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Ma considerano il lavoro agile insidioso nell’imprimere un impoverimento dei rapporti umani. I risultati di Demia per conto di Hermes Consulting sul tema dello smart working
Durante le prime settimane di lockdown girava un divertente quesito sui social network, in cui veniva chiesto alle persone a chi fosse da attribuire il merito o quantomeno la responsabilità della Digital Transformation dell’azienda presso la quale lavoravano.
Le modalità di risposta possibili erano “Ceo”, “Cto” e “Covid-19” e in modo molto ironico quest’ultima era quella cerchiata di rosso come risposta fornita. Secondo una recente ricerca svolta da Demia per conto di Hermes Consulting sul tema dello smart working, invece le cose sembrano non essere affatto così.

Fonte: sondaggio Demia per Hermes Consulting
L’indagine, che ha coinvolto 500 manager italiani, rivela come solo il 19% delle aziende ha introdotto il lavoro agile quale misura conseguente al Covid 19, percentuale che scende al 10% tra quelle che operano nel campo dei servizi bancari (114 le risposte delle società di questo settore). L’87% delle società di servizi finanziari lo aveva già sperimentato e l’84%, ovvero quasi la totalità di queste, lo aveva già incluso nei contratti di lavoro recependo la normativa di legge. Tuttavia, solo il 28% dei manager intervistati hanno dichiarato che la propria azienda era “del tutto preparata” ad affrontare un’emergenza come quella che si è verificata, con una magra consolazione: solo il 4% ritiene che la maggioranza delle aziende del proprio settore, ovvero i propri competitor fossero pronti.
Dove risiedono quindi i problemi o semplicemente i ritardi che hanno dato luogo a questa percezione presso i manager italiani?
L’impressione è che il giudizio riguardi alcuni fattori che travalicano il mero dato tecnologico: le dotazioni hardware e software infatti non sono giudicate essere risorse scarse, piuttosto si è lamentato una congestione della rete che ha causato qualche disagio, comune a tutti durante l’emergenza. Nelle risposte di più di tre manager su quattro (77%) la nuova frontiera da affrontare riguarda lo sviluppo di nuovi modelli di leadership per gestire i team in remoto. Imparare a motivare a tutti i livelli i collaboratori attraverso un feed back continuo da remoto, comunicare in modo efficace gli obiettivi e tenere un costante orientamento verso i risultati da raggiungere sono attività che non trovano una banale trasposizione, ma richiedono un approfondimento specifico. Mentre il ridisegno della propria giornata lavorativa e la capacità di far fronte ai propri impegni hanno trovato paradossalmente dei vantaggi nello smart working, con il 66% che trova più agevole organizzare l’agenda e il 71% che non riscontra cali di produttività, sono le interazioni “umane” ad avere subito un’influenza maggiore.
Il 73% dei manager del settore finanziario è convinto che le videochiamate siano un buon surrogato delle riunioni, ma non un potenziale sostituto integrale degli incontri vis a vis, e quindi, utilizzabili in caso di necessità e meglio se solo per alcune tipologie di meeting. Tuttavia, vi è profonda consapevolezza che, anche dopo il ritorno alla “normalità”, la trasformazione digitale lascerà un segno indelebile e irreversibile sul modo di lavorare: il 98% dei manager del settore finanziario ritiene che le soluzioni di smart working saranno adottate in misura nettamente superiore a quanto avveniva prima del 2020. Questo trend non potrà prescindere, secondo il 76% dei manager, dalla maturazione e dal raggiungimento di una “nuova motivazione personale” per affrontare il lavoro in condizione di solitudine fisica per tutto il corpo aziendale. Lo smart working peraltro viene giudicato dalla maggioranza (55%) come insidioso nell’imprimere un impoverimento dei rapporti umani a livello professionale, compensato tuttavia, secondo il giudizio del 69% dei rispondenti, da un arricchimento dei rapporti a livello familiare. In ultima analisi, quindi, si riscontra come il ridisegno del work-life balance, il bilanciamento tra vita lavorativa e vita familiare, prenda ora spazio nelle priorità dell’agenda del top management, che dovrà ingegnarsi per trovare delle risposte concrete e produttive a una realtà che dopo l’emergenza Covid 19 assumerà, o meglio ha già assunto, sembianze molto differenti. A partire dalla considerazione che in sei abitazioni private su dieci dei manager che lavorano nel campo dei servizi finanziari e bancari è presente ormai una postazione per lavorare in smart working, che quasi la metà di queste è nata durante l’emergenza Covid 19 e che tutte resteranno operative in futuro.
Diego Martone è presidente dal 2006 di Demia Studio Associato, società di ricerche di mercato e consulenza strategica di marketing generazionale specializzata nel settore finanziario.