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In un webinar Deloitte illustra un metodo a due step basato su approccio quantitativo e intelligenza artificiale per ottenere valori oggettivi per un portafoglio illiquido
In un mondo a tassi bassissimi e crescita esangue, molte categorie di asset illiquidi stanno conquistando un posto sempre più importante nelle strategie di grandi e piccoli investitori. E accanto agli asset illiquidi veri e propri si schiera quell’ampia categoria di asset che, in condizioni difficili, diventano illiquidi a causa della rarefazione del mercato. Come valutare questi asset? Quali sono le difficoltà strutturali di compiere una valutazione e prezzare tali asset?
Del tema si è parlato nel corso di un webinar organizzato da Deloitte. A partire dal perché sia difficile valutare determinati asset, che si lega alle dinamiche evolutive del mondo delle imprese. Nella vita delle imprese assistiamo infatti a “una crescente interazione di risorse caratterizzate sempre più da elementi intangibili – marchi, design, innovazione tecnologica, fino ad arrivare a concezioni della stessa impresa come realtà non tangibile”, spiega Alessandro Dri, professore di finanza d’impresa e diritto finanziario. Ma resta la difficoltà di “interpretare le imprese e i prodotti delle imprese, sempre più prossimi a servizi (basta pensare alle telco, a Google, eccetera)”, osserva Dri.
“I beni illiquidi hanno caratteristiche che ne rendono particolarmente difficile il processo valutativo”, osserva Marco Vulpiani, spiegando che innanzitutto sono trattati in modo privato e non pubblico, e questo crea un’asimmetria informativa tra shareholder e tutti i potenziali stakeholder. Questi beni sono soggetti a poche transazioni, distribuite anche in momenti differenti e sappiamo che il contesto di mercato in un determinato momento è importante ai fini del valore della transazione”. Non aiutano nemmeno la limitata trasparenza e la limitata regolamentazione. Altri elementi che influiscono sulla difficoltà di valutazione sono l’unicità del bene – perché mancano raffronti – e un grado basso di oggettività dell’informazione a disposizione (pensiamo alle difficoltà di valutazione di un’opera d’arte).
Per questo quando le società private sono più difficili da valutare delle quotate, per le quali è disponibile ogni giorno un certo valore degli scambi, e se si vanno a vedere specifici asset illiquidi dell’azienda il quadro si complica ulteriormente. “Ma è sempre più importante poter valutare anche questi asset illiquidi”, continua Vulpiani, ricordando che per esempio ultimamente le banche hanno iniziato a esporre in bilancio il valore delle opere d’arte che possiedono.
Vulpiani ha poi ricordato i vari metodi di valutazione dei diversi asset, che hanno ciascuno una sua razionalità: quando c’è un mercato attivo si usano metodi di mercato, sulle comodità per esempio metodi che fanno riferimento ai prezzi delle quotazioni; sulle società quotate si passa a modelli che non solo guardano il prezzo ma si focalizzano anche sulla capacità di generare flussi di cassa (essenziale per prevedere il ritorno finanziario dell’investimento). Anche sulle aziende private si adotta un approccio simile basato sui flussi di cassa o anche approcci di mercato che cercano di comparare la società con aziende simili.
“Con gli asset liquidi abbiamo a che fare, insomma, con due grandi riferimenti: le informazioni che possiamo dedurre dal mercato e le informazioni sulla capacità reddituale e finanziaria. Laddove invece si va sugli asset illiquidi occorre fare dei ragionamenti in più, anche se possono essere comunque adottati anche dei metodi di mercato. Per esempio sulle opere d’arte si fa riferimento ai prezzi battuti alle aste precedenti”, aggiunge. In alcuni casi, spiega ancora Vulpiani, si fanno dei sondaggi, in cui si cerca di capire intervistando un campione di soggetti su quanto sarebbero disposti a pagare per quel bene.
Deloitte assieme all’azienda partner Aequo ha elaborato dei modelli di valutazione in cui vengono introdotte le potenzialità dell’intelligenza artificiale: “noi siamo partiti dalla costruzione di un database molto ricco che raccoglie tutte le informazioni su quel bene, applichiamo un modello multivariato ai fini dell’analisi dei driver di valore e poi utilizziamo l’intelligenza artificiale per convalidare quanto già elaborato e arrivare a una valutazione molto solida. In pratica è un approccio a due step”, che sfrutta i punti di forza di entrambi i modelli e ne elimina eventuali limiti in chiave di complementarietà.
Andrea Calesso, co-fondatore di Aequo ha poi illustrato in maggior dettaglio questo metodo valutativo basato sulle reti neurali. “Il primo problema nella valutazione degli asset illiquidi è l’assenza di un mercato di riferimento che fa fallire tutti gli approcci quantitativi classici. Quindi servono dei nuovi parametri valutativi per questa tipologia di asset”. Spesso, spiega Calesso, l’applicazione dei parametri è instabile perché i parametri prendono considerazione una situazione come se fosse una fotografia, quando invece l’andamento di un prezzo è un film, quindi è meglio trovare un modello non parametrico. “Per costruire il mercato di riferimento – argomenta Calesso – abbiamo cercato di trovare le relazioni tra i beni, elaborando un sistema per trasformare queste relazioni qualitative in matrici di inferenza, riuscendo così a definire le regole di questa ‘economia intercorrelata’ tra i beni. A quel punto abbiamo integrato un approccio della portfolio theory”.
All’inizio tramite il metodo cosiddetto “edonico” si riescono a definire i driver del pezzo, in seguito si inserisce l’intelligenza artificiale. Come funziona? Calesso fa l’esempio delle opere d’arte. “Abbiamo una rete neurale, in cui ogni neurone è una sorta di critico d’arte che impara su milioni di opere – dandogli varie feature, come autore, dimensione, eccetera – impara la valutazione di un determinato prodotto. Ma questo funziona anche per altri ambiti, il mercato immobiliare, i libri pregiati, qualsiasi tipo di asset illiquido”. A quel punto si può costruire un indice di riferimento in base a un metodo della portfolio theory che non risente del problema dell’instabilità dei parametri.
Quali applicazioni? “Abbiamo identificato tre fondamentali operazioni”, dice Calesso, precisando che tuttavia ce ne sarebbero molti altri. La prima è la possibilità di iscrizione dell’asset a bilancio, con notevoli vantaggi, che può comportare un’agevolazione nell’accesso al credito o migliorare i propri ratio patrimoniali. La seconda è l’assicurazione dei portafogli di asset illiquidi, perché il fair value è l’elemento più importante nei modelli di rischio delle compagnie assicurative, quindi rivalutando il fair value del portafoglio ogni anno possiamo rivalutare le condizioni assicurative sui beni. La terza è la valutazione del patrimonio immobiliare, perché gli immobili, soprattutto quelli di pregio, possono avere caratteristiche uniche sui quali possono non esserci riferimenti di pricing ben precisi. Con il nostro approccio, che coglie tutte le relazioni dell’immobile, è possibile avere un valore puntuale e una proiezione del valore futuro”, aggiunge Calesso.
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