Nessun effetto sui mercati
Le elezioni di metà mandato avranno un impatto poco significativo sulle Borse. Trump difficilmente uscirà sconfitto. I risultati che ha ottenuto fino a oggi sono innegabili
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“Le elezioni di medio termine saranno l’ostacolo che porta gli Usa lungo il sentiero della recessione?” Questa è la domanda da cui parte l’analisi del Team Emea multi asset di Bmo Global Am alla vigilia del voto.
Gli esperti credono che non ci sarà una recessione e che qualsiasi risultato emergerà non scalfirà più di tanto la crescita americana visto che “il livello di inflazione è ottimale. Le pressioni inflazionistiche stanno aumentando ma a un ritmo contenuto. La riduzione del potere sindacale e la crescente concentrazione societaria stanno limitando le pressioni salariali. Il crescente ruolo degli ‘intangibili’, come il marchio e le tecnologie software, si traducono nella possibilità per le società di aumentare rapidamente l’offerta per rispondere agli aumenti della domanda senza mettere pressione sull’inflazione. Alcune delle società di maggior successo al mondo non utilizzano grandi quantità di capitale convenzionale e spesso non producono nemmeno alcunché di fisico”.
Inoltre “lo spettro della deflazione non è sicuramente scomparso dall’economia mondiale. Anche se l’inflazione sta aumentando nelle economie sviluppate, la pressione negli Usa è sotto controllo. La Fed sta giocando d’anticipo e sembra ben indirizzata per evitare gli errori di politica che potrebbero causare una recessione”.
Gli analisti pensano che un’eventuale vittoria di Trump e il conseguente inasprimento della guerra commerciale, non avrà un effetto negativo sull’economia Usa. Questo perché “l’impatto di una guerra dei dazi sull’economia globale sarebbe limitato, e interesserebbe soprattutto le società cinesi. Tuttavia, le esportazioni di Pechino verso gli Usa rappresentano una quota contenuta e in calo dell’economia di Pechino, e sarebbero almeno in parte deviate su altri mercati, soprattutto se verranno implementati i dazi al 25% in programma per gennaio 2019” .
“Un calo della domanda Usa di prodotti cinesi – concludono gli economisti – dovrebbe in ultima analisi andare a beneficio di altri Paesi più che dei produttori domestici statunitensi”.