Fund manager in fuga dagli USA di Trump: rotazione storica verso l’Europa
Second la survey di BofA, per i gestori è la fine dell’eccezionalismo americano: la crescita rallenterà. Banche e difesa i titoli preferiti
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Stati Uniti avanti senza sosta, un’Europa che viaggia a rilento ma resta comunque alla larga dalla recessione e la biforcazione netta dei percorsi seguiti dalle banche centrali sulle due sponde opposte dell’Atlantico. Sono questi i punti fermi del 2025 immaginato da BNP Paribas, che il 12 dicembre ha presentato alla stampa le sue previsioni sull’anno venturo. Secondo la società, il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca avrà infatti un effetto importante sugli equilibri globali. Con un ventaglio di rischi e opportunità che è pronto a dispiegarsi.
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A introdurre la view della casa è stato Luigi Speranza, global head of Markets 360 & capoeconomista della banca, che ha spiegato come la variabile chiave da monitorare per gli investitori sia rappresentata proprio dalle conseguenze dall’amministrazione Trump. “Se la deregulation sarà positiva per l’economia americana”, ha spiegato, “la politica fiscale potrebbe non sortire particolare effetti in quanto la maggior parte dei tagli alle imposte attesi rappresenta un’estensione di quelli già in essere”. Non solo. Per Speranza, c’è anche la possibilità che alcuni dei provvedimenti promessi dal tycoon si rivelino un boomerang per l’economia degli Stati Uniti. Il riferimento è alle potenziali pressioni inflattive derivanti dalle misure di contrasto all’immigrazione, che dovrebbero ridurre l’offerta di lavoro e quindi aumentare la pressione salariale, e a quelle commerciali, con l’esperto che si attende un rialzo dei dazi al 25% per la Cina e al 3% per il resto del mondo. Da qui la convinzione di BNP che il tasso di crescita del PIL USA toccherà il 2% nel 2025 per poi scendere l’anno seguente, proprio quando i vari provvedimenti saranno entrati a regime e il carovita si attesterà ben al di sopra del 3%.
Rischi di nuove fiammate inflattive non possono che tradursi in maggiore cautela da parte delle banche centrali. Ed è proprio questo l’atteggiamento che Speranza ha detto di aspettarsi dalla Fed per l’anno venturo. “L’istituto allenterà i tassi dello 0,25% nell’imminente riunione di dicembre ma poi ci aspettiamo che resti fermo per tutti i 12 mesi successivi”, ha precisato l’economista. Una view in contrasto con quella espressa dal mercato ma giustificata dall’idea che, alla luce di un tasso d’equilibrio più elevato per ragioni cicliche, l’attuale livello della politica monetaria di Powell e colleghi sia in realtà meno restrittivo di quanto appaia. Quanto agli altri principali policy maker, la previsione di BNP è invece che la fragilità del quadro di crescita provocherà uno spostamento in senso opposto: la BCE continuerà cioè a tagliare per arrivare a una sforbiciata complessiva di 200 punti base e un percorso di easing monetario sarà condotto anche dalla People Bank of China. “A fine 2025 prevediamo una divergenza dei tassi di mercato nella parte a breve in aumento fino a 50 punti base tra USA ed Europa rispetto agli attuali forwards”, ha concluso Speranza.
Proprio il Vecchio Continente è al centro di un’altra previsione di prospettiva contrarian espressa dalla banca. Luca Pennarola, senior Europe Economist della società, ha infatti detto di aspettarsi che il Trump 2.0 porti a più opportunità che rischi. “Non vedo una recessione all’orizzonte ma piuttosto una risposta inattesa”, ha spiegato, precisando che i Paesi membri potrebbero essere indotti a compattarsi e trovare un accordo su alcune proposte di rilancio dell’Eurozona contenute nella Relazione Draghi o nel Rapporto Letta. “Quella degli eurobond è un’ipotesi ancora lontana ma ci sono altri accordi che si stanno vagliando”, è stata la precisazione dell’esperto, che ha fatto l’esempio di un fondo di difesa su base volontaria da finanziare con debito comune. Da qui la convinzione che l’Eurozona possa agguantare un tasso di crescita dell’1%, complice un’inflazione destinata a stabilizzarsi intorno al 2,1% anche per la volontà delle imprese locali di sfruttare il rafforzamento del dollaro per mantenere la propria quota di mercato anziché scaricare eventuali aumenti di costo sui clienti. Piuttosto positiva anche la view su Francia e Germania, con Pennarola che ha evidenziato come Parigi abbia uno dei potenziali di crescita migliori della regione e Berlino sia sul punto di istituire altri fondi speciali nel breve termine. Il vero problema per le nostre latitudini potrebbe arrivare nel 2026, quando la combinazione di euro debole e bassa disoccupazione rischia di fare riaccelerare la corsa dei prezzi.
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Per quanto riguarda le scelte di portafoglio, molta enfasi è stata attribuita al mercato azionario degli Stati Uniti. Secondo gli esperti di BNP, Wall Street mostra infatti un forte slancio ma diversi segnali di indebolimento delle tendenze fondamentali rendono opportuno per gli investitori cercare coperture a basso costo. In Europa, dove crescita e fondamentali sono più deboli, pare invece preferibile privilegiare le strategie a basso volume. Quanto alla Cina, si legge nell’outlook che “la crescita del mercato degli ETF e il miglioramento degli investimenti negli indici potrebbero favorire la partecipazione dei fondi a lungo termine”. L’esposizione al reddito fisso va invece costruita soprattutto sul fronte del credito, ma con la consapevolezza che il quadro sta cambiando: l’ipotesi di una Fed più hawkish impone cioè di prestare cautela sulla parte lunga della curva USA mentre il Vecchio Continente si prospetta più interessante. “La parte lunga della curva dei rendimenti giapponesi appare più appetibile grazie al carry e alla potenziale riduzione dell’offerta di obbligazioni ultra-lunghe”, conclude il report.
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