Fondi: azioni, oro e commodities resistono al Covid
Nel terzo trimestre pochi allunghi. Tra gli azionari spiccano Corea e Paesi Nordici. Resta forte l’IT europeo. Bene la Cina sull’anno. Le classifiche di Fida
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Se il coronavirus sarà sconfitto, tra i primi a ripartire ci sarà il petrolio. E così, dopo che anche AstraZeneca si è aggiunta all’elenco delle case farmaceutiche pronte a mettere in commercio un vaccino anti-Covid, il barile è tornato a correre toccando numeri che non si vedevano dal marzo scorso e schizzando a un soffio da quota 47 dollari al barile.
A metà mattina i futures sul Brent segnano un rialzo di 36 centesimi (+0,8%), a 46,42 dollari al barile, dopo aver toccato il massimo della seduta a 46,72 dollari, il livello più alto dal 6 marzo, mentre il greggio Usa avanza di 42 centesimi (+0,98%) a quota 43,48 dollari. Si tratta del livello più alto per il Brent da quando la guerra dei prezzi tra Arabia Saudita e Russia ha fatto crollare i prezzi proprio mentre la domanda stava iniziando a scendere a causa della pandemia. Entrambi i benchmark si sono stabilizzati di circa il 2% ieri dopo aver guadagnato circa il 5% la scorsa settimana.
Naturalmente il merito principale va ai progressi farmaceutici, con l’attenzione del mercato petrolifero che si è rapidamente spostata dalle preoccupazioni sull’accelerazione dei contagi e sui rinnovati lockdown in Europa e Stati Uniti alle notizie sui vaccini. “La lotta al coronavirus si sta intensificando e si sta dimostrando sempre più efficace – commenta Tamas Varga del broker Pvm. -. Le stime sulla domanda di petrolio del prossimo anno saranno inevitabilmente riviste al rialzo”.
Non solo vaccino, però. A sostenere ulteriormente il greggio e i mercati finanziari è stata anche la notizia che ieri Donald Trump ha autorizzato a procedere con la transizione all’amministrazione di Joe Biden, mossa che contribuisce non poco a rendere più sereno il quadro, e le speranze nel vertice Opec Plus della prossima settimana. In particolare, infatti, gli investitori confidano in un’estensione da parte dei Paesi produttori dei tagli alla produzione di 3-6 mesi, in attesa che la domanda di oro nero torni alla normalità pre-pandemia. L’alternativa sarebbe quella di ridurre i tagli da 7,7 milioni di barili al giorno a circa 5,5 milioni a partire da gennaio.
Solo che sul fronte Opec Plus, come spesso accade, la strada non sembra essere in discesa. All’inizio di novembre appariva scontato che il cartello avrebbe prorogato i tagli alla produzione di emergenza in scadenza alla fine dell’anno, ma il greggio Usa è salito del 20% questo mese e la decisione di bilanciare il mercato potrebbe trovare la contrarietà degli Emirati Arabi Uniti, che invece vorrebbero aumentare la produzione per garantirsi maggiori entrate, e non solo la loro.
“È mia osservazione che l’Opec Plus sia un po’ riluttante a impegnarsi per un’estensione del programma di tagli – afferma Bob Yawger di Mizuho -. I sauditi sembravano incerti nei commenti la scorsa settimana. Il presidente russo Putin non si è impegnato. E si dice che gli Emirati Arabi Uniti stiano pianificando di lasciare l’Opec”.
Nel frattempo, gli economisti si aspettano che le scorte statunitensi siano diminuite la scorsa settimana e che in particolarequelle di distillati siano calate per la decima settimana consecutiva, come segnala un sondaggio preliminare di Reuters fatto prima dei rapporti dell’American Petroleum Institute (API) e dell’Energy Information Administration (EIA).
Se il petrolio corre, frena invece il super-oro che accelera in ribasso dell’1,6% e scivola sui nuovi minimi da luglio, a 1.807 dollari l’oncia. Le aspettative di un’espansione economica globale sincrona il prossimo anno stanno infatti sostenendo le materie prime industriali e danneggiando il bene rifugio per eccellenza e gli altri metalli preziosi come l’argento. Oltre alle notizie sui vaccini e sulla Casa Bianca, pesa sul metallo giallo anche il fatto che molti analisti non si aspettano più un’impennata dell’inflazione, fattore che ne limita la domanda.
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