La fotografia di P101: dal 2013 il bilancio segna una crescita del 644%, oltre la media Ue. Sale anche l’incidenza dei round growth. Ma resta il gap di maturità con gli altri grandi Paesi
Oltre 8 miliardi di euro complessivi, con investimenti passati dai 152,1 milioni del 2013 agli 1,1 miliardi del 2023. Il tutto a disegnare una traiettoria di crescita media del 644%, ben oltre quella europea (+492,5%) anche se con una parentesi di calo proprio negli ultimi 12 mesi. È il bilancio del venture capital italiano tracciato da P101, che restituisce l’immagine di un settore in salute non solo in termini di volumi d’affari ma anche per i risultati conseguiti nella promozione di imprese innovative e l’impatto prodotto sull’economia del Paese. A confermare la valutazione è il rialzo del numero di deal da 294 a 387, con un aumento del 31% (80% in Europa) che mostra un trend di crescita “significativo” anche per le dimensioni medie dei round.
A dispetto di numeri particolarmente positivi sul lungo periodo, il 2023 non è stato un anno da incorniciare: gli investimenti si sono infatti ridotti del 55% e le operazioni del 30%. Tuttavia, sottolineano gli analisti, i dati sono in linea con il trend negativo riscontrato nel resto del Vecchio Continente: la Francia ha infatti segnato rispettivamente -43% e -21%, mentre la Spagna si è contraddistinta per -37% e -19% e la Germania sui round ha eguagliato la Penisola. Dodici mesi da dimenticare, complici le tante incertezze macroeconomiche che hanno caratterizzato il quadro macro.
Diminuisce il gap con gli altri Paesi Ue
Il report evidenzia come il settore del venture capital abbia contribuito significativamente alla creazione di oltre 13mila startup.Nuove realtà che, insieme a circa duemila pmi innovative (nate dopo il 2010), hanno generato nel 2023 un valore della produzione superiore a 9,3 miliardi di euro e dato impiego a circa 62mila persone. Non solo. Il valore totale dell’ecosistema, pari a circa 67 miliardi (enterprise value), è aumentato di 25 volte in dieci anni e ha fatto due volte meglio della media europea. E nel 2023 la tendenza si è riconfermata con un incremento del 27% contro il 7% registrato del continente. Crescita che, per gli esperti di P101, riflette la scalabilità dei modelli di business e l’emergere di realtà dall’ulteriore potenziale sviluppo soprattutto nel settore tecnologico.
Rispetto al resto del Continente, però, il gap temporale di sviluppo resta significativamente ampio. Il valore delle startup italiane nel 2023 è infatti equivalente a quello rilevato a Madrid nel 2020, a Parigi nel 2016 e a Berlino nel 2015. Tuttavia, l’incremento nel numero di quelle sostenute dal venture capital, passate da 726 a 2.983 in dieci anni (+271%), mostra il cambio di passo messo in atto nel mercato tricolore. Lo scorso anno, la valutazione media di queste realtà ha inoltre superato i 22 milioni di euro, dopo aver registrato il più alto tasso di crescita annuale composto (+19%) del decennio. E se è vero che Paesi come Germania e Francia presentano ancora controvalori medi quasi doppi, i dati evidenziano un processo di maturazione in atto.
L’analisi sottolinea poi che, negli ultimi cinque anni, i fondi di venture capital in Europa hanno raccolto circa 109 miliardi di euro. Di questi, 3,6 miliardi sono dell’Italia: si tratta di una cifra che non solo testimonia una crescita significativa (+88% rispetto ai dodici mesi precedenti) ma si attesta anche in netta controtendenza rispetto al -32% imputabile alla media dei 27 nel 2023. Senza contare che, sempre lo scorso anno, si è registrato anche un aumento del 71% nella dimensione media dei fondi tricolore. Ecco perchè, anche se l’ecosistema nazionale resta in ritardo rispetto a quelli più maturi, gli esperti parlano di un mercato italiano che si sta approfondendo e diversificando. E suggeriscono una sempre maggiore fiducia degli investitori, oltra a una gamma più ampia di opportunità d’investimento.
