I grandi economisti e gli oracoli di Wall Street sono tendenzialmente unanimi nel giudicare l’attuale situazione molto preoccupante, ma si dividono sull’approccio politico da adottare e sulle migliori scelte di portafoglio. Restare sull’azionario o puntare sui beni rifugio?
Ray Dalio
Il conflitto Russia-Ucraina? Mentre il mondo si interroga sull’evoluzione dell’escalation bellica che si sta dispiegando ai confini dell’Europa, le opinioni dei guru di Wall Street si dividono in merito all’approccio politico che andrebbe adottato, nonché alle previsioni sul conflitto e sulle conseguenze economico-finanziarie, ma convergono su un’idea condivisa: non sarà una passeggiata.
Se il celebre hedge fund manager Ray Dalio sollecita maggiori sforzi diplomatici, magari con il coinvolgimento della Cina, un’altra star degli investimenti alternativi, Bill Ackman, sostiene che gli Usa debbano prepararsi a entrare in guerra con la Russia. Il famoso economista Mohamed El-Erian ammonisce gli investitori troppo ottimisti sul mercato azionario a restare “umili” e aspettarsi un’elevata volatilità alla luce del conflitto. Mentre la lezione di Warren Buffett è che durante le guerre non si dovrebbe fare scorta di cash, bitcoin e oro ma restare esposti sull’economia produttiva, e quindi sull’azionario.
Da Dalio a Buffett, fino a Nassim Taleb e Ichan: la guerra vista dai grandi
Warren Buffett
Pandemia, inflazione e normalizzazione delle politiche monetarie sono improvvisamente diventati temi di secondo piano nel dibattito sui mercati, monopolizzato negli ultimi giorni dall’offensiva russa sull’Ucraina e dagli interrogativi sui prossimi sviluppi dell’escalation. “Si è tentati di pensare che la guerra in Ucraina avrà solo un impatto economico e finanziario minore a livello globale, dato che la Russia rappresenta solo il 3% dell’economia mondiale”, osserva l’economista Nouriel Roubini. “Ma i responsabili politici e gli analisti finanziari devono evitare un simile wishful thinking”, avverte l’economista, soprannominato “Dr Doom” durante la crisi finanziaria globale. Per Roubini, il conflitto scatenerà la deflazione, anche in economie oggi solide.
“In termini economici, è ora altamente probabile una recessione stagflazionistica globale. Gli analisti si stanno già chiedendo se la Fed e altre grandi banche centrali possano ottenere un atterraggio morbido da questa crisi e dalle sue ricadute”, afferma Roubini, sottolineando allo stesso tempo che però non si può contare su questa prospettiva. “La guerra in Ucraina scatenerà un massiccio shock negativo dell’offerta in un’economia globale che sta ancora vacillando dal Covid-19 e da un accumulo di pressioni inflazionistiche durato un anno. Lo shock ridurrà la crescita e aumenterà ulteriormente l’inflazione in un momento in cui le aspettative di inflazione stanno già diventando disancorate”.
L’economista ed ex governatore della Reserve Bank of India (RBI) Raghuram Rajan ha affermato che non solo il petrolio e il gas naturale, ma anche varie altre commodity e beni essenziali – come il grano – potrebbero risentire dei contraccolpi del conflitto, con impatti notevoli in tutto il mondo. “Anche i prezzi del grano possono aumentare perché l’Ucraina e la Russia contribuiscono in gran parte alle esportazioni di grano nel mondo”, ha detto Rajan in un’intervista alla CNBC. L’autore del best-seller “Terremoti finanziari” ha anche segnalato i rischi che i mercati globali stanno già affrontando. “La ripresa è a rischio” a causa del rincaro di petrolio e gas. E anche la Fed dovrà ripensare la propria traiettoria di rialzo dei tassi. Diversa la posizione di Carl Icahn, da tempo molto critico sulla Fed e sostenitore della necessità di una normalizzazione della politica monetaria. Secondo l’investitore-attivista, il conflitto Russia-Ucraina è meno preoccupante dell’inflazione. “Il mercato sta forse reagendo eccessivamente a quanto sta accadendo in Ucraina, ma non penso che sia quello il nostro vero problema. Il problema che abbiamo, e che è ben più profondo, è l’inflazione”, ha dichiarato Icahn in occasione del programma Fox Business Monday.
