Il gruppo lancia un nuovo brand, Schroders Capital, nel quale ha riunito tutte le competenze sui private asset. Un mercato che varrà 21 trilioni di dollari di AUM nel 2025
Negli ultimi anni i private market sono cresciuti moltissimo, non solo tra gli istituzionali ma in tutte le diverse fasce di investitori, sostenuti da dei veri e propri megatrend in questa era di tassi intorno allo zero. Un’ascesa inarrestabile, che ha spinto Schroders a riunire le proprie competenze specialistiche nei private assetsotto un nuovo brand, Schroders Capital, per venire incontro alla crescente domanda di investimenti in questo campo. L’annuncio è stato dato in occasione dell’evento Schroders Private Assets Media Summit. La divisione, che comprenderà la gamma esistente di private equity, prodotti cartolarizzati, asset-based finance, private debt, immobiliare, infrastrutture, titoli inflazione-linked e BlueOrchard (specialista nell’impact investing), è affidata a Georg Wunderlin, in qualità di global head di Schroders Capital.
Guardando le dinamiche dei private market, Wunderlin osserva che si tratta di un mercato che è triplicato nel 2015, poi quasi raddoppiato negli ultimi cinque anni, arrivando a 14 trilioni di dollari di asset in gestione nel 2020. La prospettiva è che cresca poderosamente fino ad arrivare a 21 trilioni nel 2025, guidato dai megatrend che ne sostengono l’ascesa: in particolare, la “democratizzazione”, la ricerca di rendimenti non facilmente reperibili nel reddito fisso, la domanda di un “premio di complessità” e la necessità di trovare nuove soluzioni.
Secondo l’Institutional Investor Study 2020 di Schroders, gli investitori intendono aumentare l’esposizione ai private asset dal 12,8% al 14,1% nei prossimi 12 mesi, con il 46% dei soggetti interpellati che ha dichiarato che l’aumento dell’esposizione servirà a migliorare gli obiettivi di rischio e rendimento. Secondo Wunderlin, questo comporterà una crescita degli asset under management dei private market di 500-600 miliardi solo quest’anno. E non si tratta solo degli istituzionali. “Attualmente gli investitori privati hanno investimenti pari solo al 5% nei mercati privati, quindi come si può ben immaginare con la spinta di questi ultimi verso i private asset emergeranno enormi opportunità per le case di gestione che si occupano di questo tipo di investimenti”, ha commentato Wunderlin.
In base allo studio già citato, il 27% degli investitori globali prevede di aumentare l’allocazione in private equity nei prossimi tre anni, rendendola la asset class più richiesta all’interno dei mercati privati. Proprio sul private equity si gioca un’importante partita relativa alla “democratizzazione” di questo genere di investimenti, uno dei megatrend a sostegno di questi mercati. Se un tempo il private equity era appannaggio degli istituzionali, oggi una platea di investitori più ampia può beneficiare degli ampi ritorni di questa asset class come non è mai accaduto in passato, grazie ai cambiamenti sia sul fronte regolatorio sia nelle dinamiche degli investimenti. “I clienti retail rappresentano una fetta crescente del mercato dell’asset management ma sono significativamente sottoposizionati sui private asset”, ha osservato Rainer Ender, head of Private Equity di Schroders Capital.
Storicamente, gli investitori hanno puntato sui private market per beneficiare del “premio di illiquidità”, cioè quell’extra rendimento volto a remunerare il cosiddetto capitale paziente, e il fatto che gli asset non si possano liquidare facilmente come accade sui mercati pubblici. Ma oggi la posta in gioco è un’altra, e a guidare la corsa ai mercati privati è il cosiddetto “premio di complessità”, come ha spiegatoNils Rode, chief investment officer di Schroders Capital. “Il premio di complessità si riferisce agli excess return che non sono guidati dal sacrificio della liquidità, quanto piuttosto dal livello di impegno richiesto nel gestire operazioni e investimenti e dalle capacità e dal lavoro richiesti per portarli al successo. Offrire un premio di complessità richiede profonda conoscenza di determinati settori, forti ed estesi network locali e un engagement continuo”, ha detto Rode. Per esempio, nel mondo del private equity alcune strategie di crescita focalizzate sull’innovazione o sulle acquisizioni possono fornire agli investitori il cosiddetto premio di complessità.
Ma non c’è soltanto il private equity: “Il contesto dei tassi spingerà la domanda per i private asset in generale, e specificamente per le alternative di reddito”, ha affermato Wunderlin. Per esempio, il private debt può aiutare a trovare nuove fonti di rendimento difficilmente reperibili oggi sul mercato del credito tradizionale. La diversificazione del settore – che passa dai titoli garantiti, dai corporate loan, dal debito immobiliare e infrastrutturale fino all’impact investing – può aiutare gli investitori a gestire questa sfida, ha sottolineato Nick Pont, head of product strategy for securitised products and asset based finance.
“Ci troviamo attualmente in un periodo prolungato di tassi bassi a livello globale, che rende necessario identificare e offrire opzioni di investimento che diano accesso a un’ampia gamma di opportunità. Nell’universo del private debt, vediamo opportunità sull’housing, sul consumer debt e sull’immobiliare. Ma allo stesso tempo, dobbiamo dare agli investitori la flessibilità di accedere a queste opportunità attraverso titoli pubblici e private loan”, ha detto Pont.
Le dinamiche descritte, ha spiegato Wunderlin, accresceranno la domanda di strategie di investimento specializzate. E la differenziazione delle strategie spingerà, a sua volte, verso la domanda di soluzioni sempre più targetizzate sulla base dei risultati desiderati. “Con un occhio su risultati che andranno al di là dei soli rendimenti finanziari, ma includeranno anche la spinta verso la sostenibilità e l’impatto positivo su questioni di natura sociale o ambientale”, ha affermato Wunderlin.
L’ultimo megatrend, infatti, è quello degli investimenti di impatto, che per i mercati privati porteranno un “cambio di paradigma” secondo Schroders. L’Institutional Investor Study ha infatti rilevato che gli asset manager dovrebbero concentrarsi sempre di più sulla produzione di un impatto tramite l’engagement attivo con le società del portafoglio. In base allo studio, infatti, il 70% degli investitori globali ritiene che l’impatto di un’azienda sulle comunità e sulla società in generale siano essenziali.
Maria Teresa Zappia, chief impact and blended finance officer e deputy Ceo di BlueOrchard (di cui Schroders ha acquisito la maggioranza nel 2019) ha infatti commentato che “gli investitori stanno domandando sempre di più che l’impatto positivo debba essere un risultato chiave dei loro investimenti, e i mercati privati, con la loro esposizione a settori come le infrastrutture e il real estate, sono in una posizione eccezionale per contribuire a questo cambio di paradigma”.
Giambattista Chiarelli, head of institutional dell’asset manager, racconta i piani di sviluppo nel business istituzionale in Italia e analizza il cambio di passo necessario per fondi pensione, casse e fondazioni
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