Risparmio, solo un italiano su quattro investe
Secondo una ricerca XTB-YouGov, la quota scende al 19% tra le donne. Nord più dinamico, Sud in ritardo. Cruciale resta l’istruzione. Bond, azioni e fondi comuni gli strumenti preferiti
4 min
“La contrapposizione tra strumenti attivi e passivi è ormai superata”. In un contesto che vede gli investitori globali alle prese con un quadro macro tra i più complessi degli ultimi anni e sempre più intenti a considerare veicoli di investimento altamente specializzati o focalizzati sui mercati privati, è questo il mantra ripetuto a gran voce da Richard Oldfield. Il group ceo di Schroders, che nei suoi anni di esperienza nel mondo del risparmio gestito ha attraversato le più disparate stagioni storiche, è infatti convinto che l’eterna dicotomia tra gestione attiva e passiva vada riconsiderata e vista da un’altra prospettiva. E propone una visione conciliante dei due stili, dove i confini vanno a sfumarsi e l’attenzione va posta sul risolvere i problemi degli investitori.
📰 Leggi anche “Investitori sovrani: più strategie attive, private credit e Cina in portafoglio“
Negli ultimi anni, la crescita esponenziale degli ETF ha alimentato un dibattito che sembra contrapporre con vigore sempre più forte due mondi già dapprima percepiti come difficilmente conciliabili. La volatilità dei mercati ha ad esempio evidenziato il rischio di concentrazione insito negli indici di Borsa e la partecipazione passiva al percorso che ha portato a tale concentrazione ha funzionato bene per gli investitori, con lo S&P 500 che dal 2010 ha generato rendimenti annuali pari a quasi il 14%. Eppure, per il manager, il sell-off di aprile innescato dai dazi del Liberation Day di Trump ha fatto comprendere in maniera plastica che il punto di equilibrio è più sfumato. Negli ultimi anni si è assistito a un’esplosione degli exchange traded fund che non riproducono indici generali ma si concentrano invece su specifici temi e stili o altre sottocategorie: ancorché siano essi passivi, il processo che li vede utilizzati come componenti di un portafoglio è decisamente attivo.
La vera sfida individuata da Oldfield riguarda il ruolo cui ciascuna componente è chiamata ad assolvere in portafogli che sono, oggi come forse mai prima, interessati da profondi cambiamenti. “Quello che stiamo osservando tra gli investitori è un approccio più ponderato e una maggiore necessità di strategia”, illustra infatti il numero uno di Schroders, che cita come esempio il dato emerso dalla recente Global Investor Insights Survey della società: l’80% dei 995 investitori professionali intervistati, per un patrimonio totale pari a 67mila miliardi di dollari, è più propenso di prima a ricorrere a strategie di gestione attiva nei prossimi 12 mesi. Questo significa che gli operatori vogliono rafforzare la resilienza dei loro portafogli e intendono farlo diversificando: tra aree geografiche, ma anche tra asset class e stili. Molti inoltre stanno riducendo l’esposizione al dollaro: si tratta di un’inversione di tendenza degna di nota, rispetto a un passato in cui, in tempi incerti, il riflesso era quello di considerare il dollaro e gli asset statunitensi come beni rifugio.
📰 Leggi anche “Gli investitori professionali puntano sulla gestione attiva“
C’è poi, inevitabilmente, anche un’altra questione legata al contesto storico in cui ci troviamo. “Di fronte alle insidie di un indice”, osserva Oldfield, “gli investitori desiderano un approccio anticipatorio o contrarian”. E se per gran parte degli ultimi due decenni i tassi di interesse e gli altri fattori macro hanno sostenuto indistintamente tutte le classi di attivo, nell’attuale contesto di volatilità stanno venendo alla ribalta i fattori microeconomici: ad esempio, la resilienza degli utili societari. Insomma, la necessità di guardare avanti si è fatta più urgente e cresce l’esigenza di ampliare la prospettiva. “Ecco allora che una soluzione potrebbe consistere nell’approccio value”, chiarisce il ceo, “mentre altre potrebbero essere tematiche e ancorate a un settore o a una tendenza”.
Il ragionamento del ceo di Schroders si lega a doppio filo anche con uno dei grandi temi che interessano il futuro dell’industria: l’allocazione sui mercati privati. “Con il debito sovrano in forte aumento”, spiega infatti, “gli investitori obbligazionari saranno costretti ad affrontare una volatilità strutturalmente più alta per accedere ai rendimenti elevati e potrebbero considerare in maniera sempre più decisa di integrare nelle loro strategie asset class alternative come il private debt”. E se una soluzione futura per chi cerca income è quella di utilizzare sia il debito pubblico che quello privato, ecco che il tradizionale dibattito tra attivo e passivo si conferma nuovamente irrilevante. “Lo stesso vale per l’azionario”, sottolinea il ceo contemplando la commistione tra listini pubblici e private equity”.
📰 Leggi anche “Private debt, altro anno record per raccolta e investimenti“
L’orizzonte di Oldfield si allarga poi, inevitabilmente, anche all’impatto delle nuove tecnologie. “Il sistemi a registro distribuito, l’intelligenza artificiale e l’informatica a basso costo ci stanno spingendo verso soluzioni d’investimento più sofisticate e più tarate sulle specificità dei clienti rispetto alle strutture dei fondi che conosciamo oggi”, spiega. Una tendenza che, a suo avviso, contribuirà a rendere ancora meno rilevanti i poli semplicistici di passivo contro attivo perché porterà alla creazione di portafogli sempre più focalizzati sugli obiettivi del singolo e personalizzati in base alle sue scadenze.
Vuoi ricevere ogni mattina le notizie di FocusRisparmio? Iscriviti alla newsletter
Registrati sul sito, entra nell’area riservata e richiedila selezionando la voce “Voglio ricevere la newsletter” nella sezione “I MIEI SERVIZI”.