Il teorico del “cigno nero”, il matematico ed economista Nicholas Nassim Taleb, molto attivo su Twitter nel deprecare l’attacco russo, non si è espresso molto sulle previsioni di mercato, limitandosi a ribadire la sua perplessità sui bitcoin, anche come bene rifugio. “Il bitcoin non è una copertura contro l’inflazione, non è una copertura contro la riduzione dell’offerta di petrolio e nemmeno contro la discesa delle azioni. E, ovviamente, il bitcoin non è una copertura contro gli eventi geopolitici, anzi è l’esatto contrario”.
In realtà, la criptovaluta ha mostrato una forte effervescenza negli ultimi giorni, e non sono pochi a ritenere che possano diventare un bene rifugio in questi giorni. Ma tra i grandi guru finanziari questa idea è tutt’altro che condivisa. Il guru di Omaha, Warren Buffett, ha per esempio detto chiaramente che, in caso di guerra, il bitcoin dovrebbe essere l’ultima cosa da tenere in portafogli. Al contrario, il suo consiglio è di detenere un asset che si può essere felici di detenere “anche se il mercato dovesse chiudere per i prossimi dieci anni”. La traduzione, ovviamente, è di puntare sull’azionario e sulle aziende promettenti come Apple, una preferenza ribadita nei giorni scorsi nella consueta lettera agli azionisti inviata da Berkshire Hathaway. Già a marzo 2014, nella prima invasione russa in Ucraina, il tycoon aveva dichiarato alla CNBC che nemmeno lo scoppio della terza guerra mondiale lo avrebbe spinto a vendere le azioni. “Se entrassimo in una guerra, il valore del denaro diminuirebbe, è successo praticamente in ogni guerra di cui sono a conoscenza”. Quindi meglio lasciar perdere l’oro e anche i bitcoin, e puntare sulle azioni.
Attenzione però alla tentazione di comprare aggressivamente azioni sfruttando i ribassi, ammonisce Mohamed El-Erian, presidente del Queens’ College di Cambridge e capo consigliere economico di Allianz. L’esperto ha indicato che una combinazione di valutazioni attraenti basse, la prospettiva che la Federal Reserve allenti la sua politica di inasprimento dei tassi alla luce della guerra e “condizionamenti comportamentali” potrebbe spingere gli investitori a fare scelte che potrebbero rivelarsi infelici, perché queste condizioni non dureranno a lungo se le pressioni geopolitiche si intensificheranno. Il suggerimento di El-Erian, offerto nel corso di un’intervista a Bloomberg, è di “mantenere un’elevata flessibilità”.
Diversa l’opinione di Ray Dalio. Il fondatore di Bridgewater Associates, che di recente ha dato alle stampe il libro “Principles for Dealing with the Changing World Order: Why Nations Succeed and Fail”, in cui riflette proprio sui cambiamenti estremi che ridefiniscono la politica globale e i mercati finanziari nella storia, è piuttosto favorevole ai beni rifugio. Infatti, la possibilità di una guerra più ampia in Europa getta un’ombra su investimenti e beni tradizionalmente sicuri. “Quando scoppiano guerre importanti”, ha spiegato, “classicamente conviene vendere il debito e comprare oro, per vendere i debiti e comprare oro perché le guerre sono finanziate prendendo in prestito e stampando denaro, una dinamica che svaluta il debito e il denaro, e perché c’è una giustificata riluttanza ad accettare credito”. Dalio, convinto che l’invasione della Russia in Ucraina sia una seria minaccia all’ordine mondiale postbellico, si interroga sulle conseguenze di un potenziale coinvolgimento della Nato e sul possibile ruolo della Cina (Paese sul quale è molto esposto). “Non è intelligente combattere una guerra che produrrà più dolore che ricompensa; è preferibile negoziare il miglior accordo possibile”, ha affermato.
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