A marzo i prezzi sono saliti del 3,5%, oltre le attese. Su anche l’indice core. Per gli investitori l’ipotesi giugno è archiviata. E ora l’attesa è di due sole sforbiciate
Il primo taglio dei tassi USA si allontana. Come temuto, a marzo l’inflazione a stelle e strisce ha accelerato oltre le attese e ha azzerato sui mercati la speranza che la Federal Reserve possa avviare il suo ciclo di allentamento a giugno. I prezzi al consumo sono saliti del 3,5%, sopra il 3,2% di febbraio e più del consensus che prevedeva un incremento del 3,4%. Anche il dato core è cresciuto oltre le stime degli analisti, attestandosi al 3,8%. Su base mensile l’aumento è stato, sia per l’indice generale che per quello al netto di alimenti ed energia, dello 0,4%, oltre il +0,3% pronosticato.
Per gli investitori il primo taglio slitta a settembre
Immediata la reazione dei mercati che avevano già ridotto al 56,2% le scommesse su una prima sforbiciata a giugno (dal 61,5% di una settimana fa), alla luce della resilienza dell’economia americana e della forza del mercato del lavoro. Dopo il CPI di marzo, secondo il FedWatch Tool di CME, questa possibilità è crollata al 26% e anche l’ipotesi luglio non viene più data per scontata. Ora gli investitori prevedono al massimo due riduzioni da un quarto di punto per quest’anno, rispetto alle tre stimate in precedenza e che i banchieri del Fomc avevano segnalato come probabili. Con la maggior parte dei trader convinta che Jerome Powell e colleghi aspetteranno settembre.
Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia
Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia, fa notare come i dati relativi al mese scorso abbiano evidenziato pressioni inflazionistiche ancora forti. “Tenendo conto anche delle cifre robuste sul mondo del lavoro crediamo che le possibilità che il Fomc possa decidere di tagliare i tassi di interesse nei prossimi mesi siano molto basse. A nostro avviso diventa sempre più probabile lo scenario che prevede un taglio del costo del denaro nella riunione di settembre”, osserva. Per l’esperto, infatti, la preoccupazione dell’istituto centrale è soprattutto legata al ritorno delle pressioni sui prezzi. E al momento non ci sono le condizioni per procedere a un cambio nelle strategie monetarie. “La reazione sui mercati finanziari è stata forte visto che scontavano un taglio del costo del denaro fra giugno e luglio”, sottolinea.
Sulla stessa linea Jack Amy, portfolio analyst di Moneyfarm, che fa notare come il valore registrato a marzo sia stato trainato dai prezzi del gas e dei servizi abitativi. “Entrambe le letture, quella generale e quella core, sono risultate superiori rispetto alle attese degli analisti e delineano un quadro piuttosto hawkish, che mette in dubbio l’ipotesi di una prima sforbiciata da parte della FED già a partire dal mese di giugno”, commenta lo specialista.
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