La Fed non tocca i tassi e taglia la crescita. Ma prevede ancora due sforbiciate nel 2025
Al rialzo le stime di inflazione. Per Powell c’è più incertezza con Trump, ma una recessione è improbabile. Gli investitori sperano in una riduzione a giugno
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Il 2025 dei mercati europei si è aperto con l’allarme Regno Unito. Aumentano infatti tra gli investitori le preoccupazioni per le finanze britanniche, che hanno portato il rendimento del Gilt decennale a toccare i massimi dal 2008, crescendo di oltre 20 punti base in appena tre giorni, e quello del titolo a trent’anni a livelli che non si vedevano dal 1998. Di contro, la sterlina è scesa ai minimi da novembre 2023 rispetto al dollaro. Un quadro che sta portando il governo laburista di Keir Starmer a temere un nuovo ‘effetto Truss’, mentre alcuni addirittura evocano la crisi del debito del 1976 che costrinse Londra a chiedere aiuto all’FMI.
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Mentre il listino londinese continua a tenere, secondo gli analisti di MPS Market Strategy a pesare sono soprattutto i timori di un aumento del debito pubblico, accompagnato da una risalita dell’inflazione, che ha portato gli analisti a ridimensionare le attese sul prossimo taglio dei tassi della Bank of England. Al termine del secondo giorno di turbolenze, il Tesoro britannico ha fatto sapere non allenterà la presa sui conti pubblici, ma la svendita dei titoli di Stato di sua maestà è proseguita ugualmente. Tanto che Martin Weale, ex responsabile delle politiche della BoE, si è spinto a fare un parallelo con la crisi del debito del 1976. Molti osservatori temono infatti che il recente aumento dei costi di indebitamento e un’economia da tempo stagnante possano costringere la cancelliera dello Scacchiere, Rachel Reeves, ad annunciare nuove misure per dimostrare agli investitori che la Gran Bretagna è in grado di tornare in carreggiata. Per ora, la ministra delle finanze ha tranquillizzato che non aumenterà le tasse (dopo che l’incremento dei contributi previdenziali per i datori di lavoro ha scatenato forti proteste da parte delle aziende e causato un rallentamento delle assunzioni), ma potrebbe essere costretta ad annunciare nuovi tagli alla spesa.
“Il timore è che gli investitori abbiano perso la fiducia nel Regno Unito come luogo in cui collocare i propri asset”, ha spiegato a Bloomberg Eva Sun-Wai, gestore di fondi di M&G Investments. Ricordando che quando i rendimenti salgono e la valuta scende è “spesso un segnale di fuga di capitali”. “La sterlina potrebbe rimanere la valvola di sfogo preferita dagli investitori ansiosi che si preoccupano delle prospettive dei loro portafogli britannici”, ha aggiunto Valentin Marinov di Credit Agricole, secondo cui “al momento i mercati sono piuttosto nervosi”.
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Di parere leggermente diverso i due colossi dei fondi Pimco e Fidelity International. Per il gestore di portafoglio di quest’ultima, Mike Riddell, è facile puntare il dito contro il governo laburista, ma si rischia di non cogliere il punto: “È principalmente una storia di reddito fisso globale”, ha spiegato a Bloomberg. Il rendimento del Treasury a dieci anni è infatti schizzato ai massimi da otto mesi a causa delle preoccupazioni per le implicazioni inflazionistiche delle politiche del neo presidente Donald Trump. Queste potrebbero spingere i prezzi a stelle e strisce e mantenere elevati i tassi dei titoli USA, con effetti a catena su quelli inglesi. Uno scenario che ovviamente metterebbe a dura prova il bilancio già ristretto di Starmer e Reeves e graverebbe sull’economia.
Sulla stessa linea Peder Beck-Friis, economista di Pimco, che si è detto ancora positivo sui Gilt. “Sebbene fattori specifici del Regno Unito, come il bilancio, abbiano contribuito alla salita dei rendimenti, la maggior parte dell’incremento è stata determinata dall’aumento dei tassi dei Treasury statunitensi nello stesso periodo”, ha assicurato a Reuters. Naturalmente anche per l’esperto ora si rischia che la Reeves debba trovare nuovi risparmi per far fronte ai costi di indebitamento. “Sia la crescita più debole che l’aumento dei tassi di interesse mettono sotto pressione le finanze pubbliche”, ha precisato. Aggiungendo che, se l’attuale tendenza all’aumento dei rendimenti e al rallentamento dell’economia dovesse persistere, “aumenteranno le possibilità di tagli alla spesa o di aumenti delle tasse per consentire al governo di rispettare le nuove regole fiscali”.
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