All’indomani del salvataggio della banca svizzera ad opera della storica rivale, tengono le Borse europee dopo un’apertura con forte volatilità. Sotto la lente gli effetti dello stralcio di 16 miliardi di franchi svizzeri di bond subordinati Credit Suisse. La visione dei gestori
Oltre 3 miliardi di euro. Si chiude con questa cifra la settimana da incubo di Credit Suisse: è il prezzo che UBS pagherà (carta contro carta) per assorbire la rivale nazionale e salvarla dal crack dopo la fuga di depositi conseguente alle ultime traversie finanziarie. Un’operazione orchestrata dalle autorità svizzere e accolta con favore da Fed e Bce, ma che potrebbe non produrre gli effetti desiderati sui mercati anche a causa dei 16 miliardi di franchi in bond subordinati AT1 stralciati in esito alla fusione. Ecco come stanno reagendo le Borse e cosa pensano gli investitori.
Il day after di istituzioni e banche centrali
“La piazza finanziaria doveva essere protetta e anche la nostra economia. Un crollo di Credit Suisse avrebbe avuto conseguenze molto gravi per la Svizzera e per il mondo”, ha sottolineato il ministro delle finanze elvetico Karin Keller-Sutter subito dopo l’annuncio dell’operazione. Dello stesso tenore il commento di Washington e Francoforte. In una nota congiunta il Tesoro americano e la Federal Reserve hanno dato il benvenuto alla fusione, mentre la presidente dalla Banca centrale europea Christine Lagarde ha fatto sapere di aver accolto “con favore la rapidità delle decisioni e delle azioni intraprese dalle Autorità svizzere. Esse sono fondamentali per ripristinare condizioni di mercato ordinate e garantire la stabilità finanziaria”.
Ma i timori sui rischi collegati a questa crisi non paiono completamente fugati ed ecco è perché, nella tarda serata di domenica, la stessa Bce insieme alla Fed e alle banche centrali di Canada, Inghilterra, Giappone e Svizzera hanno annunciato “un’azione coordinata per rafforzare la fornitura di liquidità attraverso una linea di accordi swap permanenti in dollari”.
Neanche ventiquattro ore più tardi, hanno fatto eco a Francoforte anche il governatore di Bankitalia Ignazio Visco e il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni, entrambi intervenuti alla presentazione del nuovo Affari&Finanza del quotidiano La Repubblica. “I problemi di Credit Suisse non sfuggivano dai radar. In Europa abbiamo tutti gli strumenti per fronteggiare la crisi e non rileviamo nelle nostre banche problemi di capitalizzazione e liquidità”, ha detto il primo, sottolineando come “la fiducia è qualcosa di impalpabile che bisogna mantenere con la capacità della Vigilanza europea”. “La crisi ha investito due banche lontanissime l’una dall’altra e con situazioni diversissime tra loro”, ha puntualizzato il secondo. Che ha concluso: “In questo contesto, dobbiamo rassicurare che le nostre regole di supervisione del sistema bancario sono forti e valide”.
La reazione dei mercati
In apertura, la reazione delle Borse del Vecchio Continente ha colpito in modo particolare i bancari mentre i ribassi sui principali indici sono rimasti moderati se considerata la portata di quanto accaduto. A poco più di un’ora dall’inizio delle contrattazioni, Milano cedeva l’1,5%, dopo un minimo intraday di -2,6%, Londra lasciava sul terreno l’1,2% mentre Parigi e Francoforte perdevano rispettivamente lo 0,8% e l’1%. Progressivamente il quadro è però migliorato, facendo intendere la convinzione dei mercati sulla necessità della soluzione adottata dalle istituzioni svizzere. Alle 13.00 tutti i principali listini hanno virato in positivo, con il CAC 40 in testa (+0,7%). In recupero recupera anche lo Stoxx Banks, passato da un iniziale -4,9% a un più contenuto -2,72%.
Quanto all’industria del risparmio gestito, sarebbero più di 800 a livello globale i fondi a detenere posizioni in Credit Suisse. Lo mette in luce Ignites Europe che ha analizzato i dati Morningstar compresi nella finestra temporale tra il 31 dicembre 2022 e il 17 marzo 2023. L’esposizione totale del settore al colosso del credito elvetico si attesterebbe a 1,75 miliardi di euro (di 478 milioni legati a fondi domiciliati in Europa), secondo quanto riportato dalla testata britannica.
A creare agitazione, oltre ai timori che altri istituti possano comunque risentire della crisi innescata dal Silicon Valley Bank, ci sono il tema dell’esautorazione degli azionisti di Credit Suisse, che non potranno opporsi all’operazione perché autorizzata direttamente dalle autorità nazionali, e quello dei 16 miliardi di franchi svizzeri in bond subordinati che la fusione ha di fatto stralciato. La Finma, l’autorità di regolamentazione del mercato elvetico, ha infatti affermato che “il sostegno straordinario da parte dello Stato comporta un azzeramento integrale del valore nominale di tutte le obbligazioni AT1 di Credit Suisse e pertanto un incremento dei fondi propri di base”. Parole che hanno colto di sorpresa i detentori dei titoli, tanto da far parlare di bail-in storico o addirittura record. La svalutazione, precisa Bloomberg, è in effetti la più consistente a colpire il mercato europeo delle obbligazioni AT1, che ha un valore di 275 miliardi di dollari circa, eclissando la perdita di 1,35 miliardi sofferta dagli obbligazionisti junior della banca spagnola Banco Popular nel 2017, quando l’istituto venne assorbito da Banco Santander.
