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Verso il default il 40% dei ristoranti e 1 albergo su 3. A fine anno ci saranno 1,3 milioni di occupati in meno e 43 miliardi di investimenti in meno. Il Rapporto Confindustria-Cerved
Nei settori più colpiti dall’emergenza sanitaria è a rischio quasi un’impresa su tre, il 28%, percentuale che sale al 36,5% nel Mezzogiorno, con il rischio fallimento delle attività particolarmente danneggiate dal lockdown, come i ristoranti, che schizza al 40%. Il bollettino del Covid, quello economico, riporta l’Italia in terapia intensiva evidenziando una crisi senza precedenti per l’economia tricolore, non solo in termini di entità, ma anche per la sua natura particolarmente asimmetrica con alcuni settori come la ristorazione, il turismo, gli alberghi, i trasporti, l’ingrosso e il dettaglio non alimentare e il sistema moda che lottano tra la vita e la morte.
Non particolarmente colpiti, invece, altri comparti come la filiera farmaceutica, il commercio online e l’industria agroalimentare che però come tutto il Paese si troveranno a fare i conti con un’Italia in difficoltà. È quanto emerge dal Rapporto Regionale Pmi 2021, realizzato da Confindustria e Cerved, in collaborazione con Intesa Sanpaolo, che analizza le performance economico-finanziarie delle circa 160 mila società di capitale italiane che impiegano tra 10 e 249 addetti con un giro d’affari compreso tra 2 e 50 milioni di euro.
Stando alle previsioni, nei prossimi mesi saranno al centro dell’attenzione le conseguenze della pandemia sull’occupazione e sugli investimenti. L’impatto sull’occupazione descritto dal report è molto vicino a quello stimato dall’Istat, con una perdita di posti di lavoro per il complesso delle imprese italiane (non solo le Pmi, ma anche micro e grandi imprese), tra dicembre 2019 e la fine del 2021, di circa 1,3 milioni di unità, pari all’8,2% del totale dei 16 milioni di addetti prima dell’emergenza, la gran parte dei quali impiegati nel settore dei servizi. A livello territoriale, le stime evidenziano perdite assolute più consistenti nel Nord-Ovest (399 mila addetti, -7,8%), rispetto a Nord-Est (322 mila, -8,2%), mentre in termini relativi, gli effetti sarebbero maggiori nel Mezzogiorno (320 mila, -8,4%) e nel Centro Italia (289 mila, -8,9%).
Con la crisi del Covid, sempre in base alle stime, un numero molto consistente di Pmi (28 mila, pari al 17,9%) ha subito nel 2020 un calo dei ricavi superiore al 20% (il 17,7% considerando la distribuzione del fatturato). Un terzo delle società analizzate (53 mila) ha fatto registrare un calo dei ricavi più basso, ma comunque significativo (tra -10% e -20%), mentre circa 63 mila Pmi hanno contratto le vendite con tassi a una cifra e solo per le restanti 14 mila società (9%) si stima un fatturato in crescita o sui livelli del 2019.
Infine, la probabile uscita dal mercato di un numero rilevante di imprese e il ridimensionamento del giro d’affari di molte altre avranno inevitabili ripercussioni anche sul livello degli investimenti. Secondo il Rapporto Regionale Pmi 2021, le società italiane potrebbero perdere 43 miliardi di euro di capitale nel biennio 2020-2021 (-4,8% rispetto ai circa 900 miliardi complessivi di fine 2019).
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