in particolare gli istituzionali che rappresentano la maggioranza dei sottoscrittori, scelgono la diversificazione geografica e un ampio bilanciamento. Sempre di più vedremo nei portafogli, non solo nella componente azionaria, dei pilastri composti da strumenti di investimento globali e altamente diversificati, anche in termini settoriali, che permettono di risparmiare quote di rischio da destinare ad allocazioni satellite rispetto al core di portafoglio.
Un atteggiamento improntato a principi di ragionevole prudenza che però non tutti gli investitori hanno applicato prima del grande ritorno dell’inflazione e dei tassi, trovandosi probabilmente spiazzati
Chi ha scelto un posizionamento ad alta convinzione solo su Esg e megatrend di certo non si è trovato in una buona posizione negli ultimi mesi, tenuto conto oltretutto che non mancano in questi due comparti casi di investitori che pur avendo prodotti dai nomi differenti, e virtualmente su settori o temi differenti, si sono trovati esposti sostanzialmente allo stesso basket di titoli. Chi ha sbagliato meno è sicuramente chi si è comportato meglio nel campo della diversificazione.
Posto che i principi di cui abbiamo parlato finora sono indipendenti dalla fase storica, come gli investitori devono approcciare questa fine d’anno e quali speranze possono riporre nel 2023?
È certamente un momento in cui non può essere ignorato un rischio recessione che investe anche tutto il prossimo anno, ma da tenere bene in considerazione è anche la possibile riduzione del divario tra tassi nominali e tassi reali, con un’attenuazione della spinta inflattiva.
L’approccio più consono a questo contesto è mantenere una prospettiva globale sia in ambito equity sia fixed income. In ambito azionario un rientro graduale sui mercati può essere la scelta giusta, mentre sul reddito fisso sarà possibile sfruttare il lavoro fatto dalle banche centrali con un’esposizione al comparto corporate.
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