L’opinione dei gestori
Francesco Castelli, responsabile Fixed Income di Banor Capital, ritiene l’intervento svizzero di grande aiuto, anche se doloroso per i detentori di azioni Credit Suisse e obbligazioni AT1. “Le autorità locali hanno seguito la situazione molto da vicino e hanno prontamente deciso che la banca non era più affidabile come entità indipendente”, spiega l’esperto. Secondo lui, insomma, si tratta di coinvolgimento politicamente sgradevole ma una garanzia che il mercato vede come positivo e credibile”. E questo anche perché “il governo ha autorizzato una garanzia di liquidità di 100 miliardi, mostrando il proprio chiaro sostegno. Un’assicurazione molto ampia che dovrebbe proteggere UBS dalla speculazione di mercato”.
“Purtroppo, ci saranno molte perdite di posti”, sottolinea il gestore, aggiungendo che c’è però un premio di consolazione per gli azionisti. “Si porteranno a casa 3 miliardi in titoli UBS, a fronte di un valore di libro di 45 miliardi. E questo conferma che l’intervento pubblico, pur dibattibile, è stato pensato per salvare un settore strategico della Svizzera, non per proteggere gli investitori. “Il bail-in dei CoCo AT1”, aggiunge, “può essere visto come ingiusto ma è completamente legale, descritto nel prospetto e discusso da Credit Suisse anche in una recente presentazione”. “Questo finale perverso”, spiega Castelli, “è l’effetto combinato delle condizioni punitive dei prospetti utilizzati dalle banche svizzere e del processo di risoluzione bancaria utilizzato da Finma. Ecco perché è interessante notare che in altri Paesi europei le condizioni dei prospetti sono molto diverse (la cancellazione è solo contemporanea, o alternativamente si parla di conversione in azioni) e il processo di risoluzione non prevede la sequenza elvetica (e le autorità europee stanno già indicando che non intendono ripetere l’esperimento svizzero)”. In generale, dunque, “nel breve periodo sarà panico, ma chi avrà il tempo di leggere correttamente i prospetti troverà ottime opportunità di investimento”.
Dalla vicenda, sottolinea infine Castelli, c’è anche una morale per la Fed. “Le autorità statunitensi capiranno chiaramente perché il mercato sta considerando insufficiente la loro versione di intervento con Svb. Serve il coinvolgimento dei contribuenti e un chiaro sostegno. Nonostante un decennio di regolamentazione finanziaria e un massiccio aumento dei requisiti patrimoniali, il sistema bancario rimane infatti fortemente dipendente dalla fiducia degli operatori. E se essa manca, serve l’intervento pubblico”.
Per Marco Vailati, responsabile Ricerca e Investimenti di Cassa Lombarda, “le recenti difficoltà di istituti finanziari negli Usa e in Europa non rappresentano crisi sistemiche, sebbene eventi significativi e da non trascurare. Si tratta piuttosto di casi idiosincratici, peraltro maturati in conseguenza dell’evoluzione del contesto che riguarda tutto il sistema”. L’analista ritiene però che Credit Suisse costituisca un caso a parte: “La banca è sistemica e quindi con maggiori controlli. I suoi problemi non hanno origine adesso, ma sono stati accentuati dal recente deterioramento delle condizioni finanziarie. Le autorità sono intervenute prontamente garantendo un prestito per evitare crisi di liquidità e l’istituto, usando parte del finanziamento per ricomprarsi proprie obbligazioni a sconto, ha fatto implicitamente l’aumento di capitale che il mercato gli aveva negato. Peraltro, un’iniezione di liquidità in un istituto in difficoltà non risolve i problemi di redditività o solvibilità. Infatti, nel week end è seguito il bail-in con l’acquisto da parte di Ubs”.
Quanto alle strategie di portafoglio, fondamentale per Vailati è anche l’evoluzione del quadro economico. “Gli effetti dei rapidi e prolungati rialzi dei tassi di interesse si stanno facendo sentire nell’economia e la contrazione del credito aumenta i rischi recessivi. Noi crediamo che la lotta delle banche centrali all’inflazione continuerà, anche se con più moderazione, perché non c’è trade-off tra stabilità dei prezzi e stabilità finanziaria, come ha detto ieri la Lagarde. Questo ci induce a un atteggiamento cauto negli investimenti. La crescita degli utili societari non sarà facile e il multiplo di quotazione rischia di essere compresso dalla crescita dei tassi che disincentiva ancora, al momento, la duration.
