Auto, i dazi di Trump fanno tremare i mercati: la view dei gestori
La Casa Bianca ha annunciato tariffe del 25% su tutte le importazioni del settore. Per gli analisti, l’impatto non risparmierà nessuno, neppure gli USA. Ma le opportunità non mancano
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Se giovedì scorso la Banca centrale europea ha sorpreso con un nuovo rialzo del costo del denaro, mercoledì prossimo dalla Federal Reserve i mercati non si attendono colpi di scena. Come preannunciato a Jackson Hole dallo stesso presidente, Jerome Powell, l’istituto centrale statunitense dovrebbe infatti lasciare i tassi invariati per la seconda volta consecutiva. L’attenzione degli investitori è però massima: l’obiettivo è capire dal dot plot e dalle dichiarazioni post meeting quale sia la strategia successiva. Una nuova stretta entro fine anno è ancora altamente probabile.
D’altra parte, nei giorni scorsi è emerso che l’inflazione continua a essere elevata, come testimoniato dall’Ipc di agosto (+3,7%) e dai prezzi alla produzione (+1,6%) e all’importazione (-3%). E l’economia Usa continua a mandare segnali di buona salute, con la stragrande maggioranza degli economisti che ormai esclude un hard landing. Se quindi viene dato per certo (al 97%) che mercoledì i tassi resteranno al 5,25%-5,5%, il livello più alto degli ultimi 22 anni, la possibilità di un ritocco di un quarto di punto nella riunione di novembre è data al 34%. Percentuale che sale al 50% quando l’orizzonte diventa la fine dell’anno. Non solo: i mercati attualmente prevedono tagli per circa 80 punti base nel 2024 e se, il Fomc dovesse rivedere al rialzo le sue proiezioni sui tassi per il prossimo anno, c’è da spettarsi un rinnovato interesse per il dollaro e pressioni al ribasso sulle azioni globali.
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“Qualsiasi colpo di scena della riunione potrebbe scaturire da potenziali modifiche al Summary of Economic Projections, ai ‘punti’ e al tono della dichiarazione e della conferenza stampa”, osserva Erik Weisman, chief economist e portfolio manager di Mfs Im, secondo cui il mercato sarà alla ricerca di qualsiasi segnale che indichi se la Fed propenda per un’altra stretta entro fine anno o per una pausa prolungata. Difficile comunque, a suo dire, che Powell manifesti un’inclinazione dovish, dal momento che vorrà mantenere la possibilità di intervenire nuovamente sul costo del denaro senza sconvolgere il mercato. “Allo stesso tempo, però, il presidente probabilmente porrà l’accento sulla fiducia nei dati che consentiranno di ottenere nuove informazioni sui mercati del lavoro e sull’inflazione prima di prendere una decisione”, precisa.
Quanto al 2024, il mercato si concentrerà sull’eventuale modifica del numero di tagli previsti, nonché su eventuali cambiamenti nelle proiezioni di crescita del Pil, del tasso di disoccupazione e dell’inflazione Pce di base. “Queste informazioni possono aiutare a capire se la Fed si stia orientando verso una strategia di mantenimento dei tassi alti per un periodo di tempo lungo, piuttosto che verso un nuovo aumento del tasso di riferimento”, sottolinea Weisman.
Secondo Martin van Vliet, global macro strategist di Robeco, è molto probabile che il Fomc effettui un’ulteriore stretta di 25 punti base a novembre. “Un nuovo rialzo significa correre il pericolo di un inasprimento ingiustificato: tale rischio sarebbe più elevato se i tassi venissero aumentati a settembre piuttosto che a novembre, in quanto il mercato attualmente attribuisce una bassa probabilità a un ritocco questo mese”, spiega. D’altra parte, a suo parere, se la stretta si fermasse, gli operatori potrebbero anticipare le attese sui futuri tagli, provocando un prematuro allentamento delle condizioni finanziarie. “Ciò sarebbe poco auspicabile per la Fed. Minerebbe la sua credibilità nella lotta all’inflazione e un danno del genere sarebbe difficile da riparare”, chiarisce.
Sulla stessa lunghezza d’onda Sean Shepley, senior economist di Allianz Global Investors, secondo cui Powell e colleghi non hanno ancora terminato il loro lavoro. “Spesso, la flessione dell’inflazione dopo un picco è stata interrotta da episodi di risalita, come quello minacciato dal recente rincaro del petrolio”, fa notare. Per questo, a suo parere, è probabile che la prossima settimana la Fed manterrà i tassi di interesse invariati. E che le sue previsioni continueranno a segnalare un ulteriore aumento prima di fine anno e potenzialmente a ridurre le attese sui tagli al 2024.
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