MiFID 2… Anni dopo: cosa c’è, cosa manca. Il verdetto dell’industria
A due anni dall’entrata in vigore gli effetti della normativa sono ancora difficili da interpretare. E una parte degli operatori spinge per la revisione di alcuni aspetti tecnici
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Nel 2020 è prevista una discussione attorno a un progetto di riforma della direttiva MiFID II in seguito all’attività di lobbying delle associazioni di settore (link in inglese) e in particolare della BVI, l’Assogestioni tedesca. Sotto la lente, tecnicalità della normativa come costi e diffusione dei dati di mercato, regole di protezione dell’investitore e costi delle analisi finanziarie sulle piccole e medie società.
La MiFID ha effettivamente bisogno di correttivi? Sì, secondo Marco Tofanelli, segretario generale di Assoreti: “Con l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea tale revisione oggi si impone, non solo per tener conto dell’evoluzione del mercato, l’innovazione tecnologica, l’introduzione dei fattori di sostenibilità e l’attenzione all’economia reale”, spiega Tofanelli a FocusRisparmio, “ma anche come tecnica di produzione normativa che accolga quelle applicative del diritto orientate alle conseguenze, con scelte giustificate in funzione delle conseguenze sui comportamenti” degli operatori finanziari, consulenti in primis.
Sono trascorsi due anni dall’entrata in vigore della MiFID II il 3 gennaio 2018: cos’è cambiato (se qualcosa è effettivamente cambiato)?
Con la MIFID II il legislatore comunitario ha confermato e rinforzato l’approccio paternalista, intervenendo sempre più sulle opzioni disponibili per gli investitori; tale mutamento non può non aver inciso anche sull’industria. Ci sono fattori positivi, i.e. la centralizzazione del servizio di consulenza, la valorizzazione della qualità del servizio reso al cliente, la trasparenza dei costi a carico dei risparmiatori, mentre altri sono più critici, soprattutto in relazione all’applicazione di secondo livello che se ne è data, i.e., la product governance e la stessa trasparenza dei costi.
L’opinione generale, per quanto riguarda la MiFID 2, è che porterà a una riduzione dei margini. È così? E ancora: qual è la verità sulle rendicontazioni, argomento su cui si è detto e letto tutto e il contrario di tutto?
Sul tema dei costi e oneri la MiFID II ha mostrato i limiti sopra evidenziati, in un contesto di difficile equilibrio. Le norme, caratterizzate da un eccessivo grado di dettaglio, sono risultate di difficile attuazione e non hanno centrato l’obiettivo di assicurare una piena omogeneità dei criteri di misurazione dei costi e oneri da parte degli intermediari nel mercato e del loro impatto sul rendimento. D’altronde, la standardizzazione eccessiva è l’antitesi della concorrenza.
Quali saranno i punti di forza del modello di wealth management vincente che emergerà nei prossimi anni?
La consulenza finanziaria oggi non può essere solo strettamente finanziaria ma globalmente patrimoniale, sì da esprimere valore anche nel fornire un nuovo perimetro di servizi legati alla capacità di accompagnare il cliente in più attività inerenti alla sua ricchezza. Valorizzando la connessione intuitiva con i clienti e sfruttando i vantaggi della digitalizzazione, con un forte bagaglio formativo sulle spalle, il consulente offre un servizio in grado di sintetizzare i bisogni e di selezionare quindi gli investimenti, anche sostenibili, verso la migliore realizzazione degli stessi: egli diventa un educatore e una guida.
Il target delle reti sembra essere sempre più improntato verso la clientela upper-affluent e private, che necessita di competenze sempre più alte e consulenti sempre più preparati, pronti a lavorare sul portafoglio dei clienti a 360°. Come si risponde all’esigenza di garantire un servizio di qualità?
Abbandonato da tempo il vecchio modello del door to door selling (vendita porta a porta, ndr), il servizio prestato dalle reti si è andato evolvendo verso una consulenza sempre più indipendente e di qualità. Si è rafforzata la presenza delle reti nel settore del private (più del 55% degli asset totali delle Associate all’Assoreti appartiene ai clienti private) e si sono sviluppate forme di consulenza olistica. La sempre maggiore specializzazione delle competenze sta portando a forme di collaborazione in team fra più consulenti finanziari, oggi incentivate nel Codice di Comportamento dell’Assoreti.