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La Mappa dei rischi 2023 mostra un quadro “fragile” per le imprese che esportano e investono nel mondo. Stabile il rischio credito. Ricci: investire in sostenibilità e transizione energetica
Un mondo incerto, con le tensioni politiche in aumento e i rischi di credito che restano sì stabili, ma non hanno ancora recuperato il terreno perso negli scorsi tre anni tra pandemia, guerra, crisi energetica e inflazione alle stelle. È un quadro di fragilità quello che emerge dalla Mappa dei Rischi 2023 di Sace, in cui sono delineati come di consueto i profili di rischio per le imprese che esportano e investono nel mondo in circa 200 mercati esteri.
Per gli analisti della società controllata dal Mef, proprio la debolezza del ciclo economico, l’incertezza geopolitica, l’allerta climatica ed energetica determinano “uno stato di fragilità che rallenta l’attività economica globale e il commercio internazionale”. E a risentirne non potranno che essere i volumi degli scambi internazionali di beni e di servizi.
Sostenibilità e transizione sono le priorità
In questo contesto, transizione energetica, sostenibilità e diversificazione dei mercati sono gli elementi strategici su cui investire per rafforzare la resilienza e garantire una crescita duratura.
“I rischi del credito, politici e climatici dialogano tra loro e vanno letti in maniera integrata, ma emerge con forza il messaggio che sostenibilità e transizione sono priorità imprescindibili su cui investire per sviluppare resilienza e costruire vie di crescita futura per le aziende e per il nostro Paese”, sottolinea Alessandra Ricci, amministratore delegato di Sace.
Rischio credito stabile
Su 194 Paesi analizzati da Sace il livello di rischio del credito diminuisce per 57, restano stabili 72 Paesi, mentre in 65 si registra un aumento. In particolare nei Paesi dell’Europa emergente e della Comunità degli stati indipendenti il rischio di credito “risente della pesante escalation della crisi russoucraina”. Più in generale, spiegano gli analisti, le principali geografie avanzate “presentano un profilo creditizio invariato, con una crescita in rallentamento e conti pubblici frenati dall’onere del sostegno a famiglie e imprese per la pandemia e il caro bollette energetiche”, come nel caso di Germania e Francia. Bene Portogallo e Grecia, che lo scorso anno ha rimborsato anticipatamente il debito con il Fondo monetario internazionale ed è uscita dal programma di sorveglianza della Commissione europea.
In Medio Oriente, i produttori di commodity dell’energia hanno registrato un immediato beneficio dall’aumento dei prezzi, con ricadute positive sulle finanze pubbliche, come Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Oman. Bene anche l’India che grazie al “progressivo consolidamento fiscale e a una robusta crescita economica” si posiziona tra i best performer. Rischi bancari e corporate sono in aumento invece in Paesi come la Cina, caratterizzati da un elevato livello di debito privato.
La Mappa dei Rischi 2023, come spiega il chief economist di Sace, Alessandro Terzulli, evidenzia insomma, “una generale stabilità del quadro dei rischi del credito globali, senza mostrare tuttavia l’auspicata inversione di tendenza dopo i marcati incrementi dello scorso anno”. Per l’economista, se da un lato questa stabilità è una buona notizia perché, nonostante le circostanze geopolitiche avverse, le principali economie sono riuscite a mantenere un livello di rischio relativamente immutato, dall’altro rappresenta “un’occasione persa per quelle geografie che hanno beneficiato di ampi supporti finanziari”.
Peggiorano i rischi politici…
In netto peggioramento a livello globale sono invece i rischi politici, in particolare nella componente di violenza politica. Gli indicatori in questo caso comprendono i rischi di guerra, disordini civili e violenza politica, i rischi di esproprio e di violazioni contrattuali e i rischi di restrizioni al trasferimento e alla convertibilità valutari. Dei 194 Paesi analizzati, 35 migliorano, 71 sono stabili e 88 peggiorano. Nell’Europa emergente e CSI, il conflitto ha aumentato il rischio in Russia, Bielorussia (entrambe a 97), nell’Est d’Europa e nella regione del CSI e ha contribuito a riacutizzare anche tutte quelle tensioni già presenti in Kosovo (71), Serbia (50), Moldavia (64), Bosnia (66), Azerbaijan (59) e Armenia (65) o ad aumentare il dissenso verso regimi come in Turkmenistan (81).
In Africa, si notano gli effetti della mancanza di materie prime alimentari e delle proteste sociali come in Tunisia, Egitto e Nigeria (dove aumentano gli score rispettivamente a 76, 71 e 84). In peggioramento anche il Sudafrica (53). Migliorano invece le economie del Golfo, quindi Eau (21), Arabia Saudita (41) e Oman (44) che beneficiano di maggiori disponibilità di valuta forte grazie agli introiti delle commodity.
In America Latina si fanno sentire le disuguaglianze sociali e territoriali. Al contrario in Asia il quadro rimane relativamente più stabile, ma non vanno trascurate le perduranti e crescenti tensioni tra Cina (41) e Taiwan (20), sebbene un confronto militare rimanga al momento uno scenario remoto.
…e quelli climatici
Anche il rischio di cambiamento climatico segna nuovi peggioramenti, seppure con alcune differenze geografiche. Gli indicatori di transizione energetica, mostrano un parziale miglioramento trainato dalle rinnovabili, a conferma dell’irreversibilità del processo. Europa, America Latina e Asia, trainata dalla Cina, si confermano le aree di maggiore crescita nelle rinnovabili. In avanzamento anche l’America Settentrional,e grazie ai progressi registrati da Stati Uniti e Canada. Il Brasile si conferma a ridosso dei Paesi più virtuosi su scala globale grazie anche al sostanziale contributo dell’idroelettrico e all’espansione del solare.
Gli indicatori di rischio climatico presentano invece un peggioramento nell’ultimo anno, sempre con alcune differenze geografiche. Nell’Est Europa e CSI il rischio è limitato a Paesi come il Tajikistan (98) e il Kirghizistan (83). L’Asia è la più esposta al pericolo di fenomeni naturali avversi a causa di temperature in aumento due volte più rapidamente rispetto alla media globale. In America Latina si registra un livello non particolarmente elevato di rischio. Infine, in Africa, la siccità è il principale allarme, in particolare per Egitto (32), Tunisia (32) e Marocco (37).
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