Per Andrea Di Camillo, founder e managing partner di P101, i dati certificano che la fase di costruzione delle fondamenta dell’ecosistema nazionale del venture capital è conclusa e che siamo al momento di guardare avanti. Occorre infatti porsi l’obiettivo di recuperare il gap che ancora ci separa da alcuni Paesi europei ed entrare in una nuova fase di maturità, in cui però cambieranno le regole del gioco. “Aumenteranno opportunità e competizione, con player internazionali che guardano con crescente interesse al nostro Paese. E driver come l’intelligenza artificiale muteranno i trend d’investimento, sempre più focalizzati sui servizi per le imprese. Aumenteranno anche le dimensioni dei fondi, degli investimenti e delle startup”, avverte Di Camillo. Che poi conclude: “Le aziende che hanno avuto successo nello scorso decennio mostrano oggi la scalabilità del loro business e sono pronte a fare un salto dimensionale che sempre più spesso le porterà oltre confine”.
Evoluzione dei round
Nel dettaglio dei round, il report segnala che in dieci anni sono stati investiti 3,7 miliardi di euro attraverso l’early stage, il cui valore è quintuplicato dai 102,4 milioni del 2013 ai 515,5 milioni del 2023. Nonostante il calo dello scorso anno (-28%), queste tranche restanola spina dorsale del venture capital italiano (94% nel 2023 contro l’88% in Europa). Anche se va sottolineato come la loro incidenza sul totale delle operazioni sia in flessione (erano il 97% nel 2019) e si stima possa progressivamente regredire verso la media europea (88%).
Cresce invece l’incidenza dei growth stage,per mezzo dei quali sono stati investiti circa 2,2 miliardi in dieci anni. Nonostante la riduzione dell’ammontare impiegato dello scorso anno (-26%), la categoria ha mostrato il maggiore tasso di crescita del decennio (+720%): da circa 50 milioni di euro nel 2013 a oltre 412 milioni nel 2023. Si tratta di operazioni ancora marginali in Italia (5,6% del totale) ma il loro sviluppo dimensionale e il costante consolidamento del settore potrebbe progressivamente portare la loro incidenza verso la media europea (10,4%). Rari restano invece i late stage: il loro valore annuo è passato da 0 a 205 milioni a fronte di solo 12 operazioni realizzate. Queste si sono concentrate negli ultimi cinque anni, per complessivi 2 miliardi (ammontare che include il picco di 1,2 miliardi del 2022).
Il 2023 si è caratterizzato per una ricalibrazione degli investimenti da settori che hanno registrato una crescita esplosiva durante la pandemia, come fintech (127,5 milioni di euro nel 20223 vs 732,8 milioni nel 2022) e sanità (122,8 milioni vs 324,3 milioni), a tecnologie emergenti e sostenibili come spazio (134 milioni) ed energia (147 milioni). Il software per le imprese, da sempre al centro dell’attenzione degli investitori, sale al primo posto della classifica italiana (217,7 milioni). Gli investimenti in startup legate ai “Sustainable Development Goals”, pari a 120 milioni lo scorso anno, sono cresciuti di 1,6 volte rispetto dal 2019 ma restano lontani dal picco del 2022 (250 milioni). Negli ultimi dodici mesi sono poi aumentati notevolmente gli investimenti in startup B2B,che hanno rappresentato l’82% del totale (erano il 54% nel 2021). La concentrazione degli investimenti resta elevata: i primi cinque settori rappresentano oltre il 50% del finanziato totale, i primi dieci oltre l’80%.
Exit in aumento
Con l’evolversi dell’ecosistema, anche le exit sono aumentate. In particolare, sono cresciute esponenzialmente quelle realizzate attraverso M&A, sia per numero di acquisizioni (su di 16 volte nel decennio con un picco storico di 234 nel 2023: +47%), sia per numero di buyouts (cresciuto 10 volte). Le Ipo italiane mostrano invece un’attività modesta e fluttuante, contrariamente ad un più dinamico panorama europeo. Il mercato delle quotazioni per le imprese investite dal venture capital in Italia è ancora più statico: nel 2023 sono stati solo tre i debutti di aziende supportate da venture capital con focus digitale.
Investitori italiani protagonisti
Infine gli investitori. Gli italiani continuano a rappresentare la larga maggioranza del venture capital domestico (69% nel 2023). Dal 2020 in poi si è registrata una crescente presenza di europei e nordamericani, passati rispettivamente dal 10% e 5% nel 2020 al 19% e 8% nel 2023. Gli asiatici e gli altri investitori stranieri hanno invece avuto un coinvolgimento minimo e fluttuante. I dati confermano una correlazione tra la dimensione dei round e la presenza di investitori stranieri, in parte dovuta alle dimensioni medie ridotte dei fondi di venture capital italiani e al numero limitato di fondi nazionali concentrati sulla fase di late stage.
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