Il Recovery Fund franco-tedesco da 500 miliardi piace al mercato
Il piano di Merkel e Macron prevede che gli aiuti non andranno rimborsati. Per Morgan Stanley è “una potente risposta comune”. Soddisfatto Conte, ma il Nord Europa frena
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L’illusione che ci fosse una soluzione per il Recovery Found è durata una manciata di ore. Neppure il tempo di pensare che si potesse partire, per poi trattare, dalla proposta franco-tedesca, che dopo il primo altolà è arrivato chiaro e tondo lo stop del blocco nordeuropeo.
Austria, Paesi Bassi, Danimarca e Svezia si preparano infatti a una controproposta al piano targato Merkel-Macron. Ad annunciarlo ancora lui, il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, dalle colonne del quotidiano Oberösterreichischen Nachrichten. “Vogliamo essere solidali con gli Stati che sono stati colpiti duramente dalla crisi, ma riteniamo che la strada giusta siano mutui e non contributi”, ha ribadito.
E infatti il problema è sempre lo stesso, e spacca l’Eurozona a metà minacciando di mandarla in frantumi: sì ai prestiti e no, senza aperture, a contributi a fondo perduto. Il piano presentato da Parigi e Berlino prevede invece un Recovery Fund da 500 miliardi di euro, finanziato con bond emessi dalla Commissione europea, della durata di 25 anni e rimborsati da tutti gli Stati membri, che dovrebbero trasformarsi in sussidi proporzionali ai danni subiti dai diversi Paesi.
“L’accettazione da parte della Germania di erogazioni fiscali finanziate dal un bilancio comunitario è un bel passo avanti, in direzione del riconoscimento di quella solidarietà europea che è necessaria per tenere insieme l’Unione, e un progresso in direzione della formazione di un budget fiscale stabile”, osserva Giuseppe Sersale, strategist di Anthilia Capital Partners. A cui però non sfugge che il problema consiste nel “convincere i cosiddetti frugal four (Olanda, Austria, Finlandia e Svezia), i quali, percepito l’ammorbidimento tedesco, hanno preso a fare quadrato”.
Tra l’altro il Recovery Fund in salsa franco-tedesca potrebbe anche semplificare la vita alla Banca centrale europea. Per gli analisti di NatWest Markets, infatti, i mercati obbligazionari potrebbero vederlo come un segnale forte che conferma la volontà di mostrare un livello di solidarietà commisurato alla crisi, oltre che come un piano che stimolerà la crescita e rafforzerà la regione senza aumentare, ma anzi rimuovendo, la pressione sui deficit di bilancio.
E infatti Christine Lagarde aveva mostrato immediatamente il suo favore. “Le proposte franco-tedesche sono ambiziose, mirate e benvenute – ha detto in un’intervista a Corriere della Sera, El Mundo, Les Echos e Handelsblatt -. Aprono la strada a un’emissione di debito a lungo termine effettuata dalla Commissione europea e soprattutto permettono di attribuire aiuti diretti importanti a favore degli Stati più colpiti dalla crisi. Ciò dimostra lo spirito di solidarietà e di responsabilità a cui ha fatto riferimento la cancelliera la settimana scorsa. Non può esserci un rafforzamento della solidarietà finanziaria senza un maggiore coordinamento delle decisioni a livello europeo”.
Invece alla Lagarde tocca tornare a fare i conti sia con l’incapacità di cooperare dei governi Ue sia con la Corte costituzionale tedesca, alla quale deve giustificare entro tre mesi il piano per il riacquisto di titoli pubblici degli Stati membri, spiegando perché tale intervento non va oltre il mandato dell’Eurotower.
“Secondo i Trattati, tutte le banche centrali nazionali devono partecipare in pieno alle decisioni e all’applicazione della politica monetaria dell’area euro”, aveva detto nel corso della stessa intervista la presidente, sottolineando a proposito della Bundebsank, come “ogni banca centrale nazionale dell’area euro è indipendente e non può ricevere istruzioni dai governi. È quanto prevedono i Trattati”.
Ma nonostante la sicurezza che si ostenta da Francoforte, la decisione dei giudici di Karlsruhe rischia sia di limitare l’indipendenza dell’istituto centrale sia di complicarne la risposta alla crisi da coronavirus. Per gli esperti di S&P Global, infatti, una restrizione dell’azione della Bce nella sua politica di acquisto titoli potrebbe mettere “sotto pressione” i rating di molti Paesi europei, recentemente confermati anche in scia alle iniziative di governi, Ue e Bce per contrastare gli effetti della pandemia.
“La nostra aspettativa di base è comunque che la Bce continuerà a contrastare un’inflazione sotto i target e la frammentazione monetaria in tutte le giurisdizioni dell’Eurozona attraverso bassi tassi di interesse, iniezioni di liquidità nel sistema bancario e un’espansione degli acquisti di asset, consapevole dei trattati Ue, ma con la determinazione ad acquistare in maniera flessibile”, ha spiegato l’analista di S&P Frank Gill, che si attende un’estensione del Peep per contrastare il coronavirus in termini di perimetro, dimensione e durata.