Covered bond, S&P vede le emissioni europee in calo a 140 miliardi nel 2025
Nonostante i tassi in calo, l’agenzia stima maggiore incertezza per l’asset class. Ma l’outlook resta stabile grazie a una serie di fattori
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Mentre in Europa un ulteriore rialzo dei tassi sembra l’ipotesi più realistica per settembre, negli Stati Uniti si fanno più concrete le chance di una pausa della Federal Reserve. Merito di un’economia in rallentamento e di un’inflazione che, per quanto ancora elevata, continua a essere vista in calo dagli analisti. L’ultimo dato a supporto di questa tesi è arrivato dal Personal consumption expenditures price index (Pce), che a luglio ha leggermente allungato il passo.
L’indicatore, considerato quello preferito dalla Fed in quanto misura dei rincari per i consumi personali interni, ha centrato le previsioni crescendo dello 0,2% rispetto al mese precedente e del 3,3% sui dodici mesi. Anche la componente core, quella al netto degli elementi più volatili, ha rispettato le attese e si è ampliata: +0,2% a livello mensile e +4,2% su base annua. Nel frattempo, sempre a luglio, i redditi personali delle famiglie a stelle e strisce sono aumentati dello 0,2% contro lo 0,3% del consensus, mentre le spese per i consumi sono cresciute dello 0,8%.
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In attesa del job report che sarà pubblicato venerdì, un dato importante per i mercati è arrivato anche dal dipartimento del Lavoro Usa. Nella settimana terminata il 19 agosto, il numero delle richieste di sussidi di disoccupazione ha infatti ribaltato le previsioni ed leggermente diminuito anziché aumentare: nel dettaglio, le domande sono calate di 4mila unità a quota 228mila (contro le 235mila stimate) mentre il dato della settimana precedente è stato rivisto all’insù da 230mila a 232mila.
Mercoledì anche i dati sull’occupazione nel settore privato e sulla crescita dell’economia hanno fornito indicazioni sul carovita, in particolare su come contrastarlo. Il Pil americano del secondo trimestre è stato limato dal +2,4% inizialmente previsto a +2,1%. Per questo, gli investitori iniziano a credere che Jerome Powell, nonostante i messaggi da falco mandati da Jackson Hole, il 21 settembre manterrà i tassi d’interesse invariati. E vedono in calo le probabilità di un ritocco di 25 punti base a novembre, ora al 42% secondo il FedWatch Tool di Cme Group.
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Un’altra indicazione in questo senso è arrivata da Raphael Bostic. Il presidente della Fed di Atlanta si è detto chiaramente contrario a ulteriori strette, sottolineando come la politica monetaria sia già sufficientemente restrittiva da riportare l’inflazione al 2% in un periodo di tempo “ragionevole”. “Dovremmo essere cauti e pazienti e lasciare che la stretta continui a trasmettersi all’economia, per non rischiare di inasprire troppo le misure e infliggere inutili sofferenze economiche”, ha avvertito, precisando di non essere comunque favorevole a un allentamento “in tempi brevi”.
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