La crisi ucraina spaventa i mercati
Listini in balia dei venti di guerra. Fuga dagli asset di rischio, volano i titoli di Stato sicuri e l’oro. In rialzo le materie prime. Algebris: impatto inflazionistico. Morgan Stanley: rischio recessione
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La crisi in Ucraina precipita drammaticamente di ora in ora e, con lei, i mercati globali. Con una mossa a sorpresa, ieri il presidente russo Vladimir Putin ha infatti prima annunciato il riconoscimento dell’indipendenza delle autoproclamate repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, e poi ordinato l’invio di truppe nella regione del Donbass. Immediate le reazioni politiche e quelle degli investitori. Kiev assicura di essere pronta a difendersi, mentre dagli Usa, che hanno spostato i propri diplomatici in Polonia, si attende l’annuncio di pesanti sanzioni contro Mosca.
Sanzioni che, secondo molti investitori, porterebbero un livello elevato di instabilità finanziaria sui mercati globali e a cui seguirebbe la rappresaglia del taglio delle forniture di gas all’Europa. Con un inevitabile aumento dei prezzi e conseguenti ripercussioni sull’inflazione.
“Dall’Ucraina nel 2021 è transitato il 26% del gas diretto verso l’Europa. La Russia sta cercando una diversificazione delle proprie rotte per bypassare, almeno in parte l’Ucraina, e ridurne il peso strategico. Il progetto del gasdotto Nord Stream 2 va proprio in questa direzione e coinvolge in maniera diretta la Germania come punto di sbocco”, afferma Davide Tentori, Research Fellow, Osservatorio Geoeconomia, ISPI.
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Forniture di gas ma anche le sanzioni alla Russia rappresentano, insieme al grande nodo della Nato sul piano politico militare, le ragioni delle tensioni e dei venti di guerra. Dal lato delle misure introdotte dopo il 2014 nei confronti di Mosca, di particolare rilevanza sul piano finanziario potrebbe essere l’esclusione dal sistema di pagamento internazionale Swift. “Dobbiamo notare in questo caso un effetto negativo sia per la Russia che per le aziende europee che con la Russia hanno molti rapporti commerciali, inclusi gli esportatori italiani. Alla luce degli ultimi eventi, l’Unione europea non potrà rimanere passiva nei confronti delle azioni compiute da Mosca, ma non è possibile trascurare le resistenze dei settori economici che temono ulteriori ostacoli per il business”.
Se non è già guerra, insomma, poco ci manca. Inevitabile quindi che dopo una chiusura in profondo rosso (Parigi, Francoforte e Amsterdam hanno perso due punti percentuali, Madrid l’1,1%, Milano l’1,7% e Londra lo 0,4%), stamani i listini europei si siano svegliati in preda al panico, tutti in calo di circa il 2%. E non è andata meglio in Asia, dove gli indici delle piazze principali hanno chiuso in ribasso la terza seduta consecutiva, né a Mosca che ha inaugurato la giornata con un terrificante -8% e il rublo in picchiata ai minimi dal 2020 (la grivnia, la valuta ucraina, è ai minimi dal 2015).
Di contro, com’era prevedibile, il gas è schizzato al rialzo. Ad Amsterdam è volato a 80 euro Mwh con un aumento del 10%, dopo aver toccato quota 82 euro con un rialzo del 13,2%. Il tutto mentre emergono alcuni dettagli della bozza dell’analisi aggiornata del caro prezzi energia e delle possibili misure per affrontarlo da prendere a livello Ue e nazionale, che la Commissione europea dovrebbe pubblicare il prossimo 2 marzo. I prezzi del gas resteranno “alti e volatili fino almeno al 2023”, per questo si deve accelerare sugli stoccaggi comuni già da quest’anno, aumentare l’approvvigionamento di Gnl, e semplificare l’iter di autorizzazione delle rinnovabili, che “è questione urgente”, scrivono i tecnici Ue.
Il punto geopolitico. La Russia guarda quindi sempre più a Pechino. “Gli accordi bilaterali Russia-Cina sono aumentati in modo esponenziale negli ultimi anni. Il progetto di raddoppiare il gasdotto Power of Siberia va proprio in questa direzione”. “Una partnership economica che potrebbe assumere sempre di più connotati politici”, spiega l’esperto di ISPI.
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Le fortissime tensioni geopolitiche, con l’Onu che sottolinea come il rischio di un grande conflitto in Ucraina sia “reale e vada prevenuto a tutti i costi”, mettono anche le ali al petrolio. Il Wti balza del 4,8% a 95,4 dollari al barile e il Brent vede quota 100 dollari (+3,5% a 98,77).
In netto rialzo, come da manuale delle crisi, anche i beni rifugio: sui mercati asiatici l’oro è arrivato a toccare durante la seduta i 1.915 dollari l’oncia, ai massimi da 8 mesi.
Mentre il commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni, lancia l’allarme per la ripresa Ue, che potrebbe essere seriamente compromessa da una guerra, gli investitori provano a fare i conti. Secondo gli analisti di Goldman Sachs, “un vero e proprio conflitto” in Ucraina accompagnato da “sanzioni punitive” verso la Russia porterebbe a un calo del 9% dei mercati azionari europeo e giapponese, e del 6% di quello statunitense, che salirebbe al 10% per il Nasdaq. Nel caso di questo scenario, il peggiore (worst-case), la banca americana ritiene possibile anche un crollo del rublo del 10% e un’impennata del 13% del petrolio.
Il rischio maggiore resta quello inflativo. Secondo Alberto Gallo e Gabriele Foà, portfolio manager di Algebris Global Credit Opportunities Fund, il principale impatto di mercato delle recenti tensioni in Ucraina che si trasformeranno in una vera e propria guerra sfocerà verso i prezzi delle materie prime. “Lo scenario peggiore costringerebbe gli Stati Uniti e l’Europa a imporre forti sanzioni alla Russia, comprimendo ulteriormente l’offerta di materie prime – spiegano -. L’impatto finale sarebbe un ulteriore picco nel prezzo del gas naturale e del petrolio. Negli Stati Uniti e in Europa, un ulteriore aumento dei prezzi del 20% potrebbe aggiungere circa 1 punto percentuale all’inflazione”.
Per i due portfolio manager l’inflazione energetica danneggerebbe le aspettative e la spesa dei consumatori, soprattutto in Europa. “Un conflitto comporterebbe quindi una maggiore volatilità nell’azionario e nel credito europeo, poiché i mercati valutano prezzi delle materie prime più elevati e la riduzione delle importazioni della Russia. Poiché non importano nulla dalla Russia, è probabile che gli Stati Uniti non siano molto colpiti, stessa cosa per la Cina, in quanto, le esportazioni verso questa non ne risentiranno”, sottolineano.
I tassi sono aumentati con la crescita delle tensioni, in mezzo al risk-off, ma per Gallo e Foà è probabile che l’inflazione salga e che le banche centrali mondiali non modifichino la loro reazione, soprattutto la Fed. “Di conseguenza, l’impatto finale sulle curve sarà di allargamento. Ciò è particolarmente vero in Europa, dove il re-pricing dell’inflazione ha più margini di manovra”, concludono.
Quanto al futuro della crisi, secondo Giuseppe Sersale , strategist di Anthilia Capital Partners, l’entità degli scontri dipenderà dalla reazione Ucraina. “L’Ovest si limiterà a istituire delle sanzioni, vedremo quanto severe. E così poi si stabilizzerà la situazione. Naturalmente i costi umanitari dell’operazione determineranno il tipo di stabilizzazione e il costo per le economie”, osserva.
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