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La SIM ha una view leggermente positiva sui mercati azionari grazie a una serie di fattori. E tra i settori preferisce quello finanziario e l’ealthcare
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Negli Stati Uniti l’economia promette di mostrarsi resiliente ancora a lungo, regalando alla Federal Reserve sempre più margine per posticipare l’atteso allentamento monetario. Di soft landing parlano infatti anche le ultime previsioni del Fondo monetario internazionale, mentre i dati continuano a mostrare un mercato del lavoro teso e un alto tasso di fiducia dei consumatori. A Eccles Building, l’osservato speciale resta sempre l’inflazione, con i falchi che insistono sulla necessità di attendere per avere un quadro più chiaro.
Esplicito è stato il presidente della Fed di Richmond, Tom Barkin. Noto per le sue posizioni hawkish, ha avvertito che il miglioramento del sentiment dei consumatori, l’alto tasso di risparmio e condizioni finanziarie meno rigide potrebbero esercitare pressioni al rialzo sui prezzi. “Ritengo sia opportuno prendere tempo: nessuno vuole un nuovo aumento ’inflazione. E considerando la domanda robusta e la forza del mercato del lavoro, possiamo ancora attendere prima di iniziare il processo di riduzione dei tassi”, ha scandito.
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In attesa del CPI di gennaio, secondo i gestori le variabili del mercato del lavoro e dei consumi rimangono centrali per prevedere la traiettoria dell’inflazione. E, di conseguenza, per ipotizzare le scelte relative alla politica monetaria. Quanto alla prima variabile, Emile Gagna, macro-economista di Candriam, punta l’attenzione sull’evoluzione dei salari. Questa trasformazione riflette le tensioni sul mercato del lavoro e gioca un ruolo importante nella formazione dei prezzi, in particolare per quanto riguarda i servizi.
Negli Usa, la necessità di creare nuovamente i circa 25 milioni di posti di lavoro tagliati durante la crisi sanitaria ha spinto al rialzo delle retribuzioni. Colmato questo gap, la corsa è rallentata. Ma non abbastanza. L’esperto fa infatti notare che gli stipendi continuano a progredire in modo significativamente più rapido rispetto al periodo precedente alla pandemia, a un ritmo che potrebbe mettere a repentaglio il ritorno dell’inflazione verso l’obiettivo Fed. “Finora i salari sono riusciti a rallentare la loro espansione senza che il tasso di disoccupazione aumentasse (è stato inferiore al 4% da due anni). Tuttavia, è probabile che un ulteriore frenata della crescita salariale richiederà un leggero aumento del tasso di disoccupazione”, sostiene Gagna. A suo parere, solo in questo modo i numeri torneranno ad essere compatibili con un ritorno dei prezzi all’obiettivo del 2%.
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Nel frattempo, grazie al carovita in ritirata, la fiducia dei consumatori americani sta progressivamente migliorando. L’economic team di Payden&Rygel fa notare che il sentiment è salito a livelli mai così alti dal periodo pre-Covid. Inoltre, gli analisti sottolineano che tanto ottimismo potrebbe stimolare i consumi e prolungare il ciclo economico. Molti investitori sono però preoccupati dal tasso di risparmio personale dei consumatori Usa che nel corso del 2023 è sceso dal 5,3% di maggio al 4,2% di agosto, fino a toccare quota 4,1% nel mese di novembre. Un calo che rischia di causare un rallentamento dell’economia a stelle e strisce.
Jeffrey Cleveland, chief economist della società, bolla però tali timori come “eccessivi”. E chiarisce: “Non è necessariamente un segnale di rallentamento economico, anzi spesso indica un’economia resiliente e un mercato del lavoro dinamico, laddove un rapido aumento del tasso di risparmio spesso indica un raffreddamento della crescita”. Per l’esperto, è bene tenere d’occhio altri fattori, perché sarà il reddito a decidere il destino dei consumi. Attualmente, fa notare, questo sta crescendo a un ritmo annuo del 7% (dati a novembre 2023). Inoltre, in uno scenario di soft landing, il reddito disponibile reale, cioè corretto per l’inflazione, dovrebbe progressivamente aumentare con il rallentamento dei prezzi. “Attenzione, quindi, a chi parla di consumatori ‘ai ferri corti’”, conclude Cleveland.
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