Per la managing director di Carmignac UK sta tornando più forte che mai il momento delle case di gestione attive. Un tempo da vivere con “serietà ed umiltà”, consapevoli della necessità di trasformazione dell’industria e di generazione di impatto positivo su economia e società
“Negli ultimi dieci anni i mercati hanno vissuto nel paradosso per cui ogni cattiva notizia in termini macroeconomici si traduceva in una buona notizia, grazie all’immediato aumento del supporto da parte delle banche centrali. Abbiamo vissuto un tempo veramente speciale come asset manager, con i mercati guidati dalle politiche e non dai fondamentali. Oggi il quantitative easing si è trasformato in quantitative tightening e la situazione è totalmente cambiata”.
Maxime Carmignac, managing director di Carmignac UK, ha la capacità di sintetizzare in poche frasi il cambio di contesto di investimento che, secondo la manager, determinerà una nuova fase di crescita dell’attenzione per la gestione attiva. Una filosofia che avrà ancora più rilevanza in relazione ad una delle fondamentali sfide dell’industria: quella della sostenibilità.
Maxime Carmignac, managing director di Carmignac UK
La forza della trasparenza
“Oggi il 50% dei flussi sulla sostenibilità in Europa sono su prodotti a gestione passiva. Di questi l’80% insiste su indici Esg di Msci. Questo significa che il 40% dei flussi totali fa riferimento a ciò che Msci intende con sostenibilità. Ciò può creare problemi, come nel caso dei ribilanciamenti, che avvengono una volta all’anno, e a controversie di vario tipo, come evidenziato dall’esempio di Wirecard in Germania”.
È in questo contesto che per Maxime Carmignac si apre un’ulteriore opportunità per i gestori attivi: quella di proporre un modo diverso di fare ESG. “Nel campo della sostenibilità dobbiamo fare i conti con plurime assenze: principalmente quella di chiarezza da parte della regolamentazione, in costante cambiamento, e quella poi di disponibilità di dati da parte delle società. Qui la gestione attiva ha la possibilità e il dovere di fare la differenza attraverso una piena trasparenza sui criteri applicati nella valutazione degli investimenti in termini di sostenibilità, in modo da permettere ai clienti di allocare i capitali in base alle proprie convinzioni, che non sono identiche per tutti”.
Ne deriva, secondo la manager, un bisogno di personalizzazione che molto difficilmente può essere soddisfatto da uno stile di gestione passivo. “Alcuni clienti possono richiedere di investire in società già completamente allineate con alti standard ESG mentre altri possono essere maggiormente interessati al potenziale di trasformazione associato ad aziende impegnate in percorsi di transizione. Offriamo ai clienti un allineamento che risponda alle loro convinzioni”, dichiara. “Serietà e umiltà sono i valori fondamentali con cui affrontiamo la sfida della sostenibilità in Carmignac”, completa.
Centralità dell’orizzonte temporale
Il focus sul lungo periodo ricompreso nella sfida della sostenibilità trova corrispondenza nella natura di boutique dell’asset management a carattere famigliare di Carmignac. “Come scritto da Antoine de Saint-Exupéry”, afferma Maxime Carmignac, “non ereditiamo il Pianeta dai nostri genitori ma lo abbiamo in prestito dai nostri figli”.
Un’affermazione che per la casa di gestione si lega tanto alle sfide dell’industria quanto a quelle societarie. “Il nostro focus non è sui risultati societari trimestrali ma sul pieno allineamento con gli obiettivi di lungo periodo dei nostri clienti. Fin dalla fondazione nel 1989 ci siamo sempre concentrati sulla selezione di aziende che rispondessero a questo fondamentale principio. Per questa ragione fa parte del nostro DNA una grande attenzione alla governance delle società, resa ancora più profonda dalla nostra esposizione strutturale ai mercati emergenti dove l’approfondimento e l’attenzione su questo punto ha ancora più valore”.
Creare Diversity attraverso l’unità
Tra i fattori di governo societario, una particolare attenzione è rivolta da Maxime Carmignac al tema della diversity, affrontato dalla manager a tutto tondo, sia in relazione allo sviluppo interno dell’industria della gestione sia in merito alla quota di donne attive come investitrici.
“Perché si realizzi un vero miglioramento ci sono quattro aspetti su cui il nostro settore deve impegnarsi”, afferma sul primo punto: orari più flessibili, modelli e aspettative non irraggiungibili, “perché dobbiamo essere consapevoli che è difficile combinare vita privata e professionale”, coaching per fare in modo che le donne stesse richiedano interventi per la soddisfazione delle proprie specifiche esigenze, e, infine, il coinvolgimento degli uomini nell’obiettivo del raggiungimento di una reale diversity, “perché il fine deve essere comune, non solo della componente femminile”.
Il secondo aspetto, il più rilevante in assoluto per Maxime Carmignac, fa riferimento alle donne come sottoscrittrici di prodotti di investimento. “Una risposta tipica dell’universo femminile per motivare un mancato ingresso nel mondo degli investimenti è quella di non avere abbastanza ricchezza. Non potrebbe esserci risposta più sbagliata: minore è la ricchezza, maggiore il bisogno di beneficiare dell’effetto dell’interesse composto. Si tratta di un principio semplice ed estremamente potente che tutti impariamo a scuola salvo poi rischiare di dimenticarcene semplicemente perché non viene messo in pratica in nessun modo. L’investimento più importante è quello del primo euro”.
“Tre sono i fondamentali fattori per aiutare le donne a diventare investitrici”, afferma la managing director di Carmignac UK. “Il primo è l’educazione, sia nelle scuole che da parte delle famiglie. Il secondo sono i media, mentre la terza componente di cui abbiamo bisogno è un cambio di passo da parte dell’industria dell’asset management che deve creare prodotti che soddisfino le esigenze delle donne, focalizzandosi sugli obiettivi concreti dell’investimento e sulla creazione di strumenti molto trasparenti che puntino al lungo periodo”, conclude.
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