Il crollo dei mercati Usa, europeo e cinese a maggio è stato generato da fattori contingenti. L’azionario ha ancora valore intrinseco inespresso e nel lungo termine può dare soddisfazione agli azionisti. Specialmente nel Vecchio Continente
Volker Schmidt, senior portfolio manager di Ethenea Independent Investors S.A.
L’orso di maggio, da entrambi i lati dell’Atlantico, è stato seguito da una ripresa in giugno. Che invita gli investitori a non stare troppo a lungo fuori dai mercati azionari, ma a monitorarli con attenzione per sfruttare le occasioni di guadagno che dovessero presentarsi in un mercato generalmente molto volatile.
“L’adagio Sell in May si è confermato valido e a inizio mese l’indice S&P 500 ha ceduto il 4,5% circa – dice Volker Schmidt, senior portfolio manager di Ethenea Independent Investors S.A. – Bisogna tuttavia usare cautela nel seguire il suggerimento Stay away (stai alla larga, ndr), poiché l’indice americano ha intanto recuperato il 2% sapendo che la situazione degli utili delle aziende e le condizioni di finanziamento restano favorevoli. Non è dunque opportuno abbandonare i mercati azionari nei prossimi mesi. Si presenteranno situazioni interessanti”.
La perdita accumulata dal mercato Usa è stata generata dal protrarsi oltre le attese della guerra commerciale, che ha impattato anche sui listini cinesi (in perdita del 7% nel mese di maggio). “Dal commercio mondiale sono tuttavia giunte anche notizie positive. Gli Stati Uniti hanno ancora ridotto i dazi sull’acciaio turco, messicano e canadese – sottolinea Schmidt – Il possibile aumento delle tariffe doganali sulle importazioni statunitensi di automobili europee e giapponesi è stato per ora accantonato, il che potrebbe essere accolto in un primo tempo con sollievo, anche se non si tratta di un cessato allarme. In questi tempi incerti caratterizzati da scarsa prevedibilità non sorprende che, stando ai calcoli dell’Ocse, nel primo trimestre 2019 la crescita del commercio mondiale sia stata solo di poco superiore allo zero”.
Sull’altra sponda dell’Atlantico non si è registrato alcun progresso. Theresa May ha annunciato le sue dimissioni con effetto dall’inizio di giugno e comincia ora la ricerca di un successore. Chiunque assumerà l’incarico dovrà fare i conti con le medesime difficoltà incontrate dalla premier uscente. “La crescita comunque solida dell’economia britannica all’inizio di quest’anno è da ascriversi più che altro al maggiore accumulo di scorte volte a tutelare dalle diverse possibili varianti della Brexit. Non è questo l’aspetto di un sano sviluppo economico”, dice Schmidt.
Al di là di Brexit, l’Europa potrebbe trarre beneficio da una stabilizzazione delle prospettive economiche, dall’orientamento accomodante della Banca centrale europea e dal dissolversi di rischi politici. “Il convergere della crescita degli utili rispetto al resto del mondo e valutazioni adeguate rendono l’Europa più interessante sul fronte degli investimenti di quanto suggerirebbe l’attuale posizionamento degli investitori – dice Kasper Elmgreen, head of equities di Amundi Am – In una visione di medio-lungo periodo le azioni europee rimangono interessanti anche per gli investitori in euro alla ricerca di rendimento e per quelli con un focus sui temi Esg”.
Le ragioni per investire sull’equity europeo sono diverse: “Nonostante un possibile trend al rialzo nel medio termine per l’euro, non vediamo un suo apprezzamento nel breve periodo in quanto persistono incertezza e atteggiamento estremamente accomodante della Bce – spiega Elmgreen – Inoltre, con le revisioni degli utili che stanno toccando i minimi e la crescita attesa degli utili in linea con il resto dei mercati sviluppati non c’è ragione di essere corti sulle azioni europee rispetto al mercato globale. Le valutazioni sono in linea con la media storica, ma attraenti se paragonate agli Stati Uniti. Il confronto fra il rendimento elevato da dividendi rispetto al rendimento obbligazionario costituisce un ulteriore elemento a supporto di un crescente interesse per l’investimento azionario di lungo periodo in Europa”.
Tra il nervosismo dei mercati, le incognite geopolitiche, gli effetti della MiFID e la disintermediazione tecnologica, gli imponderabili del 2019 sono molti. Passiamo in rassegna le minacce di disruption e le opportunità di resilienza per l’industria degli investimenti.
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