Per Paul O’Connor, head of the UK-based Multi-Asset Team di Janus Henderson, l’emergere di segnali di stress nel sistema bancario è un fattore destinato a cambiare le carte in tavola per la politica monetaria. “In termini generali, sembra lecito attendersi un inasprimento delle condizioni di prestito nel settore finanziario e un impatto negativo sulla fiducia e sull’attività delle imprese e dei consumatori. In un contesto di tale fragilità, ci aspettiamo che le banche centrali diano sempre più priorità alla stabilità del sistema e dei prezzi. Ciò fa prevedere un’imminente pausa e forse anche un picco nei cicli dei tassi d’interesse in Europa e negli Usa”.
Sul tema è intervenuto anche Pietro Martorella, head of Southern Europe di AXA IM Core Client Group, tra gli ospiti dell’evento con cui La Repubblica ha presentato la nuova versione del suo inserto economico. Per quanto riguarda i rischi di portafoglio, Martorella ha sottolineato come l’approccio professionale alla gestione e la diversificazione di portafoglio restino gli strumenti migliori per proteggersi da eventi simili a quello che ha interessato le azioni e obbligazioni Credit Suisse. Non solo. Proprio grazie al valore aggiunto dalla gestione attiva, il manager intravedere nell’attuale dinamica “più opportunità di investimento che rischi di contagio”.
Dallo stesso palco si è espresso anche Gabriele Tavazzani, ceo di Amundi Italia, ribadendo il concetto secondo cui “non ci troviamo in una situazione di crisi sistemica come dieci anni fa anche grazie alla reazione delle banche centrali, che hanno sincronizzato un’azione per dare al mercato la possibilità di ricostituire la fiducia nel sistema”. Sulla questione delle AT1, Tavazzani sostiene che lo stralcio determinerà un riposizionamento dei portafogli ma non un effetto domino.
“Non ci sarà un impatto strutturale a lungo termine sugli AT1 in Europa, al di fuori della Svizzera”, sostiene invece Davide Serra, fondatore e ceo Algebris Investments . Secondo lui, “la Finma ha certamente sorpreso con la modifica della legge fatta da un giorno all’altro e il conseguente capovolgimento della seniority della struttura del capitale, ma si tratta di strutture di capitale del G20 che esistono in tutto il mondo. Queste obbligazioni, che assorbono le perdite, fanno parte del tessuto del debito bancario e rimarranno tali in Europa e negli Stati Uniti con Basilea III”.
Buste paga e disoccupazione di novembre confermano che il mercato del lavoro Usa è solido e in progressivo rallentamento. Per gli investitori una riduzione natalizia di 25 punti base è praticamente scontata
Bcg: nei primi nove mesi del 2024 operazioni per 1.600 miliardi di dollari. Ma i mega deal continuano a calare. In Italia attività “vivace”: ora fase volatile ma ricca di opportunità
Secondo gli analisti, quella di Parigi sarà una crisi ‘a combustione lenta’: la volatilità è assicurata e lo spread salirà. Ma sul da farsi ci sono view diverse
La regina delle cripto raggiunge il massimo storico e si impone come settimo asset per capitalizzazione a quota 2mila miliardi di dollari. Merito della nomina dell’avvocato ‘amico’ Paul Atkins a capo della Sec. La Fed prova a spengere gli entusiasmi. Ma gli esperti sono convinti: “Quota 110mila è già nel mirino”
Il manager nominato per acclamazione dal cda della fondazione. Un’investitura che è arrivata il parallelo a quella di Bruno Liguanti per il ruolo di vicepresidente
Secondo l’agenzia, l’evoluzione del settore è inevitabile, ma viene complicata da un sistema di “partecipazioni strategicamente difensive”. L’operazione UniCredit-Banco Bpm? Importante ma dall’esito incerto
Ripresa mondiale resiliente ma minacciata: “Garantire la sostenibilità del debito”. Giù le stime per l’Italia: +0,9% nel 2025 e +1,2% nel 2026. Male la Germania. Le banche centrali? Taglino con cautela
Paul Jackson, global head of asset allocation research della casa di gestione, ha presentato alla stampa italiana l’outlook per il nuovo anno. “Reggerà la crescita ma le valutazioni azionarie, in particolare americane, sono già molto alte”
L’outlook della casa vede sviluppi positivi per Stati Uniti e Vecchio Continente. Ma se la BCE continuerà a tagliare, non è detto che la FED faccia lo stesso. E c'entra anche l’effetto Trump. Dall’equity ai governativi, la ricetta per preparare il portafoglio
Secondo il Global Investor Insights di Schroders, un operatore su due è pronto ad aumentare la propria esposizione all’asset class. Ma a fare gola è anche il debito privato. Diversificazione e rendimenti elevati i vantaggi dell’universo privato
Per Benoit de Laval, fund manager di Axa IM, il segmento promette di resistere alle turbolenze provenienti sia dagli USA che da Francia e Germania. Ma per sfruttarlo serve selezione. Dalla duration al focus settoriale, ecco su cosa punta la casa d’Oltralpe
Iscriviti per ricevere gratis il magazine FocusRisparmio