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Il calo e l’invecchiamento della popolazione porteranno la quota dei giovani a stabilizzarsi intorno al 24% nel medio termine. Con ripercussioni su produttività, debito pubblico, pensioni e sanità
Il calo delle nascite e l’invecchiamento della popolazione avranno pesanti ripercussioni sull’economia italiana, in particolare su pensioni, sanità, produttività e debito pubblico. L’alert è arrivato dalla presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Lilia Cavallari, nel corso della sua audizione davanti alla Commissione di inchiesta sugli effetti economici e sociali della transizione demografica.
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Il calo dei lavoratori e della produttività
Cavallari ha spiegato che il calo della popolazione iniziato nel 2014 continuerà, e si accompagnerà all’invecchiamento progressivo, portando la quota giovani a stabilizzarsi intorno al 24% nel medio termine. Tutto questo avrà ovviamente un effetto sulla forza lavoro: “Se mantenessimo i tassi attuali di occupazione, nei prossimi cinque anni avremmo una perdita di 700mila unità”, ha spiegato. Di conseguenza, calerebbe anche la produttività, perché la forza lavoro invecchia e già ora la classe di lavoratori più numerosa è quella dei baby boomer, cioè coloro che hanno tra 50 e 64 anni. Le previsioni sulla crescita del potenziale sono quindi “modeste per la bassa produttività e l’andamento sfavorevole della demografia”.
Occhio al debito pubblico
Per i conti pubblici il quadro è di “sostanziale tenuta, pur con la prospettiva di un significativo aumento delle spese legate all’invecchiamento nel prossimo decennio”, ha spiegato la presidente dell’UPB. Il picco dell’incidenza di tali spese sul prodotto si raggiungerebbe intorno al 2040, trainato dall’incremento della spesa pensionistica. Successivamente, l’esborso è destinato a ridursi sia per la piena attuazione del regime contributivo sia per il calo della popolazione. Bisognerà solo stare attenti al debito: l’UPB stima infatti che, senza interventi adeguati, la dinamica demografica potrebbe frenarne la riduzione. “Per continuare ad assicurare la discesa del debito nel medio termine, dovrebbero essere previste verifiche periodiche delle ipotesi demografiche e assicurare che eventuali interventi in ambito pensionistico, sanitario e di assistenza non vengano finanziati in disavanzo”, viene sottolineato nella relazione.
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L’impatto su pensioni, sanità e assistenza
A questo proposito, la relazione evidenzia la centralità del tema pensionistico. Secondo l’UPB, tra il 2022 e il 2070 il rapporto della spesa previdenziale lorda sul pil dovrebbe diminuire di 1,9 punti percentuali. Le analisi confermano infatti che le modifiche normative introdotte nel corso dei decenni passati, insieme all’aggancio dell’età di pensionamento all’aspettativa di vita, “sono state e saranno essenziali per il controllo della dinamica della spesa”. Tuttavia, le prestazioni future saranno comparabili con quelle attuali “se il mercato del lavoro sarà in grado di assicurare carriere lunghe, continuative e ben remunerate”, ha spiegato la presidente. Rimarcando l’importanza di mantenere “l’adeguamento automatico all’aspettativa di vita dei requisiti anagrafici e contributivi minimi per l’accesso al pensionamento al fine di attenuare l’aumento dell’indice di dipendenza dei pensionati ed evitare che le pensioni risultino troppo basse, con conseguenti pressioni sugli istituti assistenziali”.
Il discorso non cambia di molto sul fronte della sanità, la cui spesa è attesa invece in aumento dello 0,6% sul pil, per poi stabilizzarsi al 6,4% nel 2070. In questo ambito, ha spiegato Cavallari, le maggiori criticità sono costituite “dalle pressioni dal lato dell’offerta, che vanno tenute sotto controllo con la programmazione e la regolazione del sistema, e dalle attuali debolezze del Servizio sanitario nazionale, che andrebbero affrontate con un rafforzamento strutturale a partire da misure di contrasto all’abbandono da parte del personale”. Per quanto riguarda l’assistenza di lungo termine (long-term care), poi, l’Italia appare ancora impreparata ad affrontare gli effetti della transizione demografica. “Un rafforzamento del sistema, per avvicinarlo ai migliori standard europei, implicherebbe ulteriori incrementi di spesa e un riorientamento dai sostegni monetari ai servizi pubblici”, si legge.
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Urgenti politiche attive
Per contrastare le tendenze demografiche, Cavallari ha sottolineato quindi l’urgenza di politiche attive per aumentare l’occupazione, specialmente di giovani e donne, e contrastare l’alto tasso di inattività. Nel 2024, il bacino dell’inattività riguardava infatti oltre 12 milioni di persone, due terzi delle quali donne. “Anche questo costituisce un freno all’attività produttiva oggi e diventerà sempre meno accettabile domani, quando la popolazione in età lavorativa si ridurrà ancora”, ha scandito la presidente. Fondamentale è poi anche attrarre immigrati qualificati e trattenere i giovani italiani. “Il saldo migratorio può dare un supporto significativo al contenimento del declino demografico e ad aumentare la popolazione attiva”, ha concluso.
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