Novelli (Lemanik): “Dollaro al capolinea, puntiamo sugli emergenti”
Il gestore ha posizioni short sull'equity Usa e punta soprattutto sull'Asia, destinata a convergere con la Cina, e ha posizioni lunghe sull'oro. Ripresa a V? Un miraggio
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Il mattino ha l’oro in bocca si suol dire. E mai come questa volta è vero. I mercati azionari si sono risvegliati in un clima apparentemente vacanziero, con la maggior parte degli indici europei fermi sui valori di chiusura dello scorso venerdì. Ma l’oro questa mattina ha spinto il piede sull’acceleratore, raggiungendo quotazioni da guinness: i prezzi del metallo giallo hanno superato il precedente record storico di 9 ani fa (1 agosto 2011) a 1,911,60 dollari l’oncia e hanno toccato un nuovo massimo a 1.944,71.
Le ragioni dietro questo exploit del metallo giallo sono diverse. A partire dall’esigenza di una maggiore sicurezza cercata dagli investitori. Le tensioni tra Usa e Cina fanno paura e alimentano i timori sulla ripresa economica globale, così come la minaccia di una nuova ondata di coronavirus (negli ultimi giorni c’è stato un riemergere dei casi di Covid-19 in Spagna, Romania, Australia e sud-est asiatico, mentre i casi in tutto il mondo sono arrivati a 16 milioni); e poi a creare ulteriori incertezze sul futuro ci sono le imminenti elezioni presidenziali Usa, in calendario il prossimo novembre.
Ma dietro la corsa dell’oro ci sono anche ragioni tecniche, come l’effetto traino del calo del dollaro. “In questo scenario incerto, gli investitori stanno riempiendo il loro portafoglio di oro per essere protetti non solo da una correzione delle Borse, ma anche dal rischio di ulteriori cali della valuta americana – commenta Carlo Alberto De Casa, capo analista di ActivTrades – In altre parole, in questa fase il metallo giallo è visto anche come un’assicurazione sulle turbolenze sui mercati valutari; mentre tutte le valute possono essere stampate ad oltranza, la natura limitata dell’oro e dell’argento (anch’esso su nuovi record, ndr) le rende migliori riserve di valore in questi periodi di incertezza”.
E poi, come fa notare Vivek Dhar, analista della divisione mineraria e commodities energetiche della Commonwealth Bank of Australia, anche la discesa dei rendimenti reali a 10 anni degli Stati Uniti (sono allo 0,585%) sta facendo salire la febbre dell’oro: “la relazione inversa tra i rendimenti reali statunitensi a lungo termine e i future sull’oro resiste abbastanza bene. Quando i tassi reali Usa salgono – sottolinea – l’oro diventa meno appetibile rispetto agli strumenti finanziari americani che danno interessi, visto che il metallo giallo è un asset che non dà rendimenti”. E viceversa, come ora: quanto i tassi reali scendono, le quotazioni dell’oro tendono a salire.
Tutti gli elementi in gioco sembrano proiettare il metallo giallo oltre la soglia dei 2.000 dollari l’oncia, il cui superamento “è solo una questione di quando, non di se – argomenta Barani Krishnan, senior commodities analyst di it.investing.com – Sullo sfondo di questo rally, però, ci sono molti fattori push-and-pull. Dopo il piano di aiuti dell’Unione europea da 750 miliardi per fronteggiare l’emergenza coronavirus, potrebbero partire azioni di stimolo in tutto il mondo. Anche il Congresso Usa sta discutendo il proprio pacchetto “Cares 4.0″ per il Covid-19, che dovrebbe portare altri 1.000 miliardi di dollari nel mix di stimoli. Intanto, il movimento del dollaro continua a spingere i metalli preziosi al rialzo, con l’ipotesi di un oro a 2.000 dollari che diventa sempre più probabile. Ma occhio – avverte – Su livelli così elevati ci potrebbe essere una elevata volatilità”.